I battiti accelerati di un cuore impazzito

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<<Era una sera di inizio primavera. Ricordo questo, sai? Ricordo il profumo dei fiori lungo la strada che abbiamo attraversato per arrivare fin qui, quella che abbiamo imboccato subito dopo aver superato il centro.>>

Lo guardai rimanendo accanto a lui, continuando a sentire il suo braccio contro il mio, mentre il venticello che si era alzato giocava a scompigliare un po' i miei capelli e il caos che mi portavo dentro in quel momento

<<Ero una bella testa calda all'epoca.>>

Lo guardai negli occhi, rapita da quel verde che anche nel mezzo della notte sapeva come brillare.

<<Non so perché, ma ti credo>> gli dissi, lasciandomi scappare un mezzo sorriso. <<Quanti anni avevi?>>

<<Diciassette. Durante l'inverno avevo lavorato qua e là. Non sempre lavori puliti, spesso pagati male, il più delle volte pericolosi. Ma ero abituato, non mi pesava. Era quello che andava fatto per poter pensare anche a mia madre.>>
<<È bello sentirti parlar così, Jaydon.>>

Lui scosse la testa, si strinse nelle spalle. La sua espressione era seria, lontana, cupa.

<<Tornavo a casa dopo aver litigato con il signor Aroon Blake, giù al porto. Un tipo per niente raccomandabile. Lavoravo anche per lui nella rimessa di barche all'epoca. Ricordo che ci avevano dovuto allontanare. L'avevo colpito con un paio di pugni sul volto.>>
<<Perché?>>
Jaydon scosse la testa ancora una volta.
<<Aveva insultato mia madre. Così l'avevo colpito, avevo preso i soldi che mi spettavano e me ne ero andato. Ricordo il tragitto verso casa come se fosse ieri. Aveva incominciato a piovere quando ero ormai abbastanza vicino. Uno di quei forti temporali primaverili.>>
<<Già, anche a Washington li abbiamo>> risposi, chiedendomi subito però come una frase del genere fosse uscita dalla mia bocca e per quale ragione.

<<Ricordo le luci, Millie. Quelle luci che a intermittenza si rincorrevano, rosse e blu. Lampeggiavano. E ricordo la sirena che aveva tagliato l'aria a metà. Non avevo ancora realizzato che quelle luci... e quel suono...>>

Rimasi immobile. Cercai di avvicinarmi ancora di più a lui, ma forse non era possibile, forse avevamo già inconsapevolmente azzerato la distanza che ci separava. Avrei voluto parlare, ma non vi riuscii.

<<Ricordo anche il momento in cui incominciai a correre. Avevo già capito, quella era la verità. Avevo detto e ripetuto a me stesso che no, non poteva essere successo proprio a lei, proprio a me, alla nostra famiglia. Non dopo tutto quello che avevamo attraversato dopo che papà ci aveva abbandonato. Avevo cercato di convincermi che non fosse così, ma giù in profondità, dentro di me, lo sapevo. Conoscevo la verità. Perché per essere sincero era qualcosa che mi aspettavo.>>

La sua voce era diventata più bassa, più cupa.
I suoi occhi sembravano più grandi, adesso. E lucidi.

<<Così mi fiondai verso la porta d'ingresso della nostro piccolo appartamento. Avevo superato l'ambulanza e l'auto di servizio della polizia locale. Avevo evitato lo sceriffo Kenneth Cross e schivato un paio di agenti. Attraversai l'ingresso, di corsa. Poi inciampai.>>

<<Jaydon>> dissi, in un sussurro. <<Non devi ricordare per forza quel...>>
Lui scosse la testa e strinse la mia mano.
<<Inciampai, perché il piccolo tavolino accanto al divano non era dove avrebbe dovuto essere. Era rovesciato a terra, capovolto. E preso dall'agitazione non lo avevo visto. Inciampai e lei era lì, stesa a terra, sul pavimento sporco e trascurato di quel piccolo salotto. I suoi occhi erano aperti e la bocca era socchiusa. Sai, sembrava serena. Sembrava che stesse dormendo, se non fosse stato per il piccolo ago nero infilato nel suo braccio sinistro.>>

Strinsi di più la sua mano. Era diventata fredda.

<<Jaydon, mi dispiace. Mi dispiace tantissimo. Non...>>

<<Ricordo quel momento come se fosse ieri. Penso che non riuscirò mai a dimenticarlo. Aveva cercato di aiutarmi per tutta la vita; si era preoccupata per me ogni singolo giorno. Al tempo stesso, doveva lottare contro quel male che non era mai stata in grado di sconfiggere. Ci era caduta dentro in silenzio e poi non ne era mai più uscita. Sapevo che sarebbe successo. Lo sapevo anche se ero soltanto un ragazzino. Ciò che non sapevo era quando.>>

Mi strinsi a lui e alla fine lo abbracciai.
Sentii il suo respiro contro il mio, e contai i battiti accelerati del suo cuore impazzito.

Avrei voluto regalargli qualche parola che fosse confortevole, e invece non trovai nulla da dire. Semplicemente rimasi così, immobile accanto a lui, nel silenzio strano di quella notte di inizio estate.

<<Da quel giorno, poi, cambiò tutto. Ci penso, sai? Penso a lei ogni notte, poco prima di addormentarmi. È l'ultimo pensiero. Quello che mi accompagna giù, tra i sogni. Mia madre e le sue debolezze, mia madre e i suoi vampiri.>>

<<I suoi vampiri?>> chiesi, spiazzata da quella parola.

Lui si staccò da me, si asciugò gli occhi e poi sorrise, rivolto verso l'oceano.

<<Già. Sai, quando ero più piccolo... l'avevo sorpresa a drogarsi, una volta o due. E avevo pensato che dovesse essere qualcosa che aveva a che fare con i vampiri.>>

Sorrisi, e sorrise anche lui, ancora una volta.

<<Lei è stata tutto per me, per così tanti anni. E spero che ovunque adesso sia abbia trovato la pace che qui non ha mai avuto.>>

Avrei voluto baciarlo.

E forse è ciò che devi fare, Millie. Forse non sbaglierai a seguire quell'intuizione.

Eravamo vicini. Così vicini...

<<Come si chiamava?>> gli chiesi.

Ci fu un attimo ancora di silenzio tra noi.

<<Nathalie. Si chiamava Nathalie.>>

Non risposi e lasciai che tutto succedesse da sé. Perché eravamo così vicini, ormai, che sarebbe stato impossibile non cercare di più.

Forse era il momento peggiore per farlo, quello più sbagliato. Eppure le nostre labbra erano davvero a meno di un centimetro. Ci eravamo avvicinati in modo incredibile e non ce ne eravamo accorti.

Respirai. Strinsi di più le sue mani, ancora di più. Poi chiusi gli occhi.

Fu in quel momento che il suo telefono, che era appoggiato sul muretto, suonò, accendendo la notte intorno a noi.

Sul display c'era scritto "Betty".

Una storia d'amore d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora