Bella da fare male

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Ciò che accadde dopo che Jaydon ebbe ricevuto quel messaggio fu veloce, caotico e mi spinse a ripensare sul serio alle parole che Alicia aveva pronunciato quando le avevo parlato di lui la prima volta.

Fu una lunga corsa.

Scendemmo dalla terrazza sulla quale mi aveva condotta stringendo la mia mano, guidandomi perché i miei occhi erano chiusi. Attraversammo il giardino del liceo di Portway, accalcammo ancora una volta il vecchio cancello e poco dopo ci ritrovammo in strada.

<<Jaydon, perché? Che cosa è successo?>>

Non capivo, e quel non sapere stava alimentando un fuoco silenzioso dentro di me.

<<È per via di Betty>> mi rispose. La sua mano era tornata a stringere la mia, e mi sembrava fredda, adesso. La notte che ci avvolgeva si era fatta più scura e l'aria che soffiava dall'oceano era ancora più fresca. Mi guardai intorno mentre continuavano ad attraversare il centro di Portway a passo spedito, quasi correndo.

<<Dove stiamo andando, Jaydon? Fermati, adesso.>>

E lui lo fece. Mi ascoltò, si fermò. Rimase immobile di fronte a me, a guardarmi negli occhi. E quel verde che stavo imparando a conoscere, che brillava nei suoi, sembrava essere ancora lucido, come quando mi aveva raccontato di sua madre.

<<Ci sono tante cose che vorrei dirti, Millie. Ma non posso, adesso. Devo andare. Ti riaccompagno a casa, e poi corro via.>>

Mi guardai ancora una volta intorno. Eravamo a cinque minuti dalla villa che mio padre aveva affittato.

<<Posso tornare da sola, se è per questo.>>

Non avrei voluto rispondergli così, ma ero arrabbiata. Il fuoco era cresciuto e adesso lo sentivo bruciare dentro di me. Dentro il mio petto, nei miei occhi.

<<So che non ci conosciamo nemmeno, Jaydon. Lo so, e non è un mio diritto chiederti che cosa stia succedendo. Ma...>>

Lui fece un passo verso di me, poi un altro. Eravamo affannati perché per un buon tratto avevamo corso quasi senza rendercene conto. Appoggiò l'indice della mano contro le mie labbra, spostò una ciocca di capelli che mi era scivolata di fronte agli occhi e poi scosse la testa.

<<Sei così bella, Millie. Sei bella da fare male. E vorrei sedermi con te, da qualunque parte, e raccontarti ogni cosa. Ma adesso devo andare. E se credi che così non possa funzionare, qualunque cosa sia successa tra di noi, lo capisco.>>

Scossi la testa.

<<Non potrà mai funzionare così, Jaydon. Mai nella vita.>>

Lui si guardò intorno ancora una volta, come se stesse aspettando qualcuno.

<<Andiamo>> disse, <<ti accompagno a casa.>>

Non risposi nulla e lo assecondai, ancora una volta. Cinque minuti dopo eravamo di fronte al cancello della villa.

Ed era successo tutto così in fretta. Era stato tutto così improvviso che ancora non riuscivo a mettere insieme i pezzi di quella serata.

Ci guardammo per un attimo. Jaydon spinse entrambe le mani contro il ferro del cancello e strinse i pugni. Il suo viso sfiorava il mio. Potevo respirare il suo odore, la tensione che si portava dentro.

La frustrazione, forse, o qualcosa di simile.

Il suo telefono suonò ancora una volta.

<<Ci sono, un minuto e sarò lì>> disse lui, poi riagganciò.

<<Devo andare, adesso, Millie. È stata una serata straordinaria. Vorrei che non fosse finita così.>>

Mi morsi il labbro inferiore. Feci un passo indietro, allontanandomi da lui. Lui fece lo stesso. Prima che si voltasse, alzai il braccio destro e lo salutai con la mano. Lui ricambiò, si girò e corse verso la direzione dalla quale eravamo arrivati, scomparendo nella notte. Io mi sedetti sul gradino del marciapiede, con la schiena contro il cancello, e chiusi gli occhi. Espirai, cercando di far scivolare le emozioni di quella serata fuori da me.

Ok, Mills. Per oggi può bastare. Come si dice in quel film che piace tanto a tua madre Katherine, "domani è un altro giorno."

Già, soltanto che non sarei mai riuscita a dormire, con quel vortice di sensazioni incredibili che rimbalzavano tra cuore e testa. Così mi alzai e...

L'attesa davanti al cinema, la passeggiata con lui ad occhi chiusi, il cancello, la vecchia scuola, la scalinata...

...e incominciai a camminare anche io, sola, nella notte...

La terrazza, quella maledetta terrazza, quella straordinaria terrazza. Quel pezzo di cuore che sapevo sarebbe rimasto lassù, con una vista sull'oceano, per chissà quanto tempo...

...camminai per un bel pezzo, incurante di tutto, continuando soltanto a seguire l'istinto, e non era da me, non lo era affatto, eppure... era incredibile e...

E poi le parole di Jaydon sulla propria famiglia, sul proprio passato... ed eravamo stati così vicini che già mi faceva male anche soltanto ripensarci, e poi il messaggio di Betty e... ed io che lo baciavo...

...camminai perché era l'unica cosa che riuscii a fare. Lo cercai tra le strade che sembravano sbucare ovunque attorno a me, ma naturalmente non lo trovai...

Ed era chiaro che fosse scattato qualcosa in me; qualcosa di incontrollabile, ingestibile, innegabile e sconsideratamente travolgente. Qualcosa che azzerava tutto il resto e che in quelle poche ore mi aveva fatto sentire... diversa. Un'adulta.

E...

Sei così bella, Millie.

Sei bella da fare male...

Camminai fino a che, quasi senza rendermene conto, non mi ritrovai nel luogo in cui avevo deciso di andare.

Il Luna Park.

Alicia stava per servire un bambino molto grasso con un enorme batuffolo di zucchero filato rosa.

Non si era ancora accorta di me.

Una storia d'amore d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora