26 - Stewart piantala di fare domande e fidati di me

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Camminiamo l'uno accanto all'altra mentre non faccio altro che ripensare alla confessione che mi ha appena fatto, a quanto abbia aperto il suo cuore e mi abbia confidato cose così personali.

Non mi sarei mai aspettata di arrivare a questo livello di confidenza con Harry, eppure mi viene così facile parlare con lui: è come se mi conoscesse da sempre, e sa fino a dove arrivare e quando fermarsi, sa toccare le corde giuste senza mai esagerare, sa quando è il momento di provocarmi per ottenere qualcosa di più e quando è il caso di lasciarmi in pace. Tutto questo non è mai successo... mai, con nessuno, e quando dico nessuno, intendo davvero nessuno.

Ho sempre avuto una gran complicità con Dylan, spesso ci capivamo al volo e ci trovavamo d'accordo su quasi tutto, con Kurt e Hazel è sempre stato, più o meno, la stessa cosa, ma con Harry è tutto ad un livello superiore. Ed è proprio questo che mi manda in confusione. Ho già difficoltà ad accettare i cambiamenti avvenuti negli ultimi mesi nella mia vita, e tutto quello che comporta avere Harry intorno mi disorienta. Se da un lato sono totalmente contraria a voler continuare questa conoscenza, dall'altra sono elettrizzata nel voler scoprire cosa mi riserva il futuro e un possibile avvicinamento a questo ragazzo, che non mi tratta come una bambola di porcellana.

«Parlami di lui». La voce di Harry mi coglie di sorpresa.

Dopo aver camminato per un paio di isolati al di fuori della stazione della metropolitana nel totale silenzio, le sue parole mi stupiscono.

«Vuoi che ti parli di Dylan?» Credo intendesse questo, ma nessuno mi chiede mai di parlare di lui, anzi evitano accuratamente l'argomento.

«Sì, che tipo era?» Si volta appena a guardarmi mentre continuiamo a camminare sul marciapiede, verso una meta ancora a me sconosciuta, e il suo sorriso non è affatto di compassione, piuttosto sembra curioso.

Ci metto un attimo a realizzare la sua domanda, nessuno me l'ha mai fatta, mi trovo quindi totalmente impreparata, come se non fossi capace di ricordarmi le sue qualità o i suoi difetti, o ancora come sorrideva. Mi sto dimenticando di lui?

«Stewart, la domanda è troppo difficile per te?» Mi punzecchia ancora, mi provoca, e la voglia di smentirlo vince su tutto il resto.

«Cretino!», gli dico, dandogli una piccola spallata, e lui si lascia scappare una mezza risata. Quel suono che esce dalle sue labbra mi scalda sempre il cuore. Poi resta in silenzio, dandomi il tempo di metabolizzare la sua domanda e raccogliere le idee per riuscire a rispondergli. «Dylan era... pieno di vitalità, aveva sempre il sorriso sulle labbra...», il solo pensiero del suo sorriso porta anche me a fare la stessa cosa, mentre riesco a vedere la sua immagine nella mia mente. Erano mesi che non lo ricordavo sorridente. L'unica immagine di lui che era ben impressa nella mia testa, era l'ultima, in quel letto di ospedale, attaccato a tubi, aghi, con i rumori dei macchinari che aveva intorno. Riuscivo solo a vedere le bende e quanto fosse immobile, e mi manca da morire il ricordo dei suoi occhi.

«Quindi riusciva a sopportarti?» Interrompe le mie parole e i miei pensieri con il suo solito sarcasmo.

«Essere antipatica mi riesce bene solo con te». Ride ancora, la sua fossetta è più che evidente sulla sua guancia e prima o poi cederò alla tentazione di toccarle.

«Vedi... la fortuna a volte?» Alzo gli occhi al cielo nel sentire le sue parole, ma non sono realmente infastidita.

«Dylan era sempre allegro, imbranato in cucina, ma decisamente bravo negli studi. Perfettamente ordinato a casa, ma un disastro totale nell'organizzarsi al di fuori, per questo si appoggiava sempre a Kurt...» Erano davvero come due fratelli e io non riesco a perdonarmi per aver trascurato il mio migliore amico.

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