32. Tenebre

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"Vieni con me nelle tenebre, ti passo a prendere. Vedo un po' di libertà nelle mie fobie."

Taehyung

Ho sempre avuto un carattere molto snervante, a versi. Riuscivo a passare dall'essere la persona più felice della terra a quella più depressa mai esistita.

Molte volte, per colpa del mio carattere mi sono perso, e ora avevo paura che stava di nuovo accadendo. Dae era stata un piccolo spiraglio di luce che nelle mie tenebre mi aveva illuminato il cammino: ma le cose non durano per sempre, ed io semplicemente ero molto egoista. Mi piaceva prendere, prendere tutto ciò di cui avevo bisogno e non restituire niente in cambio.

Quando lei decise di venire ad abitare in casa mia, nonostante io non desiderassi lo stesso, non riuscii a dire di no: o perché non volevo vederla soffrire o perché mi sarei sentito meno da solo in quella casa, l'unica cosa di cui ero totalmente sicuro era che avevo sbagliato tutto. Per colpa della mia mancanza di coraggio, o del mio egoismo, le avevo fatto credere di amarla più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma mi sbagliavo, come può capitare a tutti.

Come ho sempre detto, ho sempre trattato le cose degli altri con estrema cura: un libro, una giacca, una penna, qualsiasi cosa mi venisse prestato. Ma c'erano anche delle cose di cui non avevo avuto molta cura: il cuore e la fiducia di Dae.

Ero felice di aver chiuso finalmente quella storia che ormai non mi rendeva felice, ma in cuor mio mi sentivo una persona orribile davvero. L'avevo presa in giro, sfruttata a mio piacere e dopo l'avevo lasciata come se non fosse mai esistita per me. E ancora, adesso, stavo mentendo a me stesso recitando la parte della persona buona. Come se quello perdonasse tutti i peccati di cui ero responsabile.

La frustrazione ormai era padrona di me. Non ero riuscito ancora a pagare i debiti di mio padre, e inoltre non avevo la minima idea di dove lui si trovasse, da esattamente tre anni. Quando quel giorno arrivai a casa, stanco della dura giornata di preparazione che avevo affrontato, mi ritrovai un misero biglietto attaccato al frigorifero.

Sapevo ciò che stava succedendo a casa mia da quando mia madre era morta, l'avrei aiutato a pagare tutto. Invece trovai solo un pezzo di carta giallo che dicevate semplicemente un:"mi dispiace." Non sapevo in realtà se era vivo, se stesse bene e dove fosse. Nonostante lo avessi cercato di contattare, nonostante avevo provato a cercarlo, lui era come scomparso in un buco nero. Nessuna traccia, nessuno avvistamento.

Ma con gli anni imparai anche a sopportare le mancanze: per questo Dae non mi era mancata quando le dissi di tornare a casa sua. Avevo imparato a non sentire la mancanza della gente da un po' di tempo ormai. L'unica persona che mi era sempre mancata, da quando era andata via, era mia madre.

Lei era una donna davvero meravigliosa, avevo sognato spesso di trovare una ragazza con il suo carattere: paziente, dolce e molto saggia. Il mio carattere non è mai stato uno dei migliori, ero sempre stato arrabbiato con il mondo per le ingiustizie, sempre odiato la gente, eppure lei riusciva a calmarmi.
Ma quando morì, il mio mondo fatto di carta si era sgretolato in mille pezzi. Il mio odio verso la gente allora aumentò: odiavo chi aveva più di me. Odiavo tutte quelle persone che possedevano qualcosa che io non avevo: due genitori, un bel carattere, una famiglia, una ragazza e un obbiettivo da inseguire e realizzare.

Credo sia stato in quel periodo di odio totale che Namjoon mi porse una mano. In lui avevo trovato la fiducia che mi era sempre mancata nel genere umano, ma prima o poi avrei deluso anche lui. Non sarebbe mancato tanto che anche lui mi avrebbe abbandonato.

Il mio carattere ha sempre portato la gente ad allontanarsi da me, e sebbene abbia provato a cambiare non ci sono mai riuscito. Haeun si sarebbe presto accorta dei miei continui scatti malinconici, del mio bipolarismo e se ne sarebbe andata.

Mi ero promesso che non mi sarei affezionato, ma il narcisismo voleva che consumassi anche quell'anima indifesa che avevo accolto in casa mia. Presto anche lei sarebbe rimasta senza niente, per colpa mia, del mio egoismo, del mio ego e del mio narcisismo.

Quando entrammo dentro la stanza grigia e fredda dell'obitorio presi un grande respiro. Entrare lì dentro mi metteva sempre una certa ansia; i miei battiti aumentavano, il mio stomaco iniziava a contorcersi a causa della nausea e i miei occhi non riuscivano a stare aperti per più di cinque minuti consecutivi.

Vedevo il personale lavorare, tutti vestiti di bianco con addosso mascherine, guanti e occhiali.

Non so esattamente quanti banchi grigi ci fossero lì dentro, so solo che quella stanza mi metteva una paura che niente mi aveva mai creato.

Hoseok forse si sentiva peggio di me, era giallo in viso, continuava a stringersi lo stomaco. Jimin, Jungkook, Yoongi e Jin per evitare di guardare parlavano piano tra di loro, mentre Namjoon fissava attentamente ogni movimento che veniva fatto lì dentro.

I suoi occhi si muovevano con le azioni degli uomini in bianco. Se loro andavano a destra, i suoi occhi si spostano verso lì, se andavano a sinistra si spostavano dall'altra parte.

Un silenzio quasi fastidioso mi ronzava nelle orecchie e mi faceva sentire sempre così spaesato; odiavo il silenzio. Pur di non ascoltare i miei pensieri avrei preferito il rumore assordante che mi spaccava i timpani.

Ecco perché odiavo la notte: riuscire ad addormentarmi era difficile, quindi mi sentivo costretto ad ascoltare la mia fottuta testa. Se avessi potuto, l'avrei spenta.

Dopo minuti, che sembrarono ore, finalmente uno dei ragazzi in bianco ci raggiunse. Si liberò degli occhiali e della mascherina, poi ci condusse in una stanza bianca e ci fece cenno di sederci. Senza dire nulla obbedimmo.

 «Siamo un po' sconvolti.» iniziò l'uomo schiarendosi la voce. Hoseok aveva ripreso un po' di colorito, anche se in volto sembrava ancora un po' malaticcio. Infatti, udite le parole dell'uomo in bianco, si mise dritto sulla sedia come per sottolineare l'importanza di ciò che stava per dire.  «Se siete sconvolti voi,» sospirò asciugandosi il sudore dalla fronte. Namjoon mise una mano sulla sua gamba mentre ascoltava attento le parole dell'uomo. «Cosa è successo?» domandò mentre Yoongi, con una penna e un block notes in mano ascoltava attentamente qualsiasi cosa dicesse. «I documenti che sono stati trovati vicino al corpo senza vita non combaciano con il ragazzo.» rispose con gli occhi su Namjoon. Curioso e sorpreso assottigliai i miei e sentii un leggero brivido percorrermi la schiena. «Vuol dire che-» provò a dire Yoongi, e l'uomo lo interruppe annuendo. «Che un ragazzo è stato ucciso, ma non è lo stesso dei dati del documento trovato vicino al corpo.» Gli occhi di Yoongi quasi sembrarono illuminarsi, significava che aveva una nuova ipotesi. Un ipotesi che probabilmente si sarebbe avverata.

||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora