Sul tetto della casa di Alicia, uno di quei tetti grandi, piatti, larghi, bianchi, eravamo distese a fissare il cielo.
Potrebbe sembrare una terrazza, pensai, ma non lo è. Questo è proprio un tetto. E come si vede bene il cielo da qui.
Erano trascorsi sei giorni da quando avevo ricevuto quella telefonata da Jaydon. Dopo, non l'avevo più sentito né incontrato, nemmeno per caso, neanche per sbaglio. Come le nubi che quella sera correvamo a perdifiato dietro al vento, si era dileguato lasciando un grande spazio vuoto tra i miei pensieri.
Quei sei giorni mi erano sembrati eterni, nonostante Alicia mi fosse stata accanto sempre, ogni sera dopo il lavoro. Insieme a mio padre tornavo al Luna Park, lui incontrava Rebecca e tutto insieme rimanevamo a bere qualcosa sotto la grande ruota panoramica.
Al luna park lavorava Alicia e in fondo, anche se probabilmente non sarei mai riuscita ad ammetterlo a me stessa, ogni volta che varcavo quella la soglia, ci credevo. Speravo di rivederlo. L'avevo sperato ogni singola volta, ma inutilmente.
Avrei dovuto essere anche arrabbiata con lui, forse, per come erano andate le cose. Quella telefonata si era conclusa così. Jaydon non mi aveva fornito spiegazioni sulla volontà di non vederci più. Non che ne avessi bisogno, naturalmente. A ben pensarci c'erano più motivi per non frequentarci piuttosto che per farlo. E lui, con un tempismo incredibile, aveva soltanto anticipato ciò che avrei dovuto fare io di lì a poco, come avevo anche detto a mio padre.
Così avevo cercato di venire a patti con quella nuova realtà.
In fondo che cosa sarebbe cambiato nella mia vita?
Nulla.
Jaydon non c'era stato prima e non ci sarebbe stato adesso né dopo.
Ma le sue labbra sulle mie... e il suo battito di cuore contro il mio seno. Quella notte, quel giardino, il profumo dell'oceano che era voltato fino a noi due, seduti insieme nel buio, così vicini, così perfetti, così... sbagliati.
Alicia aveva cercato di consolarmi, anche se avevo provato a nascondere la malinconia che mi portavo dentro. Perché quella telefonata era terminata così.
<<Millie, non possiamo più vederci. Devo andare, adesso.>>
E poi il nulla.
<<Ok>> gli avevo risposto.
Che cos'altro avrei dovuto dire?
<<Avresti dovuto prenderlo a calci nel culo, Millie. È possibile che tu non abbia ancora capito nulla? Voglio dire, nulla di nulla di nulla? Avresti dovuto dirgli "no, grandissimo pezzo di merda. Non è ok. Non è per niente ok. E tu non sei ok. Dove credi di essere? In un film? Una sera ci baciamo e la sera successiva mi chiami e mi dici "Millie, non ci possiamo più vedere? Stai scherzando, non è vero?">> continuò, assumendo una voce da cavernicolo, imitando Jaydon, <<questo avresti dovuto dire. E poi avresti dovuto dirgli che certe cose non si comunicano al telefono. Poteva alzare quelle sue chiappe incandescenti da circo e venire da te, almeno. O forse aveva paura di quella specie di gallina della sua ragazza? Eh? Ah, Millie. Siamo messe male. Molto male. Tra Jaydon e quell'altro imbecille di Gregor... davvero, che cosa abbiamo fatto per meritare tanto?>>
Mi misi a sedere sul pavimento, strinsi le ginocchia tra le braccia e la guardai. Poi sorrisi.
<<Millie>> riprese <<io sono in una situazione pessima. So che dovrei demolire quell'idiota ogni volta. Lo so. Sono troppo gentile con lui, ancora. Ma tu... tu devi tirare fuori i denti, se vuoi il mio parere. Almeno per avere delle risposte. E lo so, bada bene, che forse ciò che è successo è la cosa migliore in assoluto. Ma per qualche istante ho pensato che avreste meritato una possibilità, voi due. E se devo dirla tutta, per come ti ho vista in questi giorni... non lo so. Ti manca la luce, ragazza.>>
La guardai, poi mi voltai nella direzione opposta. Anche dal tetto della casa di Alicia si poteva vedere l'oceano. Era notte e avrei dormito da lei, perché era a casa da sola. Era stato bello trascorre quelle ore insieme e sentivo che le sue parole mi facevano bene.
<<Che cosa vuoi dire?>> le chiesi.
Lei scosse la testa. Si alzò come avevo fatto io.
<<Non lo so, Millie. Forse ti sto soltanto dicendo che dovresti essere un po' più dura. Là fuori è così, sai? Guarda me. Ho dato una possibilità a Gregor, non a Matthew McCaunaghey. A Gregor, cazzo. Gli ho dato una possibilità perché alla fine ho ceduto, e lui mi ha tradita con la mia migliore amica. Adesso non dico che succederà questo ogni volta a chiunque, però è capitato, e ti posso assicurare che potranno capitare anche cose peggiori. Non sempre è giusto arrendersi, però.>>
La guardai ancora e mi persi nel suo sguardo. Era intenso e sembrava ferito, davvero. Ma era anche lo sguardo di una ragazza forte. Una spalla che sapevo sarebbe stata presente durante la tempesta, e questa era una sensazione incredibile sopratutto perché la conoscevo da così poco.
Stavo per risponderle quando un suono improvviso ruppe il silenzio della notte.
Era il citofono della casa di Alicia.
<<Chi diavolo è a quest'o...>>
Non fece in tempo a terminare la frase perché aveva capito di chi si trattasse, naturalmente.
Ci affacciamo con cautela al bordo più estremo del tetto e lo vedemmo.
Gregor, direttamente con un taxi.
<<Che cosa si è messo in testa questa volta?>> sussurrò Alicia. Sgranai gli occhi e allargai le braccia.
<<Shhh>> disse.
Si abbassò e mi fece cenno di fare lo stesso. Obbedii.
<<Non gli rispondi?>> le chiesi, stupita.
Me lo aspettavo da lei, ma forse non così tanto.
<<No. Certo che no. Possibile che tu non abbia capito niente di quello che ho detto finora? Ah, sei un caso perso, Millie.>>
Appoggiammo la testa contro il muro caldo del cornicione della terrazza. Fu un gesto improvviso che facemmo insieme. Quasi come se ci fossimo messe d'accordo; quasi come se stessimo camminando in equilibrio sulla stessa fune, sospese nel vuoto ma l'una accanto all'altra, in una sintonia perfetta.
Scoppiamo a ridere e dovremmo metterci le mani di fronte alla bocca per non farci sentire da Gregor.
Poi, dopo che fummo riuscite a fermarci, divenni seria improvvisamente e tornai a fissare il cielo sopra di noi.
<<Alicia>> chiesi, sottovoce <<dove abita Jaydon?>>
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Una storia d'amore d'estate
Roman d'amourMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...