Tic. Tac.
Tic. Tac.
Tic. Ti...
Il silenzio, disturbato soltanto dal suono dell'orologio appeso da qualche parte poco distante da noi, venne rotto dall'incedere del rumore di passi alle mie spalle. Il fratello di Betty, immobile di fronte a me, aveva cambiato espressione. Il suo volto era diventato una maschera quasi pallida, quasi colma di sorpresa.
Guardai Jaydon e mi accorsi che anche lui sembrava stupito da ciò che stava succedendo.
<<Sei sempre stato il figlio più impulsivo, Ashton. Fin da quando eri un bambino.>>
Un volto e un corpo, finalmente, si frapposero tra me e il mio aggressore. Era una persona quasi anziana ma che sembrava ancora in ottima forma per l'età che doveva avere.
Il padre di Betty.
Harold Cogan.
Chi altri?
Ci siamo. È la fine, allora. Ed è arrivata così in fretta.
Come immaginavi la fine, Mills? Cosi? In un garage freddo e umido, tu e il tuo amore per Jaydon, ad appena diciotto anni? Oh, Mills.
E la voce di mia madre Katherine risuonò inattesa e improvvisa nelle mie orecchie.
<<Al diavolo tutto. Non è più così che devono andare le cose. Non c'è più nulla, e non ci potrà essere più nulla MAI!>>
Aveva gridato, ed era quella la novità. Mia madre non gridava mai. Ma quella volta, dopo che mio padre era tornato a casa per l'ennesima volta ad un orario assurdo, era esplosa. Una volta sola, con una foga devastante. Ed io, in silenzio, mi ero resa conto in quell'istante che anche la mia vita sarebbe cambiata per sempre. E in quel garage, a un passo dal baratro in cui stavo per cadere, la voce di mia madre esplose nella mia testa, e provai una fortissima voglia di rivederla, di riabbracciarla. Di restituirle magari parte della rabbia che inconsapevolmente avevo lasciato si accumulasse anche in me durante tutti quei giorni... ma almeno l'avrei rivista, l'avrei sentita vicino ancora una volta.
Il cuore mi batteva forte nel petto. Jaydon, legato alla sedia caduta, era disteso a terra su un fianco e i suoi occhi erano colmi di terrore. Sapevo - ne ero certa- che la paura che lo stava divorando non era per se stesso ma per me.
Cazzo, Jay. Alicia direbbe così. È tardi adesso. Perché...
<<Perché tu, Ashton, non hai mai voluto imparare ad usare per prima cosa questa>> disse il padre di Betty avvicinandosi al figlio e puntando l'indice della grossa mano contro la sua fronte. I due, l'uno davanti all'altro, rimasero in silenzio per un attimo che mi sembrò eterno a fissarsi.
<<Papà>> disse Ashton.
<<Shh. Non parlare, figliolo. Non devi parlare, è chiaro?>>
<<Ma, papà, tu non hai visto che cosa...>>
<<HO DETTO CHE NON DEVI PARLARE!>> gridò all'improvviso Harold Cogan. Poi si voltò, indicò Jaydon e tornò ad osservare con occhi colmi di rimprovero il figlio.<<Tiralo su. Togli la benda dalla sua bocca. Voglio parlare con lui.>>
Ashton, ancora scosso per l'urlo di poco prima, obbedì in silenzio. Intanto, il vecchio mosse alcuni passi verso di me.
Mi guardò senza dire nulla. Vide le mie mani legate dietro la schiena e le lacrime che erano scivolate lungo il mio viso.
<<Ashton>> riprese a dire, senza smettere di guardarmi <<vieni qui.>>
Jaydon era tornato ad essere seduto sulla sedia. La benda era stata tolta dalla sua bocca ma lui, comunque, non disse nulla. Mi guardò, esitando.
<<Ashton, adesso tu libererai questa ragazza. È chiaro?>>
<<Papà, lascia almeno che ti...>>Non fece in tempo a terminare la frase. Un ceffone lo colpì in pieno viso riecheggiando nel silenzio del garage e facendolo cadere a terra. Harold Cogan aveva colpito il proprio figlio con una violenza inaudita. Non sapevo se avere ancora più paura o sentirmi più sollevata.
<<Hai portato qui una ragazza innocente, razza di imbecille! Che cosa pensavi di fare, eh? DOPO TUTTO QUESTI ANNI! Ancora non hai capito nulla. Ancora non sei CRESCIUTO, MALEDIZIONE!>>>
Ashotn, da terra, lo guardava sconvolto e colmo di rabbia.
<<Papà, ha ridotto Waynard in fin di vita! Waynard, capisci! Tuo figlio! Mio fratello! E tu...?>>
<<È stata lei, Ashton? Non credo proprio. Devi tacere, dannazione! Quando imparerai qualcosa dalla vita? Quando?>>
<<Non hai mai capito nulla, papà!>> gridò Ashton disperato, da terra. <<Ero tuo figlio, lo sono ancora! E per anni hai messo questo pezzo di merda qui davanti a me! Perché l'hai fatto? Perché? Deve MORIRE, è questo che merita. E anche dopo ciò che ha fatto a mio fratello, lui...>>Ma Harold Cogan non sembrava più interessato alle parole del figlio. Fece schioccare due dita con un movimento rapido, alzando la mano a mezz'aria. D'un tratto, due uomini di colore alti e muscolosi comparvero nel garage e si avvicinarono a noi.
<<Sollevatelo>> ordinò, indicando il figlio, e loro eseguirono.
Lo tenevano per le braccia, sotto le ascelle. Gli occhi di Ashton sembravano bruciare per la rabbia e per... l'invidia, forse? Sembrava invidia, sì.
<<Papà, Waynard...>>
<<Sta bene. Tuo fratello, come te, non è in grado di portare sulle spalle il peso che fa parte di questa famiglia da sempre.>>
<<Che cosa vuoi dire?>>
<<Siete fuori. Tutti e due. Per sempre. D'ora in avanti dovrete trovare la vostra strada, e guadagnarvi da vivere da soli, e rigando diritto. Vi farò controllare. Giorno e notte. Fosse anche l'ultima cosa che faccio. Devo rimediare anche io ai miei errori, e soltanto il signore sa quanti ne ho commessi.>>
Ashton Cogan lo guardò un'ultima volta negli occhi.
<<Non osare fare qualcosa di...>>
Un altro ceffone, ancora più violento del primo, lo colpì in pieno volto.
<<NON OSARE TU, MEZZO UOMO SENZA SPINA DORSALE, TU CHE PICCHI UNA DONNA, UNA RAGAZZINA, non OSARE DIRMI CHE COSA DEVO O NON DEVO FARE! È chiaro?>> Poi lo colpì ancora una volta, e un'altra, e un'altra ancora.<<Dategli una lezione, poi portatelo all'automobile. Vi raggiungo tra un momento>> disse Harold ai due uomini di colore. Loro eseguirono. Afferrarono Ashton e lo trascinarono fuori dalla porta dalla quale erano entrati.
Ciò che venne dopo fu rumore atroce di colpi e grida straziate di Ashton.
Harold Cogan scosse la testa lentamente e si avvicinò a me.
<<Adesso veniamo a noi>> disse, <<facciamola finita.>>
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Una storia d'amore d'estate
RomanceMillie ha diciotto anni. È l'estate dopo il diploma: quella in cui si diventa grandi, dicono. Quella in cui si dovrebbe pensare soltanto a divertirsi, un attimo prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti. Ma per lei, che ha dovuto assi...