40. Lacrime

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-What more can I say?-

Haun's pov

Sentivo una strana ansia nel petto mentre mi dirigevo, contro ogni buon senso e contro i consigli di Taeyong, a casa di Kim Taehyung, il poliziotto per cui avevo una cotta e che aveva chiaramente detto di non provare nulla per me, tanto da portarmi ad allontanarmi di casa sua e cercare riparo altrove. Mi chiedevo di cosa dovesse parlarmi, perché mi volesse vedere, e tutto d'un tratto le parole di Taeyong sembrarono acquisire forse un senso; possibile si fossero accorti di qualcosa? Possibile volesse portarmi da mio padre? Ma agitai la testa, più che convinta che non fosse quello il motivo, ma altro anche se non sapevo cosa. Ritrovarsi il sui messaggio mi aveva del tutto lasciata perplessa e ora che mi avvicinavo sempre di più a casa sua la morsa sullo stomaco iniziava a stringere. E a stringere ancora. Non mi ero ancora completamente ripresa da lui, ancora nel profondo sentivo una strana sensazione quando solo lo pensavo, e di sicuro non l'avevo dimenticato del tutto. Ad ogni modo, se potevo dirigermi verso casa sua era solo perché Taeyong, il ragazzo dove adesso stavo, aveva messo dei paletti prima che mi lasciasse andare; potevo stare solo un'ora, e se entro un'ora non fossi tornata a casa allora lui sarebbe venuto a cercarmi.  Mi rincuorava sapere che teneva alla mia vita, anche se il realtà aveva detto che non voleva essere ucciso per avermi tenuta a casa sua, e l'aveva detto balbettando tutto rosso in viso. Non appena l'abitazione mi spuntò davanti accelerai il passo e corsi a suonare al suo campanello, l'ansia che persisteva. Chissà di cosa voleva parlarmi. «Chi è?» rispose al citofono con la sua voce bassa e matura. «Io.» decisi di non dire il mio nome, ma ero sicura che lui avrebbe capito, infatti dopo pochi secondi il portone si aprì rivelando le scale che portavano a casa sua. Sentendomi sempre più male dalla curiosità iniziai a salire, ritrovandomi nella familiare cucina bianca e grande di Taehyung, e lui davanti alla porta che mi sorrideva; le guance iniziarono a surriscaldarsi e facendo un passo in avanti mi fece entrare e chiuse alle spalle la porta. La familiare stanza era la stessa di sempre;  c'era un buonissimo odore e sul tavolo scatole di starbucks contenenti caffè di tutti i tipi. Letteralmente tutti. Confusa mi voltai a guardare Taehyung che sorridendo mi indicò una delle sedie, prendendo posto. Così mi sedetti e perplessa lo guardai mentre si guardava le mani bianche dalle dita lunghe. «Allora, come va?» chiese alzando gli occhi all'improvviso, non dandomi nemmeno il tempo di spostare lo sguardo costringendomi quindi a tenere gli occhi su di lui. «Bene, grazie. E tu?» chiesi fingendo disinteresse intanto che faceva mezzo sorrisetto. Diamine, era bello come sempre. Come facevo a dimenticarmi di un ragazzo così? Taehyung sorrise ancora, facendo spallucce mentre mi guardava senza battere nemmeno le palpebre. «Diciamo che va bene.» rispose e di nuovo il silenzio divenne padrone della situazione. Cosa avrei dovuto dire? Imbarazzata iniziai a guardarmi attorno, come se non avessi mai visto quella stanza, aspettando fosse lui a parlare per primo di nuovo. Mi aveva chiamata lui alla fine. Non mi fece attendere molto, dopo alcuni secondi la sua voce sfiorò dolcemente le mie orecchie. «Ho preso un po' di caffè da Starbucks. Non ero sicuro di quale gusto ti piacesse così-» «Li hai presi tutti.» conclusi io sorridendo, facendogli fare lo stesso mentre aprivo tutti i cartoni e afferravo quello che mi piaceva di più. «Vaniglia, comunque.» risposi scartando la cannuccia e mettendola dentro il bicchiere mentre ne bevevo una generosa quantità; il gusto dolce della vaniglia mi invase le papille gustative e per un po' fui così concentrata sulla mia bevanda che non mi voltai nemmeno a guardare Taehyung, che nel frattempo aveva scelto la sua e la stava bevendo con lo stesso gusto. Non appena ebbe ingoiato il sorso di frappè alla fragola che aveva scelto lui inclinò la testa guardandomi. «Cosa ci farai con il resto dei caffè? Nemmeno ti piace.» dissi abbassando lo sguardo mentre giocavo con la cannuccia. Tutto d'un tratto il peso dei suoi sentimenti non contrapposti ai miei mi caddero addosso con tutta la loro forza. Mi faceva male sapere che ciò che provavo io per lui era unilaterale. Per lui ero stata come una ragazza da proteggere, da non poter ignorare dato il suo lavoro. «In realtà speravo tu tornassi a vivere qui.» rispose facendomi alzare di scatto la testa verso di lui. Rossa in viso lo guardai mentre lui mi fissava serio dritto negli occhi. Mentre cercavo le parole da dire, il frappè mi andò di traverso e iniziai a tossire mentre lui preoccupato correva a prendermi dell'acqua. Perché adesso voleva che tornassi a stare con lui? Bevvi l'acqua cercando di ritardare la mia risposta, ma un certo punto mi resi conto di aver perso troppo tempo e di dover dire qualcosa, perché lui mi fissava e io mi sentivo a disagio stranamente. Schiarendomi la gola mi grattai il collo in imbarazzato, cercando di trovare la forza per dire ciò che stavo per dire. «Non posso.» Taehyung mi fissò e il suo sguardo mi parse ferito dalle mie parole. Ma non potevo fare altro. Non potevo tornare da lui dopo che avevo chiesto aiuto a Taeyong e lui aveva accettato. «Haeun, io-» disse, ma lo interruppi. «Lo so che ti dispiace, ma non sentirti in colpa per me.» Taehyung non spostò lo sguardo dal mio, che invece troppo vigliacca per guardarlo abbassai. Seduto di fronte a me, probabilmente non sapeva nemmeno che dire e rimase in silenzio per alcuni minuti. Ovviamente avrei voluto tornare da lui, ma non potevo. Dovevo sapere di Jeoghan e l'unico che poteva aiutarmi era Lee Taeyong. «Dove vivi?» domandò serio, le braccia al petto e l'espressione un po' arrabbiata. Alzai le spalle senza guardarlo, voltandomi nella direzione opposta alla sua. «Da un amico che h conosciuto al ristorante dove lavoravo.» risposi. Ancora silenzio per alcuni minuti. Guardai l'orologio e mi accorsi che erano già passati 40 minuti dal coprifuoco sospirando. Dovevo tornare a casa. «Come puoi fidarti di tutti?» chiese e la sua voce risultò tagliente. Mi girai a guardarlo e una nota di fastidio mi attorcigliò lo stomaco. Che gli importava comunque? «Perché mi posso fidare di lui. E mi aiuterà. E adesso devo anche andare, prima che si preoccupi.» dissi alzandomi dalla sedia e facendo per andarmene quando lui mi afferrò il polso e lo strinse forte. «Mi manchi.» sussurrò dietro di me. Una lacrima mi rigò il viso mentre voltavo la testa per guardarlo. «A te manca qualcuno che ti faccia compagnia, non ti manco io.» dissi e mi liberai dalla sua presa. Lo fissai arrabbiata, ma anche in pena. Avrei davvero voluto che le cose tornassero come un tempo, ma ormai non c'era niente da poter fare. «Non è vero. Ti ricordi quando mi hai baciato?» domandò. Sorpresa spalancai gli occhi, ma le sue parole non avrebbero cambiato niente. Io dovevo andare, assicurarmi che Jeoghan stesse bene e poi scappare via da Seoul. «Sì, ed  è stato un errore. Adesso devo andare.» risposi distrutta e andai di nuovo per aprire la porta, ma prima che mi lasciasse andare Taehyung parlò ancora. «Mi manchi davvero. Ma comunque, stai attenta.» e alla fine della frase la sua voce s'incrinò.

||La divisa e la ribelle||Kim Taehyung||🌸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora