1 - Dimentichi niente?

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«Chloe, hai preso il cappotto rosso?» La guardo mentre prende dall'armadio quello con la pelliccia all'interno e lo posa sul letto, proprio accanto alla valigia che ho iniziato a preparare solo stamattina.

«Mamma, ti ho già detto che a Boston fa meno freddo che qui a Montréal.» Mia madre non fa altro che farmi eccessive raccomandazioni. È sempre stata troppo apprensiva anche se, a dire la verità, nell'ultimo periodo le ho dato motivo per esserlo.

«Ti ricordo che l'inverno scorso la temperatura a Boston è scesa sotto lo zero.» Prende il maglione color senape a collo alto e cerca di infilarlo nella valigia.

«Magari perché era inverno?» Come se a Montréal facesse più caldo. Mi rendo conto di essere indisponente e mamma mi guarda con aria sbigottita.

«Quando prenderai le cose più seriamente, Chloe?» mi osserva portandosi le mani sui fianchi. Si gira e si dirige verso il cassettone dove recupera i calzettoni di lana. A quel punto non posso più restare a guardare; devo fermarla in qualche modo. Mi avvicino, poso le mani sul cassetto che stava per aprire e la blocco.

«Mamma, ho ventidue anni. Sono in grado di preparami la valigia da sola.» So che non dovrei alzare la voce, so che si sta solo preoccupando per me, ma quando è troppo, è troppo.

«È permesso?» Ci giriamo entrambe verso la voce che ha richiamato la nostra attenzione.

«Papà, dì qualcosa tu alla mamma.» Mio padre è all'ingresso della mia camera e ci osserva con aria divertita mentre guarda le nostre espressioni e il disordine che regna nella stanza.

Ci sono vestiti ammassati sopra le coperte, i cassetti aperti, quattro paia di scarpe che spuntano da sotto al letto, i libri che ho scelto di portare con me ancora sparsi sulla scrivania, il borsone aperto sulla moquette – dal quale s'intravede il computer – e, per completare il quadro generale, vedo una sciarpa che penzola dal lampadario appeso al soffitto, e non ho idea di come ci sia finita.

«Abigail perché non vieni a darmi una mano di sotto? Stavo provando a fare il caffè e ho combinato un disastro.» Sorride nel pronunciare questa frase, mentre mia madre sembra voglia fulminarlo sul posto.

«Robert, tu e tua figlia vi siete messi d'accordo per farmi impazzire oggi?» Lo guarda dritto negli occhi. Si gira verso di me, sembra voglia dire qualcosa, ma alla fine si arrende e lascia la stanza con un gran sospiro.

«Tua madre si preoccupa per te.» Il sorriso dolce di mio padre mi fa quasi sentire in colpa per aver trattato in modo brusco la mamma. Non l'ho fatto di proposito, ma non riesco a tenere sotto controllo i nervi.

«Hai ragione. In questo periodo sono proprio intrattabile e a volte non riesco a mettere un freno a tutto quanto.» Mi lascio andare sul letto e mio padre si avvicina, sedendosi al mio fianco.

Il trasferimento in un'altra città non è facile come l'avevo immaginato. Credevo che riempire una valigia e voltare le spalle alla vita che ho condotto fino a oggi sarebbe stato più semplice. Pensavo che questa fosse solo una città, quando in realtà è la mia città, dove vive la mia famiglia, dove ho conosciuto persone per me importantissime, in cui c'è un luogo che mi mancherà non rivedere. Non ho intenzione di tornare tanto presto, ora come ora fa troppo male stare qui, eppure fa male anche andarsene.

«Ti vuole bene, e te ne voglio anch'io.» Resta per un attimo a guardarmi. Sembra che abbia gli occhi lucidi. «Ci mancherai Chloe. Da quando tua sorella Rebekah se n'è andata, per seguire la sua strada, tua madre e io ci siamo concentrati su di te e abbiamo affrontato meglio il distacco con lei. Adesso invece questa casa sarà più silenziosa.» La malinconia nella sua voce sta rendendo più difficile del previsto la mia partenza.

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