Fuori controllo

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Non ero mai stata su una moto prima di quella notte. Abbracciata a lui, seduta dietro, sentivo il vento ancora bagnato di pioggia che si infrangeva contro la visiera del mio casco. Stringevo forte il corpo di Jaydon perché l'adrenalina correva a mille, insieme all'asfalto che stavamo bruciando sotto di noi.

Non avevo idea di dove saremmo andati, e a dire il vero stavo ancora pensando al motivo per cui Jaydon si fosse fermato poco prima, in cucina. Questa volta aveva fatto quasi tutto lui. E allora perché...?
Forse era davvero innamorato di Betty, e quel semplice pensiero mi fece sentire improvvisamente colpevole. Non avevo alcun diritto di correre a casa sua nel cuore della notte. Eppure l'avevo fatto, e non riuscivo a pentirmi per quella scelta.
Forse non gli piacevo abbastanza, o forse non...

<<Guarda>> disse lui, interrompendo quel flusso inutile di pensieri.

L'oceano ci correva accanto. Era buio ma anche così potevo intuirne l'immensità. E andava bene, come il mio mondo in quel momento. Stavo correndo controcorrente eppure mi sentivo nel posto giusto, insieme alla persona giusta.

E che sensazione che era! Il rumore della moto che correva nell'oscurità azzerava tutto il resto. Il corpo di Jaydon stretto tra le mie braccia mi faceva sentire sicura, tranquilla ed eccitata al tempo stesso.

Ci fermammo dopo una decina di minuti forse, o forse di più. Non riuscivo ad avere una percezione reale del tempo in quel momento.
Potevo soltanto inseguire i battiti frenetici del mio cuore, scanditi dai miei respiri.

Ci fermammo in quella che sembrava essere una piccola insenatura affacciata sull'oceano.

Jaydon si tolse il casco e poi slacciò il mio con un gesto delicato, premuroso.

<<Ti piace?>> mi chiese, tornando a guardare l'orizzonte buio di fronte a noi.
<<È bellissimo>> risposi, in un sussurro.

E lo era davvero. La parte di oceano che si stagliava di fronte a noi era chiusa sui lati da due lunghe insenature scogliose.
Sembrava una piccola oasi nascosta dal resto del mondo.

Jaydon scese dalla moto e poi mi aiutò a fare lo stesso. Strinse la mia mano nella sua e insieme ci incamminammo verso la spiaggia.

Era deserta, silenziosa, straordinaria. Il temporale si era esaurito, la sabbia era umida ma non mi importava. Ci sedemmo a ridosso di una piccola duna, con il rumore delle onde che si infrangevano a pochi passi da noi.

Non dicemmo nulla.

Le nostre mani erano ancora l'una nell'altra.

All'improvviso, in quel silenzio nuovo, condiviso con lui, scoprii una vita che non avevo mai nemmeno immaginato potesse esistere ed essere così.

C'erano tante cose che avrei voluto chiedergli in quel momento, ma non lo feci perché mi rendevo conto che tutto, proprio tutto, era perfetto così com'era. Percepivo che non c'era bisogno di parole, o di spiegazioni, o di domande, di risposte, di arrabbiature, di finto orgoglio, di rancore o di altro: sentivo che ciò che stava succedendo tra noi era chimica, non amore. Forse era qualcosa di ancora più forte, di ancora più grande e primordiale. Era la consapevolezza che insieme potevamo stare bene anche senza dover dire una parola. Ci portavamo dentro ognuno le proprie storie, le proprie amarezze o le proprie ragioni per essere felici o infelici; ma alla fine il filo incredibile che ci univa si riduceva a quel silenzio condiviso di fronte alle onde che si inseguivano come i minuti e i secondi che stavamo rubando alla notte.

Jaydon si avvicinò di più a me, al mio corpo. Ci voltammo l'uno verso l'altra nello stesso momento e senza dire nulla ci baciammo di nuovo, per la terza volta da quando ci eravamo conosciuti.

Le nostre dita si intrecciarono ancora, poi presi il suo viso tra le mani mentre lui prendeva il mio. Eravamo entrambi in ginocchio sulla sabbia ancora umida, ci muovevamo con foga, cercando di tenere sotto controllo una voglia incredibile. Ma era già fuori controllo... Sentivo che era quella che provava lui e sapevo che era quella che provavo io. Senza che me ne fossi resa conto aveva continuato a crescere in me nel corso di quella sera, fino ad arrivare dove era arrivata ora.

Al limite.

Jaydon scivolò con le labbra sul mio collo e incominciò a baciarlo lentamente e intensamente, torturandomi. Si fermava, poi ricominciava, poi si fermava ancora e ancora ricominciava. Io respiravo a scatti, un sospiro dopo l'altro, perché non riuscivo a pensare a nulla se non a quanto in quel momento lo desiderassi. Lasciai scivolare le mie mani sul suo torace, appoggiandole sui suoi pettorali. Poi scesi fino alla vita mentre lui faceva lo stesso con me.

Ci guardammo, rossi in viso, già accaldati; riprendemmo a baciarci e intanto io gli sfilai la maglietta mentre lui sfilava la mia. Le gettammo sulla sabbia.

E le mie mani si fermarono ancora contro il suo petto mentre le sue si posavano sul mio seno, per poi scendere ancora, più giù.

Poi...

Una storia d'amore d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora