19. Chiamata d'avvertimento

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"Hai capito che non sono come mi credevi? Che mando sempre via chi mi teneva in piedi."

Haeun

Con le mani che mi tremavano e le gambe che poco a poco iniziarono a fare lo stesso continuai a sentire quella voce sconosciuta pronunciare quelle parole.

Davanti a me Taehyung mi fissava curioso e preoccupato, in mano la paletta e lo sguardo puntato su ogni mio movimento.

La persona che mi aveva chiamato aveva già staccato da un pezzo quella telefonata, ma io rimasi con il telefono sull'orecchio agghiacciata ed impaurita.

Aveva detto solo una frase, tre parole che avevano in poco tempo distrutto il mio castello fatto di carta e speranze.

"So chi sei."
Tutto ciò poteva essere uno scherzo di poco gusto, o forse mi avevano trovato. E come diamine era possibile fosse accaduta una cosa del genere? Avevo cambiato numero, l'unica persona che lo possedeva era Jeonghan...

"Haeun, va tutto bene?" Chiese dopo minuti che sembrarono ore il moro sconvolto.
Quasi come se mi fossi appena svegliata da un incubo annuii mettendomi il telefono in tasca, cercando di sembrare quanto più credibile possibile. Ma forse, il suo occhio attento, aveva notato tutto.

E all'improvviso in testa mi balenò un'idea... e se chiedevo aiuto a lui? A Taehyung? Insomma, non potevo di certo negare a me stessa che avevo paura in quel momento... e lui che era così gentile, lui che era un poliziotto, forse se gli avessi chiesto di darmi una mano senza che lui mi facesse tornare in quella casa... forse lo avrebbe fatto.

Ma mi mancava il coraggio di chiedergli una cosa del genere. Mi mancava il coraggio anche solo di sapere cosa stava succedendo in mia assenza in quel posto.

"Haeun, non per farmi gli affari tuoi ma... chi era al telefono? Che ti hanno detto? Sei pallidissima." Chiese posando tutto ciò che aveva in mano per guidarmi sul divano.

Con le gambe che mi tremavano mi lasciai cadere sul divano e mi passai una mano tra i capelli corti.

Come diavolo facevo ad uscire fuori da quella situazione?

"N-niente." Fu l'unica cosa che riuscii a dire mentre il moro scettico alzava un sopracciglio.

"Niente? Faccio il mio lavoro da solo un anno e mezzo, non avrò molta esperienza ma sappi che non sono stupido. Sei pallida da quando hai risposto al telefono... ti prego di informami di ciò che ti sta succedendo, è mio obbligo proteggere i civili." La sua voce era autoritaria e forte, io avevo una paura tremenda. Di ciò che sarebbe potuto accadere, del mio destino.

"Credo sia stato uno scherzo di poco gusto." Mentii deglutendo, non riuscendo comunque a metterlo tranquillo. Chissà quante volte gli era capitato a lavoro di ritrovarsi in situazione dove le vittime giuravano che non stava succedendo niente, per poi scoprire che non era così in realtà, che la paura ti porta anche a negare in faccia all'evidenza.

"Uno scherzo che ti ha reso così? Haeun, da cosa scappi?" Domandò ancora perforandomi con il suo sguardo.

Abbassai il mio e agitai la testa, cercando di trovare una scusa plausibile... ma niente in quel momento mi si accese in testa. Nulla.

"Da niente, non scappo da niente." Risposi alzando lo sguardo sul suo mentre gli occhi iniziavano a bruciarmi. Come potevo solo pensare che credesse alle mie parole?

"Una ragazzina che non ha una casa, che ruba per avere del cibo e che vaga per le strade di sua spontanea scelta? Credi sia scemo?" Trattenne una risatina e poi si alzò dal divano, stirandosi.

"Ti lascio riposare per ora, parliamone domani. Sappi comunque che io posso aiutarti, solo se tu lascia aiutarti." Fece spallucce, per poi riprendere a pulire il pavimento dai pezzi di piatto che avevo accidentalmente rotto.

Trattenendo le lacrime corsi a rifugiarmi nella stanza che mi aveva preparato Taehyung ed in lacrime mi buttai sul letto, senza sapere nemmeno se potevo o no fidarmi di lui.

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Third person

"La ragazzina non rispecchia la persona che ritrae la foto che mi ha dato." Fece spallucce il ragazzo mentre si sistemava il capellino in testa. Non sapeva bene il motivo per il quale quella mattina lo avesse chiamato, ma fatto sta la paura ancora era molto viva anche dentro di lui.

Si era ritrovato in quella situazione, e ora doveva portare a compimento ciò che gli era stato chiesto.

"Lavora ancora dai Lee?" Domandò lui buttando la cicca della sigaretta nel portacenere, intrecciando poco dopo le dita delle mani.

Il ragazzo annuì non molto convinto, poi sospirò e si grattò la fronte.

"E se per caso..." provò a dire, ma l'uomo davanti a lui, il padre di Haeun, alzò un dito in aria e lo azzittì subito. Una leggera scossa fece rabbrividire il ragazzo, che senza dire nulla posò gli occhi su di lui.

"Voglio una foto della ragazza che si spaccia per Dae. Sono sicuro che riuscirò a riconoscere mia figlia, se ovviamente si tratta di lei." Disse alzandosi dalla poltrona e passando accanto al ragazzo.

Quest'ultimo sentì una strana paura squarciargli lo stomaco: non si era mai ritrovato così vicino a lui.

"Portami una foto." Concluse prima di uscire fuori dalla stanza e lasciarlo lì da solo.

Una lacrima rigò il viso del ragazzo. Era la paura stessa a fargli paura.

||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora