Haeun
"I can't breathe, I can't be what you want me to be."
Quando incontrai lo sguardo del ragazzo che era appena entrato in stanza sorrisi spontaneamente. I suoi tratti eleganti e marcati mi fecero spalancare gli occhi, la sua bellezza era tanta quanto quella del poliziotto per cui mi ero presa una cotta.
"Oh, Taeyong! Oggi hai finito prima?" Domandò la signora Lee mettendo una mano sulla spalla del ragazzo che distratti annuì.
Io iniziavo a sentire un leggero imbarazzo riaffiorare dalle mie guance, dovuto al fatto che lui non faceva altro che fissarmi. Fissarmi senza staccare un solo attimo lo sguardo.
"Ehm, lei è Dae, la nuova cameriera." Disse non appena notò lo sguardo di lui, che doveva essere il figlio, su di me.
Il ragazzo dai capelli scuri distolse lo sguardo per rivolgerle un sorriso freddo, che lei ricambiò incerta.
Iniziavo a sentirmi a disagio; era come se i due avessero litigato prima di quel momento e ora che stavano parlando sembrava che fossero ancora entrambi riluttanti.
"Capisco. E non ha una casa?" Domandò mettendo una mano dentro la tasca dei jeans neri che indossava, rivolgendomi un altro sguardo, ma quella volta solo per un secondo.
"È una situazione particolare. Tu piuttosto, stai studiando?" Domandò di rimando, come per cambiare discorso.
Taeyong, che tra l'altro mi ricordava Taehyung, annuì poco convito ed io lo guardai meglio per scorgere ogni suo dettaglio;
I capelli lunghi fino a pochi centimetri dalle sopracciglia e scuri sembravano morbidi al primo contatto visivo, lucidi sotto la luce opaca di quella che sarebbe stata la mia stanza, gli occhi erano piccoli e color nocciola, con una nota di amarezza al loro interno. Non so spiegarlo bene, ma erano davvero profondi, ma non allegri, non leggeri... amari, tristi, stanchi. I suoi occhi suscitarono il mio interesse, sebbene non lo conoscessi ancora. La sua pelle era chiara, bianca come la porcellana delle bambole e liscia, senza nessun neo o imperfezione a macchiarla, era semplicemente bellissimo. La mascella marcata gli dava uno sguardo duro e di perenne scocciatura, ma i suoi occhi dicevano altro. Era molto alto, almeno cinque centimetri in più di me: indossava una paio di jeans neri, una maglia a maniche corte bianca e una camicia a quadri rossi legata alla vite."La tua faccia non mi convince." Rispose la signora come delusa dalla risposta di lui. Taeyong fece spallucce fissando il pavimento, mordendosi il labbro inferiore.
"Ho altro a cui pensare." Disse distratto dopo secondi di silenzio.
In preda all'imbarazzo iniziai a spostarmi da un piede all'altro fissando la scena. La loro situazione mi incuriosiva, gli occhi di lui mi si erano disegnati nella mente.
"Altro cosa?"
"Non credo siano affari vostri."Mi grattai la testa; volevo in qualche modo uscire da lì e lasciarli da soli, ma dove sarei andata? Non era mica casa mia...
"Taeyong che ti sta succedendo?" Chiese la signora Lee mettendo una mano sulla sua spalla, facendogli alzare lo sguardo sul suo.
"Niente." Rispose scrollando le spalle senza guardarla.
"So a cosa stai pensando." Aggiunse mettendo una mano sul suo viso, ma quel gesto, o forse quella frase, lo fece scattare. Indietreggiò bruscamente e la sua faccia divenne di una tonalità di rosso indefinita.
"E allora perché state facendo questo?" Domandò furente, gli occhi lucidi e l'ira visibile in volto.
La signora Lee sbatté le palpebre per trattenere le lacrime e lui voltò la testa per nascondere le sue.
"Parliamone quando saremo da soli"
"Non ho voglia di parlarne" rispose lui uscendo dalla stanza e scomparendo.In silenzio abbassai lo sguardo e mi guardai le mani bianche mentre sentivo lo sguardo della signora del ristorante addosso.
"Non preoccuparti. È un ragazzo particolare, non dargli mai peso qualsiasi cosa dica, va bene? Vado a preparare la cena, tu rilassati." Disse mettendo una mano sulla mia spalla prima di uscire anche lei dalla stanza.
Stanca, sia fisicamente che psicologicamente, mi buttai sul letto e sospirai sonoramente.
Iniziava a stancarmi la vita da barbona, ma in pochi mesi speravo di andarmene da Seoul e crearmi una nuova vita lontano dalla mia famiglia. Chissà se mio padre stava muovendo le sue pedine per trovarmi, chissà quanta gente aveva punito...
Rabbrividii al solo pensiero di essere trovata e portata da lui, così chiusi gli occhi e cercai di allontanare quei pensieri.
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____Taehyung
"Continuate a parlare di capi. Ma capo di che? Vi ho detto come la penso. Con il bel tempo i lupi escono allo scoperto." Sbuffai stappando una birra e sprofondando nel divano di pelle nera della sala riposo.
Hoseok alzò gli occhi al cielo con mille carte nelle mani mentre gli altri ascoltavano i discorsi di Namjoon.
La testa mi scoppiava, letteralmente.
Dae mi aveva inviato una quindicina di messaggi imploranti, io non sentivo invece nulla dentro; avrei voluto scomparire per sempre dalla faccia della terra. Mi sentivo stanco, depresso per come le cose stavano andando.
"Dobbiamo analizzare tutte le possibili ipotesi." Rispose Namjoon mettendo la mano sulla scrivania.
"La impronte trovate sui due corpi risalgano ad un europeo e già ci stiamo muovendo per trovarlo. Ma perché sarebbe venuto qui ad uccidere due persone? Stanno cercando qualcuno, ora bisogna scoprire chi e perché è così importante." Aggiunse.
Tutti lo guardarono mentre io distratto fissavo la bottiglia che avevo nelle mani. Un brivido mi colpì il collo e stanco chiusi gli occhi.
"Dobbiamo trovare una soluzione. Da domani pattuglieremo tutta la città. Dobbiamo trovare qualsiasi indizio."
"Sì capo." Dissero in coro gli altri, sentendo lo sguardo di Jimin addosso ma ignorandolo.
Volevo dormire, così lasciai a terra la bottiglia e mi sdraiai sul divano.
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__Sono tornata🙄🙄
Quanto mi era mancato scrivere! Anyway, so che sono praticamente scomparsa, scusatemi🙏🏾🙏🏾🙏🏾
Tra 20 giorni avrò il primo esame scritto e sto per morire d'ansia tipo.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, lo so è un po' corto ma adesso cercherò di aggiornare più spesso!
Vi voglio bene-Cher❣️
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||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸
FanfictionCompleta✔️ Haeun ha sempre vissuto sotto l'ombra di un padre autoritario, capo di una rete criminale che impone regole ferree e una vita di restrizioni. La sua esistenza era un susseguirsi di giornate tutte uguali, scandite da doveri e aspettative c...