74 - Andrà bene

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Mi sento attrice della mia stessa vita, con un copione preconfezionato da recitare, senza possibilità di uscire dagli schemi che la regia di questo film ha fissato.

Ed è così da circa quarantotto ore, da quando Harry è tornato a casa dopo la corsa sfrenata in moto, dalla quale avrebbe potuto non tornare tutto intero. Ho ricominciato a respirare regolarmente solo quando ho sentito aprirsi la porta e l'ho visto varcare la soglia di casa con il casco in mano e un sorriso tirato sulle labbra.

Non abbiamo parlato quella sera, nemmeno una singola parola è uscita dalle nostre bocche. Il casco è rimasto sul divano, i nostri vestiti sul pavimento - a segnare il percorso fino alla camera da letto - e ognuno ha trovato il conforto necessario nel corpo dell'altro. Le uniche parole che hanno lasciato le nostre labbra sono stati i nostri nomi sussurrati, bisbigliati, nel silenzio della nostra stanza, la stessa in cui ci troviamo adesso, e mentre lo guardo sembra sempre più fragile.

È per questo che mi è sembrato di essere costretta a recitare un copione, perché ho paura di ferirlo e mi costringo a frasi di circostanza, o sto molto attenta a quello che dico, perché temo mi chiuda fuori dalla sua vita. È questa la reazione che avrei avuto io tempo fa, ma ora sono una persona nuova grazie a lui, e non potrei più concepire un atteggiamento del genere.

La mattina successiva all'incontro con sua madre, la prima cosa che mi ha detto, non appena si è svegliato, è stata: "non voglio parlare di lei", e io ho acconsentito pensando di fare il suo bene. Ho accuratamente evitato il discorso durante la cena, e anche il giorno dopo, ma mi sono resa conto che non è servito a nulla, perché stiamo solo fingendo qualcosa che non esiste, stiamo fingendo che vada tutto bene, quando sono certa che dentro di lui stia andando tutto a rotoli.

Se i nostri ruoli fossero invertiti, Harry mi avrebbe provocato fino a farmi esplodere per farmi tirare fuori quello che mi stava facendo soffrire. Forse non è il metodo giusto da adottare con lui, ma non posso più restare a guardare mentre si distrugge da solo.

Sembra tranquillo in questo momento. Il respiro regolare a muovergli ritmicamente le spalle, i lineamenti del viso rilassati - senza quella costante ruga che ha deciso di stabilirsi proprio al centro della sua fronte - e il braccio sinistro allungato dalla parte opposta alla mia. Passo una mano lentamente tra i suoi capelli e mi accorgo che è sveglio quando lo vedo trattenere il fiato per il mio gesto, ma non mi fermo e continuo con lo stesso movimento a far scorrere le ciocche tra le mie dita fino a quando si volta dalla mia parte e si stringe al mio corpo, posando la testa sul mio ventre. Nemmeno ora smetto di accarezzarlo, stavolta uso entrambe le mani, raccogliendo i capelli in un codino - non bello come quando se lo fa lui - che faccio e disfo più volte, mentre lui rafforza la presa intorno a me.

Anche oggi non sembra avere voglia di parlare, ma non aspetterò un altro giorno per tentare di farlo confidare. Ne ha bisogno, perché so bene quanto può essere devastante tenersi tutto dentro.

«Harry?» Ha già capito le mie intenzioni, perché il suo corpo non è più rilassato come un attimo fa.

«Ti ho già detto di no, quella donna non avrà più il minimo spazio nella mia vita. Non merita il fiato di nessuno.» Traspare rabbia e rancore da ogni parola che pronuncia

«Non è per lei che voglio usare il mio fiato, ma per te.» Alzo lo sguardo lentamente verso di me e nei suoi occhi leggo una chiara richiesta d'aiuto. Anche se si ostina a negarlo, io so che è così. «Parlami, Harry, dimmi cosa succede. Tu sai quanto può essere terribile tenere per sé certe cose.»

Il suo sorriso si apre mostrando un accenno di fossette, la sua mano scorre verso l'alto, fino a stringere tra pollice e indice il piccolo ciondolo che pende dal mio collo, quello che mi ha regalato lui poco dopo Natale.

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