62 - Andrai a Montréal?

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Fino a qualche tempo fa non lo credevo possibile, eppure, adesso, parlare di Dylan è facile.

È facile perché riesco a visualizzare nella mia mente i momenti felici, è facile perché posso condividerlo con qualcuno, è facile perché sono riuscita a trasformare il dolore che non mi abbandonava mai.

Quel dolore era lì presente ogni mattina, sembrava che il mio corpo e la mia mente non potessero più farne a meno, quasi come se ne fossi diventata dipendente. Ero convinta che fosse giusto provarlo, che fosse giusto continuare a far vivere in me quel male che mi avvelenava giorno dopo giorno, ma poi, senza quasi rendermene conto, qualcosa è cambiato. Il cuore è stato più forte di tutto, anche di quel dolore. Harry è stato capace di distruggere tutti i muri che avevo eretto intorno a me, e l'amore che provo per lui è stato in grado di abbattere tutte le barriere della mia mente, una dopo l'altra.

Harry non ha cancellato niente come io temevo potesse fare: i miei sensi di colpa sono ancora lì, il mio dolore anche, ma ora sono capace di vedere tutto sotto un'altra prospettiva. Sono riuscita ad elaborare la perdita, l'ho affrontata insieme a lui, e ne sono uscita arricchita, perché ora so che posso continuare ad amarlo in un angolo del mio cuore, ma questo non mi priva di poter amare ancora, e amare con grande intensità.

Harry è stato capace di correggere la traiettoria del cammino che avevo intrapreso dopo la morte di Dylan, ed è stato l'unico a riuscirci. Non so quanto tempo ci avrei messo se avessi impiegato unicamente le mie forze, a dire la verità non so nemmeno se ci sarei mai riuscita, ma non importa adesso, perché io ho Harry.

Dylan, il suo amico, sta ancora guardando le foto sul mio cellulare, pare che non riesca a smettere. Per far sì che si rendesse conto della reale somiglianza tra lui e suo fratello, ho pensato che sarebbe stato meglio mostrarglielo direttamente. Forse è un po' aggressivo come metodo, ma niente come un'immagine potrebbe fargli comprendere quanto tutto questo sia reale.

«Adesso capisco la tua reazione quella notte in aeroporto.» Dylan alza lo sguardo su di me mentre tiene ancora il mio cellulare in mano per scorrere le foto di suo fratello.

«Non immagini nemmeno cosa volesse dire per me guardare il tuo viso e vedere il suo...» Ricordo ancora perfettamente quella notte, quando lo incontrai per la prima volta, ed ora posso raccontargli cosa ho provato quando l'ho guardato, quando gli ho parlato e quando gli ho stretto la mano.

Ero scappata da Montreal con l'idea che, lontana da quella città, avrei potuto tenere a bada i ricordi e il dolore, avrei potuto ricominciare da zero, ma la prima persona che incontrai quella sera fu Dylan Evans. Mi resi conto che non avrei potuto fuggire in alcun modo dalla mia mente, che nonostante le miglia di distanza, lui, in qualche modo, era comunque presente nella mia vita e che non avrei mai e poi mai potuto accantonarlo. Poi, solo poche ore dopo, l'ho rivisto a quella serata di beneficienza ed è stato quello il momento in cui ho capito che non avrei mai potuto sottrarmi dall'affrontare la perdita.

Solo che non ero in grado di farlo da sola, ed ogni volta che ho avuto bisogno di un sostegno per superare le prove a cui ero sottoposta, c'era Harry.

C'è sempre stato.

«È per questo che mi hai sempre evitato?» mi domanda con un pizzico di imbarazzo nella voce.

«Già... e anche perché gli somigli non solo fisicamente. Hai il suo stesso sorriso e i suoi stessi modi di fare. Sei gentile... Mi ricordo la prima volta che mi hai offerto quel caffè alle macchinette... te lo ricordi?» gli domando quando gli vedo spuntare un piccolo sorriso sulle labbra.

«Me lo ricordo... tu eri così a disagio... Credevo di aver fatto qualcosa di sbagliato o di aver detto qualcosa che ti avesse offesa in qualche modo, perché sembrava che non vedessi l'ora di andartene.»

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