39 Battiti

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"'Cause I I I'm in the stars tonight."

Taehyung's pov

Quando tornai a casa quel giorno sentii un profondo senso di solitudine alla bocca dello stomaco. Era andata via. Dae, o meglio, Haeun, non c'era più.
Al suo posto una disarmante solitudine che non provavo da tempo.
Erano passati tre giorni da quando lei non era più in quella casa maledettamente grande per una sola persona, e qualcosa dentro di me mi stava davvero divorando le viscere. Ansia, questo era ciò che provavo dentro lo stomaco. Ansia, notti insonni, lacrime ininterrotte. Era come se fossi stato lasciato dopo tanti anni dalla persona che più amavo al mondo.
Ma perché provavo tutto ciò? Io e lei non stavamo insieme, e né tanto meno la conoscevo da una vita. Eppure, perché sentivo questo sentimento? Proprio come se da anni vivesse dentro quella casa? Era solo una ragazzina scappata di casa. Una ragazzina che si era innamorata di me, ma che io non ricambiavo. E allora perché? Dovevo più che altro essere sollevato dal fatto che se ne fosse andata finalmente.
Eppure... eppure...
Sospirai girandomi sull'altro lato. La notte era ancora lunga, ed io mi ero già svegliato due volte. Avevo come la sensazione che non sarei riuscito a superarla... ma superare cosa? Che mi stava accadendo?

Mollando ogni tentativo di addormentarmi afferrai il telefono e cercai il suo numero. Non ero ben sicuro di cosa avrei fatto a riguardo, mi limitai a guardare per minuti il nome Haeun sullo schermo senza fare nulla. Più di una volta fui tentato di premere sulla cornetta, altre di mandarle un messaggio. "Ma a quale scopo? Le ragazze con l'orgoglio ferito non sono trattabili", pensai, ma subito dopo aver formulato il pensiero agitai la testa come per scacciarlo via. Ma tanto a me cosa interessava?
Bloccai il telefono e lo posai di nuovo al suo posto, mettendomi a sedere e incrociando le braccia al petto.
La lancetta che segnava lo scorrere dei minuti iniziò a fare un rumore fastidioso sulle mie orecchie. Ogni tanto, l'impulso di lanciare qualcosa addosso a quell'aggeggio, mi sopraffaceva. Perché tutto d'un tratto ogni cosa mi dava fastidio?
Il suono stridulo di una notifica mi fece sobbalzare all'improvviso, e quasi di scatto, come se sul letto fossero spuntate spine invisibili, afferrai il cellulare e guardai avido lo schermo, per poi rimanerne deluso. Ma cosa mi ero aspettato? Che lei mi scrivesse, alle due del mattino?
Sbuffai ancora sconcertato. Dov'era? Dove viveva? Cosa stava facendo per sopravvivere? Mi ero pentito di averla indotta ad andare via. Ma ormai il danno era fatto, ed io non potevo più fare altro. O forse sì? Se l'avessi chiamata? Se le avessi chiesto di vederci per poterne parlare?
"Aish" piagnucolai prendendomi i capelli tra le mani e tirandoli forte. Mai come ora mi ero ritrovai così confuso e insicuro di prendere una decisione. Il senso di vuoto che sentivo dentro mi stava facendo, letteralmente, diventare pazzo. Così, in preda all'impulso e magari, per riuscire a perdonare un po' dei miei peccati, decidi una cosa. Dovevo almeno parlarle. Senza penarci troppo presi il telefono, cercai il suo numero e composi la seguente frase: "se domani andassimo a prendere un caffè e parlassimo?", ma dopo aver letto la frase la cancellai di scatto. Che stupido! Lei era ricercata, non poteva stare in luoghi troppi affollati.
"Se domani venissi a casa mia a prendere un caffè?", poi pensai che a me il caffè non piaceva per nulla, così per la seconda volta cancellai e riscrissi: "ti andrebbe domani di venire casa mia per bere qualcosa?", senza nemmeno rileggere la frase premetti il tasto di invio, poi misi il silenzioso al telefono, lo bloccai e lo posai al suo posto. Non lo avrei ricontrollato prima dell'indomani mattina, così chiusi gli occhi e cercai di dormire. In quel momento anche altro era diventato fastidioso al mio orecchio: i battiti del mio cuore, che acceleravano ogni volta che il suo viso mi compariva in mente.

Il risveglio fu però dolce; era una tiepida domenica mattina di settembre. Una luce calda attraversava a fiotti la mia stanza da letto, il cinguettio degli uccelli era una dolce melodia. Aprendo gli occhi lentamente e sbadigliando pesantemente, fissai vuoto il soffitto di quella stanza; una sola domanda mi era apparsa in mente: Haeun aveva risposto? Avevo paura di scoprirlo. Indugiai per alcuni secondi; mi stirai, mi grattai la testa, sbadigliai ancora, misi i piedi sul pavimento, feci il giro del letto e presi il telefono. Un respiro, due respiri, tre respiri. Mille battiti al secondo, potevo morire anche in quell'istante fosse stato per me. Poi presi coraggio, strinsi gli occhi e sbloccai il telefono. Tre messaggi, tutti e tre suoi, mi apparvero davanti.
Il cuore aumentò ancora di battiti, mentre un sorriso mi spuntava in viso senza volerlo: "Ei ciao Taehyung oppa, come stai?" Diceva il primo messaggio. Come stavo? Ero felice in quel momento. "Credo si possa fare." Diceva il secondo. Un altro balzo al cuore. "Posso alle dieci. Va bene?" Senza indugiare digitai subito sì, poi, accortomi che erano le nove, corsi in bagno per lavarmi la faccia e i denti. Tornai di corsa nella mia stanza, misi i pantaloni blu e una maglia bianca, le Adidas bianche e gli occhiali da sole in testa. Afferrai le chiavi della macchina e di corsa feci le scale, per uscire nel prato verde e scendere giù in garage, entrare in macchina e guidare veloce verso Starbucks. Tutta quella fretta non la capivo nemmeno io, e tutto d'un tratto non vidi l'ora che arrivassero le dieci e lei arrivasse.

||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora