18 - E tu non hai mai dei dubbi?

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Harry

Silenzio.

Silenzio in questa casa, in ogni angolo di ogni stanza, ovunque, tranne che nella mia testa, dove invece regna il caos assoluto.

Mi appoggio con le mani al tavolo della cucina sul quale ho posato qua e là, alcune delle cose che ho comprato oggi pomeriggio al supermercato quando l'ho incontrata.

Ho tentato di lasciare del tempo ad entrambi dopo averla baciata, ho provato a capirci qualcosa da solo, ma ad un certo punto non ce l'ho più fatta e, l'impazienza di chiarirmi con lei, mi ha fatto correre fino al suo appartamento anche se, ero quasi certo, che non avrei concluso niente.

Chloe continua a scappare da me, da tutto, e io non so come comportarmi in questa situazione.

Il mio telefono continua a suonare, ma non è lei a chiamarmi. Il nome Mason lampeggia sullo schermo. Credo sia la quarta o la quinta volta che mi chiama nel giro di mezz'ora, forse dovrei rispondere stavolta.

«Pronto», rispondo, per poi andare in salotto e togliermi le scarpe buttandole da qualche parte.

«Cazzo! Ti ho chiamato un sacco di volte!» La sua voce alterata mi fa allontanare il cellulare dall'orecchio.

«Sì, lo so. Ho guardato il mio telefono suonare». Mi lascio andare all'indietro sul divano, poi mi sdraio fissando un punto indefinito del soffitto.

«Che stronzo! Ti ho chiamato anche con il numero sconosciuto...» Qui lo interrompo subito.

«Ma se non rispondo nemmeno a quelli che conosco!» Porto il braccio libero dietro la testa cercando di accomodarmi meglio per godermi al massimo la sua ramanzina.

«Vaffanculo Stevens, dovrei riservarti il trattamento del silenzio». Non è davvero arrabbiato, lo capisco dal suo tono di voce.

«Sarebbe meraviglioso da parte tua... quando cominci?» Come sarebbe meraviglioso se davvero questo trattamento del silenzio esistesse o in qualche modo funzionasse davvero, perché da quando la mia testa ha ripreso a formulare pensieri sensati, l'ha fatto a pieno ritmo. C'è troppo traffico nel mio cervello, troppo rumore, e fatico a mettere in ordine tutte queste considerazioni.

«Che succede Harry?» La sua domanda è decisamente scomoda in questo momento, in cui ho ancora troppe informazioni da elaborare per sapere cosa rispondere al mio amico all'altro capo del telefono.

«Non ti sento bene Zach...» Mi metto seduto, poggiando la schiena all'indietro.

«Harry non fare il coglione, mi senti benissimo!» Ha ragione, ma non voglio parlare con lui adesso, né con nessun altro. «Senti... stasera usciamo, ti passo a prendere?» Pessima, pessima idea.

Non voglio vedere nessuno, parlare con nessuno, sapere niente di nessuno che non sia qualcosa che possa chiarirmi le idee, e di certo, per quanto gli voglia bene, i miei amici non mi sarebbero affatto d'aiuto.

«Zach, la voce va e viene... non ti sento... non sento niente...» Il mio amico continua ad insultarmi, ma questo non mi fa desistere dalla mia piccola sceneggiata. «Zach?... Zach?» Lui continua ad alzare la voce, urlando cose senza senso e, alla fine, chiudo la comunicazione, lanciando in un punto imprecisato del divano, il telefono, fermandomi per un attimo a guardarlo quando riprende a suonare.

Il nome Mason, lampeggia un'altra volta sul display, prendo un cuscino e glielo metto sopra, poi ancora un altro e un altro, fino a sotterrarlo sotto un cumulo di piume e plaid. Non voglio vedere quell'aggeggio fino a quando il mio neurone solitario non si sarà messo in funzione permettendomi di capirci qualcosa.

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