11. Ombra

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"So I bet my life on you."

Third person

"Si nasconde bene. Almeno qualcosa l'ha imparata stando qui." La voce dell'uomo era dura e forte, con una nota divertita.

Il ragazzo davanti a lui incurvò le labbra in mezzo sorrisetto, ma la sua faccia restava nascosta dal buio che immergeva la stanza gigante del suo capo.

"Sì, è scappata. Non siamo molto sicuri sia lei in realtà... Anche se, i ragazzi con cui state contrattando per traffico di cocaina, giurerebbero di aver parlato e, confessano, provato ad abusare di una ragazza che sembrava essere scappata da casa. Ma la ragazza non corrisponde alla descrizione da lei fornita, né rispecchia quella della foto che gli ha dato." Rispose inchinandosi leggermente il ragazzo; lui aveva uno stile molto semplice, lo stile per l'età che aveva. Indossava un paio di jeans chiari e stretti, una maglia larga a righe nera e bianca, un paio di scarpe da ginnastica bianche e un berretto con la visiera dello stesso colore. Chiunque lo guardasse non avrebbe mai sospettato che fosse in affari con quell'uomo, ma lo avrebbero solamente scambiato per un bravo ragazzo normale; ma lui era un lupo travestito da agnello.

L'uomo ispirò lentamente il fumo di una sigaretta che teneva distratto tra le dita, accennando ad un sorriso malefico. Qualcosa stava sicuramente frullando nella sua mente.

"Posso farle una domanda?" Chiese il ragazzo sistemandosi il berretto sulla testa e guardandolo di sbieco, stringendo un po' gli occhi a causa del buio e del fumo della sigaretta che era rimasta accesa sul portacenere color argento.

L'uomo si sistemò meglio sulla poltrona e accavallò una gamba, inclinando la testa su un lato.

"Di solito sono io che faccio le domande, ma per oggi potrei anche fare un'eccezione. Dimmi pure."

Il ragazzo sorrise mentre l'uomo era curioso di sapere tutto; non gli era mai capitato di esserlo. Quel ragazzo gli suscitava così tanto interesse e mistero che sarebbe stato ore a sentirlo parlare, ad ascoltare ogni sua singola parola.

"Ha fatto uccidere quei due uomini da lei ingaggiati perché si sono fatti scappare la ragazza che lavora al ristorante di Lee Chan... avranno tutti la stessa sorte?" Domandò impaurito, ma cercando di restare lucido. Anche a lui sarebbe toccato trovarla e prenderla, ma se avesse fallito anche lui sarebbe stato ucciso? La cosa lo terrorizzava.

L'altro sorrise. Amava vedere l'orrore negli occhi della gente con cui parlava, anche se il buio gli impediva di vedere gli occhi del ragazzo e comunque gli suscitava troppa curiosità per sentirsi appagato di quello sguardo.

"Domanda interessante, ragazzo. Be', diciamo che mi sembra davvero assurdo che non riescano a prendere una ragazzina di diciannove anni, da sola ed indifesa, quindi la cosa mi manda in bestia e mi fa arrabbiare così tanto che l'unica cosa che mi passa per la mente in quel momento è ucciderli per la loro negligenza. Ma, se dovessi mandare te a cercarla e a prenderla e tu non riuscissi a farlo, la tua punizione non sarebbe così crudele: questo di sicuro." Spiegò prendendo il bicchiere di whisky che era stato posato su un tavolino vicino alla sua poltrona e bevendone un sorso.

Il ragazzo spostò il peso sul l'altra gamba cercando il modo giusto di esprimersi a parole.

"E quale sarebbe la mia punizione?" Chiese incerto ma con una nota divertita nella voce.

L'uomo sorrise e si alzò dalla poltrona, si avvicinò al più piccolo e mise una mano sulla sua spalla.

"Ti ho concesso di farmi una domanda, non due." Disse cordiale, sorridendo come se fosse un padre per lui.

Il ragazzo annuì incerto, grattandosi la fronte nervoso. Anche se fingeva di avere il massimo rispetto per lui in realtà non era così.
Lo disgustava.

"La polizia è in movimento. Osservo il ristorante in cui la presunta Haeun lavora, loro sono sempre lì, come se la tenessero d'occhio. Hanno un movente." Disse senza il coraggio di guardarlo in quegli occhi freddi e privi di qualsiasi atto d'amore.

"Sì? Allora dobbiamo sviare le loro convinzioni." Rispose calmo.

"Chi manderà questa volta a prenderla?"

Ci fu un minuto di silenzio, poi un ghigno.

"Tu, e sono sicuro che non fallirai." Batté la mano sulla sua spalla, allontanandosi poco dopo e lasciandolo lì da solo.

Nel buio, lui, tremava. Aveva paura della sua sorte, aveva paura di ciò che sarebbe potuto succedere e chiuse gli occhi stringendo i pugni.

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Haeun

"Wow." Dissi non appena misi piede dentro la casa dei signori Lee, elegantemente arredata.

Le pareti erano color crema, i mobili bianchi e candidi e la casa grande e spaziosa. Aveva un non so che di accogliente, di calore affettivo.

"Vieni, ti mostro la tua stanza." Sorrise la signora Lee prendendomi la mano e guidandomi per il lungo e rosa chiaro corridoio.

Mi fece accomodare in una stanza piccola ma allegra, le pareti rosse e una finestra che dava sul prato e che illuminava la cameretta; sembrava essere stata abitata prima.

"Grazie mille per la vostra gentilezza. Non so proprio come ringraziarla." Dissi abbassando lo sguardo, ma lei mise un pollice sul mio mento, costringendomi a guardarla.

"Non dirlo nemmeno, mmh? Sistema le tue cose qui e stai tranquilla. Fai come se fosse casa tua." Sorrise facendomi fare lo stesso, quando in stanza entrò un ragazzo alto e dai capelli scuri.

"Mamma?" Disse per poi spalancare gli occhi quando incontrò il mio sguardo.

||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora