Stai tremando

3.2K 148 103
                                    

<<Stai tremando.>>

Fu la prima cosa che lui mi disse e non l'avrei mai più dimenticato.

<<Io...>>

Ero immobile, paralizzata, come potevo tremare?

Ma non ti rendi conto di nulla adesso, Millie. Non sei in te. E come potresti dopotutto?

Lui invece sì, lui era in sé. Nonostante riuscissi a percepire che trasudava rabbia, come un fuoco acceso.

<<Stai tremando>> ripeté avvicinandosi ancora di un passo a me.

<<Lo so, mi dispiace>> risposi, abbassando gli occhi.

E fu in quel momento che mi sorrise per la prima volta. Aprì di fronte a me, in un attimo, un mondo che non avevo mai nemmeno lontanamente sospettato potesse esistere.

Feci un passo indietro anche se non era ciò che volevo, ma lo feci perché ero timida. Cercai i suoi occhi, e a dire il vero non avrei voluto fare nemmeno quello, invece lo feci perché mi fu impossible trattenermi. Così mi resi conto che brillavano di una luce verde come quella dei diamanti che gli avventurieri andavano a cercare nei film che mio padre mi faceva guardare da bambina.

Verdi come pietre preziose. E che luce che emanavano.

<<Ti dispiace?>> domandò lui dimezzando ancora lo spazio che ci divideva <<e per che cosa? Sono io ad essere dispiaciuto per non essere arrivato prima.>>

Io esitai e imbarazzata guardai ancora una volta il mio costume, come per accertarmi che davvero non si fosse rotto. Non avrei retto anche a quell'imbarazzo.

<<Va tutto bene?>> mi chiese, con una voce calda, morbida e che mi sembrò sinceramente preoccupata.

<<Sì>> dissi infine, dopo un silenzio difficile da gestire. Lui annuì e fu in quel momento che lo riuscii a guardare bene davvero.

Era in piedi di fronte a me a torso nudo. Potevo accarezzare con lo sguardo la linea ben definita dei suoi pettorali. Gli addominali erano marcati ma non sembrava il fisico di chi si allena in palestra. Oh, sì, avevo incontrato tanti ragazzi gonfiati da pastiglie e attrezzi a Washington. Lui invece sembrava diverso. Era muscoloso in una maniera che appariva naturale. I lineamenti del suo viso erano dolci, mai troppo marcati. Ed era abbronzato, molto abbronzato.
In due parole, toglieva il fiato.

<<Ti serve un dottore, forse?>> domandò guardandomi negli occhi con un'intensità che mi fece quasi paura.

Perché nessuno, ma proprio nessuno, mi aveva mai guardata così in passato.

<<No, è tutto a posto, credo.>>
<<Sei sicura?>>
Annuii e lanciai un'occhiata al vecchio che giaceva a terra a qualche metro dai noi.
<<Lui avrà bisogno di un medico, credo>> dissi, e entrambi scoppiamo a ridere.

Fu così che ci innamorammo, credo.

Fu in quel momento. Sì, se qualcuno me lo dovesse domandare, risponderei che per me l'amore per lui esplose come una bomba in quel preciso istante.

<<Gli unici che si prenderanno cura di lui saranno gli agenti di polizia>> mi rispose tirando fuori il telefono dalla tasca del costume nero che indossava.

<<Stai chiamando la polizia? Davvero?>>

Sorrise ancora e poi si fermò tenendo il telefono in mano.

<<Li denuncerai, non è vero?>>

Esitai. Non avevo idea di che cosa fare. Anche se in profondità conoscevo quale fosse la giusta decisione da prendere.

<<Sì, li voglio denunciare>>

Perché sarebbe potuto succedere ancora, non è così? Magari a un'altra ragazza uguale a me ma più sfortunata. Una che non avrebbe avuto lui a salvarla.

<<Voglio che questi due pezzi di merda marciscano in galera. Testimonierò contro di loro se servirà.>>

Improvvisamente non ero più spaventata.

Lui mi sorrise e chiamò la polizia.

<<Troveranno anche l'altro, vedrai>> mi disse, mentre aspettava che il centralino ricevesse la telefonata.

Spiegò tutto a chi rispose e dopo qualche istante riattaccò.

<<Tu rischi qualcosa?>> gli chiesi, porgendogli per la prima volta una domanda.

<<Non lo so. Non mi interessa. Ho fatto la cosa giusta. Il resto non ha importanza.>>

Chiamai mio padre, lui fece qualche altra telefonata e poi rimanemmo lì in quel parcheggio ad aspettare l'arrivo della polizia.

Per qualche istante cadde un silenzio strano tra di noi, e il modo in cui lui lo ruppe travolse in un secondo la poca calma che avevo appena ritrovato.

<<Come hanno potuto pensare di farti una cosa del genere>> chiese, come se stesse parlando tra sé. Si avvicinò a me così tanto che riuscivo a sentire il suo respiro. Appoggiò con una delicatezza quasi surreale l'indice della sua mano destra contro la mia guancia.

<<Sei bellissima>> disse, in un sussurro che fece fermare il mio cuore.

Poi una voce femminile interruppe quel momento.

<<Dove diavolo ti eri cacciato?>>

Mi voltai e riconobbi la ragazza che poco prima lo aveva raggiunto sulla spiaggia.

Fu allora che mi resi conto di non conoscere neanche il suo nome.

Una storia d'amore d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora