51 - Potrebbe essere un tempo molto lungo

524 16 8
                                    

La porta scura d'ingresso è davanti a me, mi basterebbe alzare il braccio, chiudere il pugno, e dare qualche colpo per poter bussare o, molto più semplicemente, potrei prendere le chiavi di casa dalla mia borsa, infilarle nella serratura, aprire, e ritrovarmi all'interno dell'abitazione dei miei genitori, invece sono qui ferma, con gli occhi piantati sul numero 458 affisso accanto allo stipite, in attesa di non so bene cosa.

«Qui a Montréal si usa fissare la porta per così tanto tempo prima di poter entrare in casa?» Rido per la domanda di Harry, che sembra molto più tranquillo di quanto non lo sia io.

Sto per presentare un ragazzo ai miei genitori e mi sembra di non essere in grado di affrontarli, ma d'altra parte mi sembra di non essere in grado di affrontare niente in questi giorni.

«Non mi sei d'aiuto così, Stevens», gli dico, restando con lo sguardo fisso.

«Esattamente, per cosa dovrei esserti d'aiuto? Mi sembra che tu riesca benissimo a fissarla da sola la porta, o forse questa si apre con la forza del pensiero?» Continua a prendermi in giro, ma, proprio quando sto per rispondergli, la porta si spalanca e resto ancora più immobile di poco fa.

«Chloe? Che ci fai qui?» Mio padre mi osserva stranito per avermi trovata impalata, di fronte all'ingresso, poi rivolge lo sguardo al ragazzo in piedi al mio fianco, aggrotta le sopracciglia, e la sua espressione diventa ancora più confusa. «E tu chi sei?», gli domanda, mentre sistema meglio lo scatolone che sta stringendo tra le braccia.

«Signor Stewart è un piacere conoscerla...», allunga la mano verso mio padre, che tenta in qualche modo di incastrare la scatola sul fianco e afferra la mano del ragazzo in piedi accanto a me, «il mio nome è Harry Stevens», dice, con orgoglio e con un gran sorriso, che mette bene in evidenza le sue fossette. Crede di affascinare mio padre con le sue fossette? Probabilmente sì.

«Ciao, Harry, sei un amico di Chloe?», gli domand,a tenendo ben salda la sua mano.

Mi volto a guardarlo, dopo qualche secondo di silenzio, e mi accorgo che quel sorriso è ancora lì sul suo viso, ma è come se si fosse bloccato, sembra addirittura che sia sbiancato.

«Papà... in realtà Harry è...», intervengo io per toglierlo dall'imbarazzo nel quale sembra essere improvvisamente sprofondato.

«Oh aspetta», dice ancora mio padre, «ho capito...» Papà tiene ancora la mano di Harry e sulle sue labbra spunta un enorme sorriso, ma non di quelli divertiti, sembra più una sorta di... minaccia? Credo che mia madre abbia parlato con lui e gli abbia raccontato qualcosa. «Ciao ragazzo di Chloe e benvenuto. Vi andrebbe di darmi una mano con queste?» Chiede ad entrambi mostrandoci la scatola di decorazioni che ha ancora appoggiata al fianco. «Tua madre mi ha chiesto di addobbare l'albero qui fuori», si rivolge poi direttamente a me, ma ha ancora la mano di Harry nella sua e sembra non volerla lasciare andare.

In tutto questo Harry non ha più proferito parola, come se ne avesse perso l'uso. È rimasto fermo, con quel sorriso che adesso sembra più una smorfia, e sembra riprendersi solo quando mio padre gli lascia la mano e ci supera, allontanandosi di qualche passo.

Vorrei alleviare il suo disagio, lo vorrei davvero fare, ma ho bisogno del nostro rapporto speciale - come credo ne abbia bisogno anche lui - quello fatto di battute e prese in giro, quindi non posso proprio evitare di dirglielo, proprio come ha fatto lui con me poco fa. «Chi sei tu? E che ne hai fatto dell'irriverente Stevens?»

«Tuo padre è grosso quanto un armadio, la mia mano è ancora sotto shock! Credo che l'irriverente Stevens se ne starà buono a cuccia per un po'...» Rido, lui no, ma io non posso fermarmi quando lo vedo minacciarmi con lo sguardo.

The beginningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora