43 - Ho bisogno di parlare con te

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Spengo il bollitore del tè, ne verso un po' in una tazza, poi metto in infusione la bustina e torno in camera mia, con l'unica cosa che sono riuscita a buttare giù in questi due giorni, per poi nascondermi sotto le coperte.

Non ho fatto altro, da quando sono tornata da Madrid, se non bere tè e passare il tempo a letto.

Mia sorella dovrebbe tornare oggi da Montréal. Ci siamo sentite, ho sentito anche i miei amici, i miei genitori, e mi sono sorpresa di me stessa e della mia capacità di mentire quando ho detto loro di stare bene, quando in realtà sono un cumulo di macerie.

Harry non mi ha più rivolto la parola da quando mi ha detto che tornavamo a Boston. È come se mi avesse cancellata dalla sua vita. Mi ha ignorata per tutte le ore di volo e, una volta atterrati, ha pagato un taxi per portarmi a casa. Lui se n'è andato, non so dove, ma non con me. Non mi ha dato modo di parlare, non ha voluto sentire ragioni, si è semplicemente chiuso in sé stesso tagliandomi fuori.

Dovrei avercela con lui per il suo comportamento, invece, non è così perché riesco a capire come si sia sentito, perché conosco bene la sensazione del perdere qualcuno, quindi resto semplicemente qui, ad aspettare che prima o poi si decida a darmi un'altra possibilità, ma senza smettere di fargli sapere che continuo a pensare a lui.

Prendo il cellulare che ho lasciato poco fa sul comodino, sblocco il display, cerco il suo contatto, e digito il messaggio.

Ho bisogno di parlare con te

È sempre lo stesso messaggio, continuo a scriverlo con la speranza che, prima o poi, mi risponda.

Ieri ho provato a chiamarlo, ma ha chiuso la linea al secondo squillo. Non mi sono arresa, ho riprovato subito dopo, ma solo per avere lo stesso risultato. Non importa. Non importa cosa dovrò sopportare, non importa se vorrà continuare a calpestare ciò che rimane di me per il resto dei miei giorni, quello che mi importa davvero è vederlo tornare a sorridere, fiducioso e pieno di vita.

Un rumore al piano di sotto attira la mia attenzione. «Chloe!?» La voce di mia sorella arriva chiara alle mie orecchie. 

«Sono di sopra, arrivo!», rispondo, poi scosto le coperte e mi metto in piedi, camminando nei miei calzettoni rosa, mentre scendo al piano di sotto portando con me la mia tazza di tè.

La osservo mentre scendo le scale: è chinata, si sta togliendo gli stivaletti, poi sfila il cappotto, la sciarpa, e li attacca al mobile all'ingresso mentre io sono ormai arrivata dietro a lei, che si accorge della mia presenza e mi viene incontro allargando le braccia e stingendomi in un abbraccio che mi riscalda.

Nonostante abbia la tazza in mano, faccio quello che posso per stringerla forte, per riuscire a trarre da lei il conforto di cui ho un estremo bisogno.

«Ehi...», la sento dire appoggiata alla mia spalla. Si allontana un po' per guardarmi negli occhi tenendo le mani sulle mie spalle. «Che succede?» Le sorrido, ma so che ha capito.

«Andiamo in cucina, ho appena fatto il tè, così ti racconto». Lei annuisce e mi segue.

Le preparo una tazza, ci sediamo al tavolo e sento le parole venir fuori da sole. Le parlo di Harry in versione turista, di Harry versione geloso, di Harry in veste professionale, di Harry irriverente, Harry sfrontato, di Harry, e di tutto quello che lo riguarda. Nella mia testa c'è solo lui e quello che potrebbe essere stato se non fossi stata così stupida da deluderlo in quel modo. E potrebbe anche risultare esagerato, ma so che per lui non è stato facile tornare a fidarsi di qualcuno, e io gli ho chiaramente fatto capire che c'è stato un attimo in cui ho pensato di andarmene, ovvio che in quel momento la sua mente si sia annebbiata e non abbia più pensato lucidamente, ma devo trovare il modo per dirgli anche il resto che mi è passato per la testa quella notte.

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