Due mondi opposti e incompatibili

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Le luci si spensero e Jaydon, un passo dopo l'altro, salì sulla moto. Non era una moto normale, era più una moto... da cross, per il poco che ne capivo. Era simile a quelle che si vedono nei programmi sugli sport estremi. Sottile, con ruote grandi, larghe.

Faceva una paura d'inferno soltanto a guardarla.

Camminai ancora, e ancora più velocemente attraverso la folla che avevo di fronte, mentre mio padre e Alicia, stupiti e spiazzati da quel mio comportamento, cercavano di restare dietro di me.

<<Millie hai per caso deciso di farci suicidare tutti e tre, in massa?>> disse Alicia, alzando la voce in modo che potessi sentirla. E la sentivo, certo, ma non riuscivo a fermarmi a pensare alle sue parole. Era come se fossi guidata da una forte luce interna che viveva e vibrava senza coscienza, spingendomi ad affidarmi esclusivamente all'istinto.

È pericoloso così. Forse non lo sai ancora, forse ancora non te ne sei resa conto. Ma è pericoloso, Millie.

Avevo imparato a convivere anche con quella parte di coscienza; avevo imparato a seguire quelle voci oppure a ignorarle. Era facile, o almeno così mi era sembrato fino a quel momento.

Quando il motore della moto sulla quale Jaydon era salito si accese, lasciando esplodere nell'aria un rombo così forte da oscurare tutto il resto, per la prima volta nella vita mi resi conto di essere davvero spaventata.

Ed era una paura ancora più infida di quella che avevo provato soltanto poco tempo prima, quando sulla spiaggia avevo rischiato di venire violentata. Era una paura che mi scuoteva lo stomaco e il cervello perché stava accadendo tutto davanti a me. E perché riguardava lui.

<<Mills! Si può sapere che cosa stai facendo?>> gridò mio padre dopo avermi raggiunta insieme ad Alicia. Senza che me ne fossi resa conto, eravamo arrivati davanti alle transenne, in prima fila. Mi voltai a sinistra e vidi Betty a poca distanza da noi. Ci separavano una ventina di altre persone. I suoi occhi erano incollati a Jaydon, che aveva incominciato a far scaldare il motore della moto.

<<Vorrei assistere allo spettacolo, papà>> dissi, fissandolo dritto negli occhi.

Ero certa che, in un certo senso, e pur non conoscendo la vera natura che si celava dietro il mio interesse, mio padre avesse capito quanto quel momento fosse importante per me.

<<Va bene, allora vediamo un po' che cosa...>>
<<Millie, ma sei sicura di sentirti bene>> chiese Alicia, <<perché davvero era l'ultima cosa che...>>

Jaydon sollevò il casco e se lo infilò, e Alicia lo riconobbe e smise di parlare all'istante. Divenne improvvisamente bianca in viso.

<<Alicia...>> sussurrai.

Mi guardò e capì ciò che stavo pensando. Era sorpresa tanto quanto me, e aveva paura probabilmente quanto me. Jaydon era cresciuto insieme a lei, dopotutto.

Mio padre ci osservò e poi guardò Jaydon.

Aveva capito, non c'erano dubbi. Aveva capito eppure non aveva detto ancora nulla.

Intorno a noi, d'un tratto, nelle zone libere oltre le transenne, comparve come per magia un prolungamento a ferro di cavallo di quello che era il palco, e lo trasformò così quasi in una sorta di pista. Ovunque, adesso, era pieno di pedane e cerchi sospesi a mezz'aria.

Jaydon, dopo essersi allacciato il casco e aver rivolto un cenno di saluto al pubblico, diede gas. La motocicletta raggiunse una velocità incredibile in pochissimo tempo e cominciò a schizzare come impazzita tra tutte le discese e le salite improvvise che componevano la pista. Dopo l'ennesimo salto da una discesa all'altra, il pavimento del palco si aprì mostrando una botola che - come vedemmo sui maxschermi che stavano registrando tutto- era colma soltanto di vuoto. Provai un senso di paura difficile da spiegare.

Chiusi gli occhi perché sapevo che sarebbe successo. Sapevo che l'avrebbe dovuta saltare.

Fu il boato del pubblico a farmi capire, l'attimo seguente, che era successo. Aveva saltato.

E chissà quante altre volte in passato, e chissà quante ancora lo avrebbe rifatto in futuro. E sarei stata pronta, ammesso che le cose fossero funzionate prima o poi tra di noi, a sopportare un'estate simile? Un'estate e poi...? Ma anche se fosse stato soltanto per un'estate, come avrei fatto a reggere?

Forse avrei soltanto dovuto accettare quella che mio malgrado sembrava essere la verità: io e Jaydon non eravamo altro che due mondi opposti e incompatibili.

Abbassai la testa e Alicia si voltò verso di me e capì ciò che stavo provando. Allungò la mano sulla mia e la strinse.

<<Quello è più suonato di quanto credevo, Millie. Molto, molto, molto più suonato.>>

Mi augurai che mio padre non l'avesse sentita. Sarei stata pronta a parlagli di lui? Non ne ero sicura, e certamente non dopo quella sera.

La moto guidata da Jaydon corse nuovamente verso il baratro e ancora una volta lo saltò. Poi imboccò una salita e fece un giro acrobatico su se stessa. Si capovolse, tornò in equilibrio sulle due ruote e il pubblico impazzì.

Speravo fosse finita ma mi sbagliavo, naturalmente.

Jaydon diede gas ancora una volta, imboccò un'altra rampa in salita e alla fine saltò attraverso il primo di una serie lunghissima di cerchi sospesi nel vuoto. Un attimo prima che lo raggiungesse, sotto il cerchio si spalancò una botola identica a quella che avevo appena visto e il cerchio stesso si illuminò di un rosso inteso, acre.

Era fuoco, e Jaydon lo attraversò a una velocità folle, così, sospeso nel vuoto.

Quando mi voltai verso mio padre mi resi conto di due cose: la prima era che i suoi occhi erano un misto di stupore, incredulità e preoccupazione; la seconda era che Betty si era avvicinata a noi e adesso mi stava fissando.

Una storia d'amore d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora