Non rispose nessuno.
Era qualcosa che mi sarei aspettata.
Le onde si infrangevano una dopo l'altra alle nostre spalle, mentre sentivo dal profondo del cuore una sorta di ansia crescere e farsi sempre più grande, come se si dilagasse dal centro ad ogni angolo più estremo di me.
Anche questo era previsto.
Suonammo una seconda volta, e ancora non ricevemmo risposta. Guardai Alicia e lei allargò le braccia e scosse la testa senza dire nulla.
Così feci il giro della casa. C'erano delle finestre ai lati ma erano in legno, serrate dall'interno. Stavo per perdere le speranze e un'eco cominciava a sussurrare dentro di me che forse essere arrivate fin lì non era stata una grande idea, quando...
Una finestra è aperta. Dall'interno. Ma se Jaydon non è in casa perché dovrebbe importarmi? Dovrei voltarmi, rimontare sulla bici e andare via, a prendere il sole da qualche parte insieme ad Alicia.
Non lo feci, naturalmente. Infilai il mio braccio sottile oltre lo sportello in legno e dall'interno ruotai la maniglia della finestra.
<<Mills, che diavolo ti salta in mente? Sei impazzita?>>
<<Non lo so. Ho bisogno di scoprire qualcosa, Alicia. Qualunque cosa.>>Lei scosse la testa, interdetta.
<<Ma qui si tratta di...>>
<<Non eri tu quella coraggiosa?>> ribattei, sorridendo.Lei spalancò occhi e bocca e scosse ancora la testa.
<<E va bene. Andiamo>> disse.
<<No, dovresti aspettarmi qui. Nel caso in cui lui...>>
<<Ho capito. Devo fare il palo. È bello essere tua amica, Mills. Molto, molto figo. Grazie.>>
<<Ti offrirò una decina di birre>> risposi, scavalcando la finestra.
<<Fai in fretta. Per favore. Per favore. Per...>>Non la stavo più ascoltando. Mi ritrovai avvolta da un'oscurità improvvisa anche se era mattina. Dalle finestre chiuse filtravano soltanto pochi raggi di sole, e non bastavano a illuminare quell'ambiente per me sconosciuto.
Accesi una luce da un interruttore e mi resi conto di essere sbucata nel soggiorno.
E non c'era nulla che potesse far pensare a un ambiente famigliare. Era tutto così scarno, così... ma trascurato, forse.
Un tavolo, un paio di sedie, un divano che doveva aver vissuto tempi migliori. Nessun quadro alle pareti, nessuna fotografia. Non era sporco, però. Sembrava soltanto... non vissuto.
Attraversai il corridoio che doveva condurre alla camera da letto e quando la trovai entrai.Mi sedetti sul letto matrimoniale. Mi guardai intorno. A differenza del soggiorno, lì c'erano fotografie appese alle pareti, ed erano tutte di Jaydon piccolo e... sua madre.
Mi alzai per osservarle più da vicino.Lui e lei sulla spiaggia in riva all'oceano in una giornata di sole. Lei era una donna... no, una ragazza... bellissima. I capelli neri le scivolavano oltre le spalle, sulle braccia abbronzate. Gli occhi erano verdi come quelli di Jaydon, erano identici ai suoi. Sorrideva, anche se c'era qualcosa di lontano, di perduto in quello sguardo. Forse mancava la limpidezza dei giorni estivi di una famiglia unita; o forse erano i fantasmi della droga che si affacciavano su quella sua giornata come su tutte le altre. Su quella fotografia, su quella storia che non avrebbe avuto un lieto fine.
Jaydon sorrideva e le stringeva la mano, e nonostante fosse soltanto in bambino c'era qualcosa che traspariva anche dal suo sguardo. Poteva essere la sensazione di un cerchio non chiuso, di un puzzle con un tassello fuori posto. Poteva essere il resoconto di un'infanzia spensierata soltanto a giorni alterni- ad essere fortunati- che avrebbe inevitabilmente condizionato il futuro di ciò che restava di quella famiglia.
C'era un'altra immagine, appesa al muro accanto a quella. Era Jaydon sempre insieme alla madre, ma lui era più piccolo. Aveva forse tre anni, quattro. Lei lo teneva in braccio e lui le appoggiava la mano sopra il seno, sotto il collo. Lei rideva e lui invece era incredibilmente serio. Ma negli occhi della madre questa volta non c'era ombra di tristezza. Tutta la sua attenzione era rivolta verso Jaydon.
Sono sicura che tu sia stata una madre forte e straordinaria. Ne sono certa, davvero. Negli occhi di Jaydon è rimasta quella luce incredibile, se per caso te lo stai domandando, ovunque tu sia.
Lasciai scivolare lentamente l'indice della mia mano sull'immagine e provai un'emozione strana, triste e dolce al tempo stesso.
Ce n'erano altre sulla parete, mentre non trovai nulla che parlasse di suo padre.
Tornai a sedermi sul letto e mi sdrai per un istante, appoggiando la testa sul cuscino e ritrovandomi con gli occhi sul soffitto, a pensare a quanto dovesse essere stata difficile la vita di Jaydon. A quanto fosse stata e fosse ancora diversa e lontana dalla mia. Anni luce. Secoli. Ma più ogni segnale mi indicava di prendere la direzione opposta alla sua, più il mio istinto mi supplicava di fare il contrario.
Quasi senza rendermene conto appoggia la mano sul comodino accanto al letto. Scesi fino al cassetto e lo aprii.
Ok, Millie, smettila adesso. È troppo.
Mi alzai e guardai all'interno. Non c'era nulla. Lo richiusi, mi alzai dal letto e mi preparai a lasciare la casa. Non avevo trovato a Jaydon e non averlo scoperto nulla su di lui, se non ciò che in fondo lui stesso mi aveva raccontato la sera che avevamo trascorso insieme. Ricordi tristi, ricordi difficili da raccontare. Ecco perché dovevo essere contenta per aver potuto ascoltare quelle parole da lui. Ecco perché cercare di restargli lontano mi sembrava ancora più difficile, ancora più triste.
Ero quasi fuori dalla stanza quando dopo aver lanciato un'ultima occhiata alle fotografie appese alle pareti mi accorsi di qualcosa. Quella che aveva sfiorato con l'indice sembrava... storta. Ero stata io?
Tornai dentro e mi riavvicinai all'immagine per raddrizzarla. La mossi verso l'alto fino a che i due lati esterni non furono perfetti, ma nel farlo la alzai troppo e fu in quel momento che mi resi conto che c'era qualcosa di strano nel muro.
Spostai la fotografia, prendendola in mano.
<<Millie!>> gridò Alicia in quell'istante da fuori, facendomi sobbalzare.
Non potevo fermarmi, però. Non vi sarei mai riuscita, non in quel momento.
Dietro l'immagine era nascosto un piccolo sportello.
Sarà chiuso, pensai. Provai lo stesso ad aprirlo e... si aprì.
<<Millie, sta arrivando! E c'è anche Betty!>>
Chiusi gli occhi per una frazione di secondo. Poi li riaprii e quando lo feci vidi che cosa c'era all'interno di quella rientranza nascosta.
Una serie di articoli di giornale, la cui carta sembrava vecchia, ingiallita. Non erano dei nostri giorni e dovevano per forza provenire da qualche archivio.
<<Millie, maledizione!>>
Ne presi uno, il primo che trovai, e mi apprestai a richiudere tutto. Nel farlo però mi resi conto che da sotto i giornali spuntava qualcosa.
<<Millie! Non c'è più tempo, Millie!>>
Alzai la carta e alla fine, nascosta da tutta la massa di fogli, la vidi.
<<Millie!>>
Era una pistola.
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Una storia d'amore d'estate
RomanceMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...