La casa era sull'estremità più a sud di East Bay, che comprendeva l'intera serie di spiagge più frequentate della costa di Portway e delle località vicine, tra cui quella dove avevo visto Jaydon per la prima volta.
Io e Alicia ci guardammo intorno: era mattina, ancora, neanche le dieci. Avevo dormito da lei e ci eravamo divertite come due matte alle spalle di Gregor. Forse non era stato corretto da parte nostra, certamente. Ma neanche il comportamento di lui con lei lo era stato. Aveva continuato a chiamarla, a citofonare; si era appostato sotto casa ed era rimasto immobile per ore, continuando a mandarle messaggi e di tanto in tanto a gridare cose come "so che sei qui, Alicia!". Lei, stoicamente, aveva ignorato tutto. Non aveva risposto alle telefonate come ai messaggi, né al suono del citofono. L'aveva ignorato del tutto, come se lui non fosse stato lì in quel momento e per tutte quelle ore consecutive. Come due ragazzine, avevamo continuato a ridere alle sue spalle, coperte dal cornicione bianco del tetto della sua casa, e gran parte della notte l'avevamo trascorsa proprio così. Era stato bello condividere anche quei momenti con Alicia.
La mattina seguente, dopo esserci accertate che Gregor fosse andato via, avevamo preso le nostre biciclette e ci eravamo dirette verso il lato più sud di East Bay, dove Alicia mi aveva detto che abitasse Jaydon.<<Sei sicura?>> mi chiese, una volta raggiunta la spiaggia dalla quale si vedeva la sua abitazione.
<<Sì, sono sicura.>>
<<E se fosse lì con sua ragazza? Millie, sono pronta a combattere, se necessario, sia chiaro eh. Te lo sto chiedendo soltanto per capire se forse tu non abbia preso troppo alla lettera il mio discorso di ieri. In fondo...>>
<<No, Alicia. Le tue parole mi sono state di grande aiuto, ma era qualcosa che già esisteva in me, a dire il vero. Mi sentivo come se... mi sento come se fossi stata costretta ad interrompere la visione del film più bello della mia vita senza conoscere la ragione reale. È un po' contorta come...>>
<<No, no, non lo è. Ho capito. Credi che una spiegazione possa farti sentire meglio, non è vero?>>Annuii. Era la verità. Mi sarebbe bastata anche una sola, vera, sincera spiegazione da parte di Jaydon, e allora avrei potuto trascorrere il resto di quell'estate senza sprofondare tra tutte quelle domande senza risposta.
Una sola motivazione reale, e avrei fatto il possibile per lasciarlo andare. Ecco perché ero lì, adesso.
<<E va bene. Mi devi una birra, Mills. Ricordatelo.>>
<<D'accordo. Andiamo, adesso>> risposi. Ero determinata. Ero risoluta. Era come se sentissi una forza pulsare dentro di me e guidarmi alla ricerca di ciò che in quel momento mi serviva.Avevo detto e promesso a me stessa e a mio padre che la questione Jaydon fosse conclusa. Avevo dunque mentito? No. Quella ricerca così intensa di lui, così forte e viva era ciò che mi serviva per mettere davvero la parola fine a tutta quella storia.
Se non lo avessi fatto, se non avessi provato a smuovere qualcosa, forse avrei trascorso il resto del tempo a Portway ( e non solo, probabilmente) a vivere tra i rimpianti.<<Ci siamo>> disse Alicia. Avevamo raggiunto la sua casa, vi eravamo di fronte. Era piccola ed era affacciata direttamente sull'oceano. C'era soltanto un lungo sentiero in legno a dividerla dal punto in cui le onde si andavano a infrangere contro gli scogli. Non era raro in quella zona trovare edifici di quel tipo. Posammo le biciclette a terra, nella sabbia, e ci avvicinammo alla porta d'ingresso. La casa era una piccola costruzione squadrata, su un piano. L'edificio era basso e sembrava anche vecchio, ma non era sgradevole.
Sul campanello c'era scritto soltanto "Rivera".
Poteva significare tutto. Rivera era suo padre, forse? La sua famiglia aveva sempre vissuto in quella casa? O forse Rivera era il cognome della madre di Jaydon? Di certo non aveva a che vedere con Betty, dato che lei si chiamava Cogan di cognome. Poteva essere legato alla famiglia di lei, è vero. Ma in che modo? Ero più convita che quel nome, scritto in corsivo quasi sbiadito su quel vecchio campanello, fosse parte della storia personale legata proprio a Jaydon.
<<Ok, Millie. Sei stata una campionessa di coraggio fino ad ora, e adesso che siamo venute fin qui... mmm.... dimmi, hai intenzione di continuare a contemplare quel campanello ancora a lungo?>>
Alicia mi guardò, sgranò gli occhi e allargò le braccia in segno di esasperazione.
<<Rivera>> sussurrai, <<conosci questo cognome?>>Lei esitò.
<<Non... non ne sono sicura. Forse l'ho già sentito, in passato, ma... beh, se è qu sul suo campanello... sarà il suo, non credi?>>
Annuii. Alicia sapeva che Jaydon abitava in quella casa perché avevano trascorso molte serate insieme, così mi aveva detto, anche durante gli anni precedenti, e qualche volta lei ed altri amici lo avevano accompagnato laggiù prima di rincasare. Una giro sul lungomare era sempre piacevole, dopotutto, anche se erano amici di lei prevalentemente, perché sembrava che lui non fosse proprio il classico ragazzo socievole. Sembrava che non lo fosse proprio mai stato.
<<Dai, suona. Gliene dico quattro e poi torniamo ad abbronzarci il sedere. Sono ancora troppo, troppo tristemente bianca. Come è possibile? Lavoro troppo. Ecco perché. Allora, Millie, pensi di suonare o vuoi che sia io a farlo?>>
Che cosa mi aspettavo? Che cosa avrei trovato oltre quella vecchia porta in legno, che odorava di oceano e sabbia e vento, ed era scalfita dal sole? Non ero pronta, perché sapevo che sarebbe stato un incontro decisivo. Da quel momento -ne ero sicura, era qualcosa che sentivo giù, in profondità, fino alle viscere- sarebbe dipeso il corso dell'intera estate e forse anche della mia vita. Chiusi gli occhi e suonai il campanello.
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Una storia d'amore d'estate
RomanceMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...