L'ANNO PRIMA...
Quando mi dimisero dall'ospedale, la mia convalescenza forzata continuò fra le pareti domestiche della topaia in periferia dove allora abitavo insieme a Mercedes. Pur se a livello clinico non correvo più alcun rischio, i medici sconsigliavano movimenti bruschi e lo sport, gli strizzacervelli mi mettevano in guardia da forti stress emotivi.
Poco ma sicuro non avevo più voglia di rimettere piede alla Harper High School. Non dopo quello che mi era successo. Mercedes stava tutto il giorno a sgobbare in ufficio, io non mettevo mai piede fuori di casa. Le sedute con la psicologa si sarebbero tenute nella mia camera. Tutte le mattine del martedì sarebbe venuta a trovarmi la terapeuta d'ufficio: al reparto medico dove ce l'avevano consigliata la chiamavano così perché costava una miseria e la mandavano da chi non poteva permettersi di meglio.
Matt non mi aveva mandato i fiori, Barbie e gli altri non mi avevano fatto visita in ospedale. Ma a casa? Anche lì non si era presentato nessuno. Per certi versi credevo fosse meglio così, non era conveniente per la leader della Cerchia far sapere che viveva in un appartamento da mendicanti. Ero disposta a perdonare Barbie per come mi aveva evitato, ero disposta ad ascoltarla in merito al deepfake che per prima aveva condiviso con la Cerchia. Le scrissi un messaggio. Lo visualizzò subito. Non rispose mai.
Non sapevo a chi rivolgermi, e sui social il numero dei miei amici era pericolosamente giunto vicino allo zero. Sbirciando i commenti online, nessuno più parlava del mio video, era già stato spazzato via forse da un nuovo meme con i gattini. Ero diventata poco più di un fantasma, ma sapevo che se solo mi fossi azzardata a rimettere piede alla Harper sarei tornata visibile, ma in una condizione che non mi sarebbe piaciuta per niente.
Restava il fatto che l'unica persona ad avermi pensato fosse un affascinante trentenne mezzo teppista e mezzo santone con un nome bizzarro. Quel pomeriggio scadeva il suo ultimatum, scadeva il limite di tempo di una settimana che mi aveva concesso per accettare la sua offerta: una nuova vita e la vendetta.
Restava il fatto che nessuna Ferrari d'epoca avesse mai attraversato il mio quartiere né tantomeno si fosse mai fermata di fronte casa mia. Era stato il rombo del motore a richiamarmi alla finestra. L'autista scese dall'auto lasciandola in moto. Fece il giro dietro gli alettoni posteriori, aprii la portiera del passeggero. Negli ultimi giorni ne erano successe di cose folli, ma quella...?
C'era una donna seduta dietro sui sedili in pelle. Una donna matura, con i capelli più fiammeggianti della fiancata dell'auto che la portava a spasso. Indossava un lungo abito scuro dal disegno ricercato: una scollatura a forma di piramide rovesciata convergeva fin sotto l'unione dei seni, evidentemente senza reggiseno e stretti dal vestito stesso, e terminava appena sopra l'ombelico. Come la scollatura, anche lo spacco aveva forma piramidale: la sua punta partiva appena sotto l'ombelico, quindi incredibilmente vicino a dove finiva lo scollo, e divideva la gonna scura sulle gambe chilometriche. Mercedes non poteva permettersi né quell'abito né la Ferrari, eppure le aveva entrambe. Uno spettatore poco esperto avrebbe però potuto giudicare come mia madre non fosse nata nel lusso, dal momento in cui anziché accomodarsi sui sedili posteriori si era completamente svaccata tanto che gli spacchi della gonna le erano risaliti ben sopra la linea dell'ombelico.
Non tentò minimamente di recuperare un po' di contegno o di nascondere le sue forme sode di fronte all'autista mentre scendeva giù dall'auto. Non lo degnò di un saluto, perché immediatamente cominciò la sua cavalcata lungo il marciapiede verso casa nostra. I passanti si fermavano a guardarla, le vicine invidiose la spiavano da dietro le finestre mentre avanzava fiera con un paio di stivali con il tacco anch'essi neri e alti fino al ginocchio. Devo ammetterlo, Mercedes quel giorno era una figa pazzesca.
Abitavamo al pianterreno, facili prede dei ladri d'appartamento, perciò non persi tempo a correrle incontro. Quando aprii la porta, lei era sulla soglia e la Ferrari ripartiva alle sue spalle. «Ciao tesoro,» mi disse: «da oggi non avrai più bisogno di rubare i vestiti a mamma.» Con quelle parole mi annunciò la promozione ricevuta all'interno della sua multinazionale: era diventata direttrice generale, reparto incidenti automobilistici. Per festeggiare aveva già fatto il primo folle shopping, la Ferrari e l'autista erano invece un omaggio aziendale per il primo giorno da dirigente. Da quel momento in poi non avremmo più dovuto preoccuparci di pagare l'affitto. Anzi, dovevamo presto lasciare quel tugurio e cercare una casa da comprare in centro.
Non potevo credere sarebbe stato così semplice. Sembrava troppo bello per essere vero. Ricevetti una notifica audio. Non conoscevo il numero, ma la foto profilo parlava chiaro. Biondo, occhi da angelo, pelle levigata: Minimal Jack! Mamma si ammirava allo specchio, mi esortava a cambiarmi, diceva che mi avrebbe portato fuori a cena per festeggiare. Io ascoltavo la registrazione vocale, dove un uomo parlava di un facoltoso cliente che li stava per mollare, e che poi ci aveva ripensato... Riconobbi la voce dell'uomo, era il supervisore di mamma. Il suo capo si stava complimentando proprio con lei, con Mercedes, voleva sapere come aveva fatto a convincere il loro cliente a fare un passo indietro e a reinvestire nelle loro azioni. Mercedes rispose tradendo una finta modestia, quindi gli disse di aver approcciato il cliente alla macchinetta del caffè prima che lasciasse l'edificio. Gli aveva raccontato la sua storia, quello di una madre coraggiosa che lavora giorno e notte per pagare le cure della figlia, rimasta vittima di una violenta aggressione. Il supervisore si complimentava, era stata una buona idea, nonostante tutto non credeva stessero facendo un buon servizio alla figlia, che ora più che mai aveva bisogno della vicinanza di una madre. Mercedes liquidò gli scrupoli del capo mimando la voce compassionevole che aveva sfoderato con il cliente, eppure trasudante di quella potente forza di volontà che anche adesso sortiva i suoi effetti. La promozione fu finalmente sua! Avrebbe lasciato il poco remunerativo ramo delle assicurazioni contro i suicidi (contro i suicidi, cazzo!) e avrebbe diretto il settore incidenti automobilistici, reparto che annualmente fa entrare nelle casse dell'azienda l'equivalente di quanto accumulerebbero in un giorno solo dopo un disastro meteorologico di proporzioni nazionali.
Mercedes mi aveva usata. Stronza bastarda. Questa era la sacrosanta verità. Non potevo più fidarmi di lei. Come non potevo fidarmi dei miei amici. Chi mi rimaneva? L'unica persona che mi avesse degnato della sua considerazione, l'unica persona che non aveva paura di dirmi la verità, e che mi proponeva una via d'uscita. Ero cresciuta in un mondo dove tutti la facevano semplice, minimizzavano ogni cosa senza riflettere sulle conseguenze che ne derivavano. Per la prima volta avevo conosciuto l'unica persona che sembrasse prendere le cose sul serio, e quasi credevo di scorgere il significato di quel buffo nome, Minimal Jack.
Il tempo che mi aveva concesso era quasi terminato ormai. Dovevo decidermi in fretta. Mi aveva spiegato cosa avrei dovuto fare nel caso avessi accettato la sua pillola blu. In ospedale, mentre sbocconcellava la mia cena per il solo gusto di rovinarla, era stato chiarissimo su quello che avrei dovuto fare. Entrai sui miei social. Cancellai il profilo facebook, quello instagram, tiktok, twitter e ogni altro user che mi legasse ancora alla vecchia vita. Avevo deciso di diventare un fantasma. Questo era il segnale convenuto. Se io fossi sparita, lui soltanto l'avrebbe visto. E sarebbe venuto a prendermi, mi avrebbe portato via di casa, via da mia madre, mi avrebbe portato via a bordo della sua carrozza.
Andai alla finestra dove poco prima avevo visto arrivare la Ferrari. Quella sera non sarei andata a cena con Mercedes. Quando si sarebbe accorta della scomparsa di sua figlia? Me lo chiedevo quando ecco che una macchina nera sbucò sulla strada, si muoveva lenta, e silenziosamente si fermò davanti alla mia porta. I vetri erano oscurati, ma io sapevo chi ci fosse dentro.
Era venuto per me. Era venuto per portarmi via.
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WIZ GIRL (Completata)
Teen FictionChi è Baby Lynn? Un anno fa era una delle studentesse più amate della Harper High School. Fino al giorno in cui qualcuno ha pubblicato online un video che le ha rovinato la vita. Un video che l'ha spinta a tentare il suicidio. Da allora nessuno ha p...