La mattina seguente avevo avuto il tempo di fare colazione con mio padre, raccontargli la serata, uscire con lui per accompagnarlo in alcune commissioni -incluso il classico acquisto del quotidiano del mattino- e poi tornare a casa, fare una doccia e rimanere ferma di fronte allo specchio per almeno dieci minuti. Tutto prima delle dieci.
Così, immobile di fronte allo specchio del bagno, incominciai a fare delle prove.
<Ehi, Jaydon. Ciao, Jaydon. Oh, allora sei venuto, eh, Jaydon. Grazie per ieri sera, davvero. Grazie per...>>
Cambiano tonalità di volta in volta ed ero ora più simpatica, ora più dolce, ora più stupida.
Stupida, sì. Ecco la parola corretta. Si può sapere che diavolo stai facendo?
Fu lo squillo del telefono ad allontanarmi da quel delirio. Il mio cuore, impreparato come al solito, aumentò i battiti mentre pensavo che sì, sarebbe potuto essere anche lui.
Corsi nella mia stanza senza vestirmi, senza asciugarmi. Raggiunsi il letto e presi il cellulare. Risposi senza controllare il display, per la fretta.
<<Sì>> dissi, <<pronto?>>
Avrebbe potuto essere Jaydon, era ovvio. Naturalmente, però, non era Jaydon.
<<Oh, buongiorno Giulietta. Sei rimasta a parlare con Romeo affacciata al balcone per tutta la notte?>>
Alicia. Oh, povera me.
<<Ah-ah-ah. Buongiorno anche a te, Alicia. Beh, la serata è stata... carina, non è vero?>>
<<Serata? Quale serata, scusami?>>
<<Uh. Quella di... ieri?>>Camminai lentamente attraverso la stanza e mi avvicinai alla finestra, senza pensare al fatto che fossi completamente nuda.
<<Ah, sì. Vuoi dire quando ho trascorso il tempo con i piedi sul tavolino del Burgers' Tyrant prima dell'arrivo del tuo amato?>>
<<Ecco, beh...>>
<<Ragazza, pensavo che nella grande metropoli di Washington aveste una concezione leggermente diversa di "serata". Ma d'accordo, voglio essere buona e credere che tu abbia trascorso i precedenti diciassette anni studiando letteratura moderna o chissà quale cazzo di analisi matematica. E adesso veniamo a noi. Sei pronta?>>Sospirai profondamente, sorrisi. L'invito a trascorre la giornata alla spiaggia non era sfumato con la notte.
<<A dire il vero dovrei aspettare che mio padre torni da certe...>>
<<Lo chiamerai, tranquilla. Ho sentito dire che è stato inventato di recente un moderno strumento denominato per l'appunto te-le-fo-no e guarda un po', sembra addirittura che grazie a codesto oggetto due persone possano conversare tra loro anche se divise da immensa distanza. Notevole, non è vero?>>Scoppiai a ridere, appoggiando una mano al davanzale della finestra aperta.
<<Va bene, va bene. Dove ci troviamo?>>
<<Vieni davanti casa mia, se ricordi dove abito. Se no davanti al Luna Park. Come preferisci?>>
<<Casa tua andrà bene, Alicia. Sei matta da legare, lo sai, vero?>>
<<Non sei la prima a insinuare una volgarità simile, cara. Ma chiudo un occhio soltanto perché sembra che tu abbia il viso da brava ragazza di città. A tra poco, allora. Vedi di muoverti, eh?>>
<<Va bene>> le risposi.Ero contenta che mi avesse chiamata e anche che ci saremmo riviste di lì a poco. Era bello aver trovato una persona con cui poter condividere qualcosa, anche se non avevo idea di quanto quel rapporto con Alicia sarebbe potuto durare, perché non la conoscevo abbastanza. In realtà, però, non era a lei che stavo pensando, ma a Jaydon. La sola idea che di lì a poco lo avrei visto mi faceva sentire...
Nuda. Nella testa, senza difese. E poi... Oh, santo cielo. Ma lo ero davvero. Ero nuda di fronte alla finestra aperta.
Impiegai mezzo secondo a scorgere giù, in strada, un vecchio fermo con il cane al guinzaglio che aveva incollato lo sguardo al mio corpo.
Millie, come fai ad essere cosi? Pensi talmente tanto alle cose da dimenticare il mondo che hai davanti.
Il vecchio invece non avrebbe dimenticato il mio seno.
Chiusi la finestra con una scatto, mi spostai da lì e mi fiondai verso il letto dove c'era la valigia con accanto i costumi che avevo iniziato a tirare fuori il giorno prima. Ne scelsi uno in due pezzi nero e lo infilai. Poi preparai lo zaino, presi la bicicletta e mi diressi verso casa di Alicia. Il vecchio con il cane era rimasto immobile dove lo avevo lasciato poco prima.
Sorrisi tra me, prendendo velocità, respirando a pieni polmoni l'aria limpida di quel bellissimo giorno d'inizio estate.
Impiegai pochi minuti ad arrivare a destinazione. Lei era già fuori di casa, in sella alla sua bici, e mi stava aspettando.
Era molto più carina di quanto mi fosse sembrata la sera precedente. I suoi occhi neri e grandi brillavano alla luce del sole. Il suo costume bianco e rosso si adattava perfettamente alle forme attraenti del suo corpo. Era davvero sensuale, ed era bella in un modo particolare, non scontato, non banale, non comune.
<<Era ora. Stavo per chiamare la polizia, capisci?>> disse, avvicinandosi a me e baciandomi su una guancia.
Fu carino. Per un attimo mi ricordò Sue, l'unica vera amica che avevo a Washington, perché anche lei lo faceva ogni volta che ci incontravamo. Mi ripromisi che in serata l'avrei chiamata.
<<Ciao, Alicia>> dissi, ricambiando il suo bacio e sorridendole.
Ma manca qualcosa, non è vero? Manca qualcuno. Non avrai pensato di essere tanto fortunata da poter davvero trascorre la giornata sulla spiaggia insieme a lui, eh, Millie?
Era vero, ciò che stavo pensando era vero. Avevo capito che Jaydon sarebbe stato con noi, ma non c'era.
<<Andiamo?>> disse Alicia, guardandomi e forse scorgendo la delusione sul mio viso.
Esitai per un instante, poi annuii, togliendo con il piede il cavalletto che avevo appoggiato a terra. Stavo per partire insieme a lei, quando mi fermai, incapace di fare qualsiasi altra cosa.
<<Aspetta>> le dissi, <<e Jaydon?>>
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Una storia d'amore d'estate
RomanceMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...