Avremmo dovuto scavalcare il cancello.
Oh già. Per la prima... sì, per la prima volta nella mia vita mi ritrovai di fronte a un vero cancello da scavalcare.
Uno di quelli alti, uno di quelli difficili da oltrepassare. Ma Jaydon era lì, accanto a me, con la sua camicia scura e i suoi jeans chiari, un po' strappati all'altezza delle ginocchia, e i suoi capelli spettinati che gli scivolavano di fronte agli occhi, e il suo profumo che mi esplodeva nel cervello. Quel profumo. Oh, quel profumo era... il profumo dell'estate.<<Comincio io, poi appena sono dall'altro lato ti prendo.>>
Eh? Ti prendo? No no no no, calma. Che cosa dovresti prendere, eh?
<<Uh, ah. Certo, bene>> risposi, sgranando gli occhi.
Nulla va bene, ma va bene.
Così Jaydon lo fece. Si sollevò con le braccia quanto bastava per raggiungere la parte più alta del cancello e poi, con un unico movimento rapido, la scavalcò. Si lasciò cadere dall'altro lato e poi appoggiò le mani contro le sbarre, come per cercare le mie.
Oh caspita. Quanto sarà alto? Tre metri? Quattro?
<<D'accordo, Millie. Adesso guardami. Il tuo piede... qui, appoggialo qui>> disse, infilando le mani oltre le grate offrendomi un appiglio.
È come uno scalino, Mills. Non è difficile, suvvia.
<<Bene. Sì, bene. Così?>>
Appoggiai il piede sulle sue mani ma dopo un istante lo lasciai scivolare a terra.
Era ovvio. Ottimo inizio, ottimo inizio.
<<No, devi fare forza. Spingi contro la mia mano con il piede, e una volta che sei in equilibrio appoggi anche l'altro. Ti terrò, non cadrai.>>
<<Bene, bene. Allora, dunque. Prima il piede sinistro, ecco. Così?>>
<<Sì, brava Millie, brava. Così. Piano, cosi.>>La sua voce mi tranquillizzava. Era bello sentirlo, anche se mi sembrava di essere nettamente poco atletica in quel momento.
<<Grandioso, ci sei>> disse, con un sorriso.
<<E se dovesse vederci qualcuno?>> chiesi, con un po' di preoccupazione.
<<Non succederà.>>
<<Sì, ma se...>>
<<Non succederà>> ripetè con decisione Jaydon. Chiusi gli occhi, appoggiai l'altro piede e feci forza sulle gambe. Mi aiutai con le braccia e i pugno stretti contro le sbarre di ferro, e l'attimo seguente mi ritrovai in cima al cancello. Lo scavalcai e poi...Guardai giù. Ma perché? Sarebbe stato un bene non farlo. Guardare le stelle, magari, e perché no? Le stelle, il cielo, la luna, quelle cose lì...
<<Lasciati andare, Millie. Sono qui per te.>>
Lo guardai. Ero davvero in alto.
E se mi fissi rotta una gamba? O un braccio? O entrambe le gambe? E se...
<<Millie. Finiscila di chiederti se ti romperai una gamba. Ogni tuo istante di esitazione è un istante che togli a una delle viste più belle dell'universo.>>
Così lo feci. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare. E per una frazione incredibile di secondo fu proprio come volare.
E poi lui mi prese al volo, tra le sue braccia.
Non lo spostai nemmeno. E il mio corpo, attaccato al suo, vibrava. Era qualcosa che andava oltre la concezione dell'emozione che la vita che avevo vissuto fino a quel giorno mi aveva permesso di conoscere. Tra le sue braccia, anche se soltanto per qualche secondo, mi sentii improvvisamente a casa.
E cos'è che dicono?
Casa è dove è il cuore.
<<Resta così, con gli occhi chiusi>> mi sussurrò lui mentre mi aiutava a rialzarmi.
<<Come?>> gli chiesi, con la voce che mi tremava.
<<Così, non aprirli.>>Obbedii.
Perché era ciò che sentivo di voler fare.
Sentii la sua mano che si stringeva intorno alla mia.
Incominciò a camminare ed io, guidata da lui, feci lo stesso.
Che buon profumo che ha l'aria, stanotte. Arriva così forte l'odore dell'oceano, quaggiù. E questo fruscio di piante e fiori tutto intorno è incredibile.
<<Dove stiamo andando? Sono curiosa. Mi piacerà?>>
<<Io credo di sì. A me piace.>>Mi venne da sorridere. Era strano eppure... tutto ciò che lui diceva, e il modo in cui lo diceva... era come avrei voluto che fosse. Rendeva tutto facile. Mi faceva una paura incredibile.
Continuammo a camminare per qualche minuto ancora coi, mano nella mano, al buio.
<<Non hai aperto gli occhi, vero? Se cerchi di imbrogliarmi...>>
<<No, non l'ho fatto. E non lo vorrei fare.>>Esitai, felice di aver pronunciato quelle parole.
<<Anzi, lo vorrei fare. Lo vorrei fare tantissimo.>>
Non potevo vederlo ma ero certa che stesse sorridendo.
Riuscivo a sentirlo.
<<Bene, ci siamo. Adesso si sale.>>
<<Eh?>> chiesi, stupita.
<<Soltanto qualche scalino, non ti preoccupare. Non ti farò cadere.>>
<<Se succederà, ti dovrò uccidere. Capisci. Jaydon?>>Rise.
È bello sentirti... è bello sentirti ridere. Non smettere, ti prego.
E senza che me ne accorgessi, incominciamo a salire degli scalini. Non pochi come avevo pensato. E più salivamo, più l'aria intorno a noi sembrava profumata.
Uno, due, tre, dieci, venti, trenta...
<<Sono finiti. Adesso...>>
Jaydon smise di parlare. Strinse più forte la mia mano e mi accompagnò ancora per qualche passo.
<<Ci siamo, Millie. Sei pronta?>>
Trassi un respiro profondo.
<<Sì. Sono pronta.>>
Ed era una bugia, non ero pronta, non lo ero affatto. Ma avrei dato qualsiasi cosa per non sentirmi pronta in quel modo per il resto della vita.
<<Apri gli occhi, allora.>>
STAI LEGGENDO
Una storia d'amore d'estate
RomanceMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...