Betty Cogan era rimasta accanto a me ancora per qualche minuto, qualche interminabile minuto, e poi si era allontanata insieme ai due uomini che l'avevano accompagnata. Non era rimasta fino alla fine delle spettacolo di Jaydon e mi chiesi per quale ragione non lo avesse fatto.
La risposta a quella domanda, tuttavia, non era affar mio. Non lo sarebbe stato se avessi scelto di seguire le sue parole. Naturalmente, dentro di me c'era una parte forte, coraggiosa, istintiva, ribelle forse anche, che gridava al mio cervello di non cedere, per nessuna ragione; c'era una parte in profondità a me sconosciute che mi supplicava di non ascoltare quanto mi aveva detto Betty, che gridava disperatamente al mio cuore di non scappare via, di non cedere. Ma...
Mi voltai cercando Alicia e mio padre, e lo trovai entrambi, poco distante da me, qualche fila più indietro adesso, quasi fuori dalla folla.
...ma poi c'era una parte di me che invece mi sussurrava parole diverse. Con un filo di voce, quasi come se avesse paura di farsi notare, mi diceva che Betty aveva ragione - ed io, in cuor mio, sapevo che era quella la verità. Avrei potuto o voluto fare qualunque altra cosa, m Jaydon era il suo ragazzo e io l'avevo baciato. I fatti erano questi. Betty mi aveva minacciato? Difficile dirlo. Era stata ambigua, certamente. E certamente non era stata amichevole nei miei confronti. Ma perché avrebbe dovuto esserlo, dopotutto?
Mi voltai nella direzione opposta, ancora una volta. Corsi con gli occhi oltre tutta la folla di gente in delirio, oltre quegli uomini adulti e sudati e tatuati e pieni di birra e chissà che altro che incitavano Jaydon, che gridavano come dei forsennati. Trovai con lo sguardo la strada illuminata dalle mille lanterne che all'andata ci avevano indicato il percorso e all'improvviso ebbi voglia di fuggire via, fuggire da lì e da tutta quella situazione.
Sì, forse lo avrei fatto.
Avrei anche dimenticato Jaydon, perché sarebbe stato giusto così.
Sentii ancora il rumore forte, quasi violento, quasi fastidioso delle ruote della sua moto che si rincorrevano su e giù, avanti e indietro, saltando le botole e poi attraversando il fuoco. Mi girai di nuovo e misi meglio a fuoco Alicia e mio padre.
Entrambi ora erano usciti dalla folla e si erano appartati sulla strada sabbiosa che circondava l'area.
Lei stava... stava parlando con Gregor. Mentre mio padre si era seduto su un piccolo muretto poco distante da loro accanto a Rebecca, che teneva per mano la piccola Jewel.
Sorrisi. In fondo, sembrava che tutti stessero bene. Per quanto riguardava me, avrei trovato la mia strada. Non accettavo il comportamento di Betty nei miei confronti eppure non riuscivo nemmeno a darle torto. Ci provavo, mi sforzavo, mettevo tutta me stessa nella frenetica ricerca di una ragione, una sola, che potesse servirmi a farmi tornare sui miei passi nei confronti di lui, eppure ancora non vi riuscivo. Nulla.
Se fossi stata in lei, mi sarei comportata nello stesso modo. Forse non sarei andata via prima della fine dello spettacolo, ma chi ero per cercare di giudicarla?
Così presi la mia decisione. Mi voltai ancora una volta verso Jaydon. Il tempo necessario a far inciampare gli occhi su un altro paio di salti atroci, e poi, finalmente, mi girai verso la folla, pronta ad andarmene da lì e da lui.
Con la tristezza nel cuore, giù, in profondità, ma sapendo di fare la cosa giusta.
Un passo, due passi, tre.
Quattro, cinque. La spalla sudata di qualcuno contro la mia bocca. Un gomito, una schiena, una maglietta che sfiorava il mio abito leggero. Un collo, una spalla ancora. Dieci, undici, dodici passi. Alicia e Gregor, ancora persi tra le loro parole. Venti passi, forse meno, forse più.
E poi i pensieri si accavallarono, si incrociarono, si inseguirono e mi presero alla sprovvista, obbligandomi a fermarmi.
E così fu. Mi fermai, mi voltai e tornai indietro. Attraversai in direzione opposta lo stesso spazio stretto e affollato che avevo appena percorso e quasi senza rendermene conto mi ritrovai di nuovo lì, in prima fila, di fronte a lui.
Mentre Alicia continuava a dividere quel tempo con Gregor e mio padre con Rebecca. Mentre Betty continuava a non esserci e il mio cuore a correre ancora più in fretta, ancora più in bilico, ancora più pericolosamente.
Mi fermai, chiusi gli occhi, trattenni il fiato, lo riaprii, strinsi i pugni contro le transenne.
Lo spettacolo era terminato senza che quasi me ne fossi accorta.
Jaydon era sceso dalla moto. Aveva alzato le braccia verso la folla.
Trattenni il fiato ancora una volta.
Lui fece un passo, poi un altro, poi ancora uno e alla fine raggiunse le transenne.
Vattene, Millie. Adesso. Vattene perché dopo...
Alzai gli occhi. Jaydon fece lo stesso e ritrovarsi fu come scoprire le stelle all'improvviso per la prima volta.
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Una storia d'amore d'estate
RomantizmMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...