Non ti voltare

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<<Avrei dovuto saperlo>> disse lei, passandosi una mano tra i capelli biondi lunghi e un po' ondulati. <<Avrei dovuto saperlo fin dal principio. Non avrei mai dovuto fidarmi di te. Non avevi più parole per me, ed eccoti qui insieme a questa sgualdrina.>>

Si voltò per un istante verso di me e mi demolì con lo sguardo, dopo averlo fatto con la voce.

Io scossi la testa e fui sul punto di risponderle, ma lei mi si avvicinò prima che lui potesse bloccarla e mi fissò con quegli occhi che erano insieme azzurri e gelidi.

<<Ma guardala>> disse, rivolgendosi a lui e avvicinandosi ancora a me <<è ... è una bambina. Quanto mi fai schifo. Dico sul serio. E io che ero tornata a cercarti, nonostante tutto. Nonostante... oh, avevano ragione i miei fratelli. Aveva ragione mio padre. Non vali nulla.>>

<<Betty>> disse lui, mettendosi tra noi due <<stai fraintendendo tutto, come sempre. Non vedi? Non vedi quel vecchio a terra?>>

Lei si voltò e finalmente si accorse del mio aggressore.

<<L'ho salvata. Stavano cercando di violentarla, Carol. Non la conosco neanche.>>

Improvvisamente mi sentii soffocare. L'aria mi sembrò venir meno e le mie mani divennero fredde.

<<Oh, certo. Che eroe, davvero. Sei stato grande. E allora vai a divertiti con la tua nuova troietta, avanti! Vai, stronzo. Perché questo sei. Un rifiuto umano. Mi fai schifo, mi fai schifo!>>

E su quelle parole mi strattonò e poi si voltò verso di lui e lo colpì in viso con uno schiaffo, poi due, poi tanti altri, e scoppiò a piangere.

E io, d'un tratto,  mi sentii di troppo.

Mi accorsi soltanto in quel momento che il cielo si era oscurato. Guardai in alto e vidi che la sera che era ormai calata su di noi si era colorata di nero. Non tanto lontano dal punto in cui ci trovavamo un fulmine tagliò l'aria in due e dopo qualche secondo il tuono esplose.

Mi voltai ancora per un attimo verso il mio salvatore e quella che doveva essere la sua ragazza e li vidi ancora litigare.

<<Non dovevi chiamarla così. Devi scusarti con lei. Non c'entra nulla con noi ed è traumatizzata, riesci a capirlo?>> disse lui e per un istante il mio cuore si riaccese, ma fu un attimo che volò via in fretta.

Perché sapevo che ero io ad essere fuori posto, in quel momento. Lui mi aveva salvata, e che cosa volevo ancora? Quella era la sua ragazza, e probabilmente se fossi stata al suo posto avrei reagito nello stesso modo, trovandolo da solo con una sconosciuta in un parcheggio deserto.

Così smisi di pensare a qualsiasi cosa. Dimenticai la denuncia e tutto il resto. Lanciai un'occhiata per l'ultima volta al vecchio che mi aveva aggredita. Giaceva a terra immobile e di tanto in tanto emanava qualche verso sofferente. Poi mi voltai ancora per un istante verso loro due. Lei era ancora in costume, ed era bella e attraente come mi era sembrata sulla spiaggia, anzi, di più. Molto di più. Arrabbiata, mi faceva male dirlo, sembrava ancora più magnetica.

E dove sarei voluta andare, io?

Raccolsi la mia Mountain Bike e passai accanto a loro in silenzio, mentre la prima goccia di pioggia cadeva silenziosa sul mio viso.

<<Non mi scuso con nessuno! Hai capito? Vai, vai a consolarla, stronzo. Vai da lei. Guarda, se ne sta andando! Mi dispiace, ti ho fatto perdere il momento! Ma avrai modo di rifarti, ne sono...>>
<<Finiscila>> disse lui e poi venne verso di me <<Dove vai?>> mi chiese dopo avermi raggiunta <<Sta per arrivare la polizia e...>>

Ma le parole, già lo sapevo, non sarebbero uscite. Non in quel momento. Era stato tutto troppo. TROPPO, per essere un primo giorno.

<<Devo andare, mi dispiace per la denuncia e la testimonianza. Devo andare, davvero.>>

E così ci guardammo negli occhi un'ultima volta, divisi dalla pioggia che senza avvisarci aveva preso a cadere con insistenza.

<<Come ho potuto regalarti così tanto tempo!>> gridò lei, inferocita. <<Come ho potuto non capire subito. Ti amavo, maledizione. Ti...>>

Lui le rispose qualcosa dopo essersi allontanato da me, ma ciò che disse si perse nell'aria. Non stavo più ascoltando, oramai. Mi ero rimessa le cuffie nelle orecchie, ero montata sul sellino e avevo incominciato a pedalare.

Che stupida, Millie. Che stupida. Ma che cosa credevi? Che fosse l'inizio di una grande storia d'amore, forse? Quella che avevi sognato tanto durante tutti gli anni della scuola? Che stupida e che ingenua. Ringrazia che ti abbia salvato, ritieniti felice così.

Ma non volevo accettare quei pensieri, non volevo. Non riuscivo a credere che i pochi momenti che avevo vissuto accanto a lui, che mi erano sembrati così incredibili, fossero semplicemente finiti. Per sempre.

Terminati. Morti. Sepolti.

Ma devi, Millie. Sei grande abbastanza per accettare la realtà, ormai. Torna da tuo padre, adesso.

Sospirai. Non mi ero accorta che persa tra quei pensieri tristi avevo pedalato lentamente, senza spinta, come trascinata da una piatta forza esterna.

Vidi le luci delle sirene della polizia in lontananza davanti a me.

Quasi senza rendermene conto, fermai la bici e fui sul punto di voltarmi nella direzione opposta, verso di lui.

Non ci contare, Millie, non è come speri. Smettila di illuderti. Sarà con lei, la starà stringendo a sé e allora ti sarai fatta ancora una volta del male. Perché devi essere così masochista? Non farlo.
Non farlo, vattene. Vattene adesso.

E invece lo feci.

Mi voltai e lui, lontano da lei, stava guardando me.

Una storia d'amore d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora