14. Richiesta

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Haeun

"Io non ho prìncipi, non ho religioni, a volte mi pento ma non cerco ragioni."

"Dae, c'è quel tavolo da servire!" Urlò sulla folla la signora Lee mentre io confusa posavo il telefono dentro la tasca del grembiule nero legato alla vite.

Jeonghan non mi rispondeva al telefono e la cosa mi preoccupava parecchio. Forse era arrabbiato per quello era successo quella mattina... lo avevo messo nei guai con il fatto che fossi scappata di casa e ora non voleva, probabilmente, parlarmi.

"Buona sera." M'inchinai cordialmente davanti alla famiglia che dovevo servire, ma la mia testa era altrove.
Il mio obiettivo era andarmene via da Seoul il più velocemente possibile, ma ancora ero intrappolata lì... e poi volevo salutare un'ultima volta il mio migliore amico prima di andare e dovevo trovare il modo.

Ero così presa dai miei pensieri che quando andai per lasciare la comanda in cucina non vidi il ragazzo che stava camminando verso di me e ci sbattei contro.

Subito alzai lo sguardo, per iniziare a sentire la faccia bollente quando incontrai il suo.

"Scusami." Risposi immediatamente mentre i suoi occhi indugiavano ancora su di me. Avevo aspettato quel momento per tutta la mattina... e ora mi era finalmente apparso davanti agli occhi.

"Sai, più ti guardo e più mi sei familiare." La sua voce bassa mi fece spalancare gli occhi e subito iniziai a sentire la pelle andare in fiamme e il cuore battere velocemente. Taehyung era pericoloso, avrebbe potuto scoprire chi ero velocemente se continuava a vedermi.

"Non so, io non ti ho mai visto." Risposi immediatamente abbassando lo sguardo, con la paura ad aumentare da minuto a minuto.

"Sei sicura? Non so, ma la tua faccia l'ho già vista da qualche altra parte..." rispose con la voce roca, e per fortuna uno dei suoi colleghi lo distrasse chiamandolo per nome, dandomi subito la possibilità di correre via da lui.

Per poco non si ricordava di avermi pagato tutta la roba che avevo cercato di rubare!

"Sei pallida, Dae. Tutto bene?" Mi chiese Taeyong, il figlio dei Lee, quando di corsa mi chiusi la porta della cucina alle spalle.

Lui dava una mano con i tavoli quando c'erano troppe persone, esattamente come quel giorno, ma aveva deciso di starsene a guardare i cuochi cucinare piuttosto che aiutarmi!

"Anche se fosse non credo a te interessi." Risposi appoggiandomi al muro mentre lui faceva mezzo sorriso.

Si alzò dalla sedia e prese un panno pulito da uno sportello, per poi afferrare una bottiglietta d'acqua ghiacciata e dirigersi verso di me.

Perché doveva ricordarsi?

"Ho detto che la tua faccia non mi piace, se diventi pallida la cosa mi innervosisce di più. Sembri una tossica. Forse il caldo ti fa questo effetto... o forse qualcuno." Disse porgendomi il panno e l'acqua, sorridendo ancora.

Nervosa afferrai tutto con le mani tremanti, e lo fissai con gli occhi spalancati in cerca di risposte. Che aveva capito?

"Prego?" Chiesi prendendo un sorso d'acqua mentre lui sorrideva, amaro quella volta, di nuovo.

"Di quale membro della squadra di polizia ti sei innamorata?" Domandò facendomi andare di traverso il liquido freddo.

Iniziai a tossire con la faccia in fiamme mentre lui iniziava a contarli sulle dita.

"Il carota, il menta, il biondo con le fossette, il moro alto, il corvino, il rosso o il moro dalla voce bassa e lo sguardo quasi depresso?" Continuò divertito mentre lo guardavo male.

"Non hai capito niente. Io non sono innamorata di nessuno di loro!" Ribadì imbarazzata mentre lui con un ghigno si allontanava un po' da me.

"Be', meglio per te. Sarebbe un vero problema." Rispose mettendosi a sedere, facendomi agitare di nuovo.

Come faceva a sapere che sarebbe stato un problema? Che sapeva?

"C-come?" Domandai tremante mentre lui giocava con le mani quasi pentito di ciò che aveva detto.

"Sarebbe un problema essere la ragazza di un poliziotto, n-no? Potrebbe essere trasferito da un momento all'altro." Rispose grattandosi la testa e spostando lo sguardo.

Lo fissai ancora agitata e con gli occhi spalancati. Davvero voleva dire questo?

"E non guardarmi. M'infastidisci." Aggiunse alzandosi dalla sedia e uscendo fuori dalla cucina.

Il cuore mi batteva fortissimo. Come diamine faceva a conoscere tutto? O forse intendeva davvero quello che aveva detto...?

"Dae, devi servire il tavolo della squadra di polizia... tutto bene?" La signora Lee mise una mano sulla mia spalla ed io cercai di riprendermi. Iniziavo a sentirmi male.

"No, p-probabilmente il caldo mi sta facendo sentire così. Posso andare a prendere un po' d'aria?"

"Certo tesoro..." rispose lei, guardandomi preoccupata. Senza lasciarle dire un'altra sola parola afferrai il mio zaino e corsi fuori dal ristorante.

Piansi, perché non avevo più un posto in cui poter tornare. Non potevo continuare a vivere a casa dei Lee, avevo paura che Taeyong mi conoscesse... ma come? Che c'entrava lui? Perché doveva essere così difficile scappare via?

Così camminai senza meta per più di due ore, con il caldo a sbattermi in testa e la paura di incontrare qualche maniaco o qualche mandato di mio padre per le strade...

Ero così stanca che ad un certo punto mi lasciai cadere sullo gradino di un portone scuro che dava ad una casa grandissima; intorno c'era il silenzio più totale. Il prato, arido a causa del caldo, la circondava completamente e ciò che amavo di quel posto era il fatto che fosse lontano dal traffico, dalla gente. Chi ci abitava, probabilmente, amava la quiete.

Appoggiai la testa sulle ginocchia e presi un respiro profondo, ancora triste per essermene andata senza aver detto nulla ai signori Lee, che mi avevano tanto aiutato... per fortuna, tutti i soldi guadagnati con quel lavoro li avevo ancora tutti con me e avrei ripreso a scappare lontano da Seoul a poco a poco di nuovamente.

"Che ci fai qui, piccola Dae?" Quasi urlai quando sentii quella voce a pochi passi da me. Ero sicura che fosse lui... quella voce...

"T-Taehyung?" Dissi con la faccia bollente mentre lui sorrideva e faceva sbattere tra loro le chiavi di casa sua.
Che fosse la sua quella dove mi ero fermata...?

"Ah, ti ricordi il mio nome." Sorrise grattandosi la testa mentre io impacciata sorridevo come un ebete.

Proprio lui doveva abitarci lì?!

"Dae, mi piacerebbe restare qui a parlare con te, ma fa davvero molto caldo qui fuori. Hai voglia entrare così che possa offrirti qualcosa di freddo e chiacchierare un po'? Mi farebbe bene e penso anche a te." Sorrise aprendo la porta di casa sua, fissandomi mentre io lo guardavo indecisa.

||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora