DO IT BETTER #6

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OGGI

«Darren, vieni qui! È urgente.» Mercedes si sgola dal suo ufficio. La porta è aperta sul corridoio e ha visto il suo assistente incamminarsi verso il bagno. Darren corre da lei ma si ferma all'ingresso, senza osare mettere piede nell'ufficio del capo.

«Mamma, se continui a urlare così ti va via la voce,» le dico seduta dall'altro capo della scrivania. In realtà mi dispiace per come tratta Darren. Dopo il VIX sono passata a trovarla in ufficio. Mercedes si sofferma per la prima volta su di me: «tesoro, vuoi dirmi qualcosa?»

Metto via il cellulare. «A scuola va male. Cioè, non a scuola. Lo studio è ok. Intendo con gli altri. Per loro continuo a essere...» mi trema la voce prima di dirlo: «...Deepy Baby.» Le spalle di Mercedes reclinano all'indietro lo schienale della poltrona. Incrocia le mani sul grembo, come fa quando riflette. Veste la sua divisa d'ordinanza, però la giacca è appesa all'attaccapanni, così lavora in maniche di camicia e con l'inseparabile cravattino nero. «Se dessi valore alla metà delle cose che mi dice la gente, dovrei praticamente smettere di uscire di casa,» mi dice. «Non conta quello che le persone pensano o dicono di noi, quello che conta veramente è quale opinione abbiamo noi di noi stessi.» Si accorge di Darren fermo sull'uscio. Mercedes aggrotta la fronte, non si ricorda perché l'ha chiamato, in fin dei conti non era così urgente, lo manda a prendergli il caffè al distributore.

«Posso andare prima al bagno?» domanda timidamente Darren. «Non ce l'hai un bagno a casa? Il caffè, di corsa!» Mercedes torna a concentrarsi su di me: «pensa a te stessa come una persona vincente, e gli altri cominceranno a vederti allo stesso modo.» Fosse così semplice. Le dico che ci provo. Vorrei essere come quella compagna di classe, Mary Goldberg, che organizza eventi di beneficienza, raccoglie fondi, e tutti la guardano con ammirazione. «Servirebbe un colpo di spugna,» dico: «qualcosa che faccia cambiare alle persone l'idea che hanno di me.»

Darren rientra con il caffè. Il bicchierino di plastica è sporco sul fondo di caffè e lascia un cerchio dorato sulla scrivania pulita di Mercedes. La donna sferra una schicchera sulla mano di Darren, che la ritrae dolorante. «Sono stufa della tua distrazione.» Mercedes accende una sigaretta, il suo assistente corre ad aprire le finestre. «Ricordati di richiuderle prima di andare via, Darren. Questa mattina le ho trovate aperte e con il condizionatore acceso. Non sei tu a pagare le bollette.» Il suo assistente annuisce, poi alza un dito per avere parola: «abbiamo ricevuto un reclamo dal settore suicidi. Dicono che le sigarette che lei lancia fuori dalla finestra finiscono nel loro balcone di sotto.» Mercedes tira una lunga boccata, ci pensa su, rilascia il fumo. «Senti cosa faremo, Darren. Dirai a quelli del settore suicidi che sei tu a fumare, e che questi spiacevoli incidenti non capiteranno più. Ora togliti dai piedi.» Darren non osa protestare, si avvia verso l'uscita quando Mercedes lo ferma con un nuovo imperativo gesto della mano.

Subito dopo però è a me che mamma si rivolge: «senti cosa faremo, tesoro. Hai detto che la tua compagna sta facendo una raccolta fondi.» Si allenta il nodo del cravattino, prende dalla tasca il blocchetto degli assegni e impugna una penna: «dici che duemila dollari basteranno?» Annuisco. Mercedes firma, stacca l'assegno e me lo passa. «Ecco il tuo colpo di spugna, così potremo cancellare per sempre Deepy Baby dalla faccia della terra.» La bacio sulla guancia dicendole che è la mamma migliore del mondo e vado verso la porta.

Saluto Darren. Mercedes getta la sigaretta fuori dalla finestra e fissa il suo assistente: «tu che vuoi da me?» Darren ha un sussulto: «mi aveva fatto segno di restare.» Mercedes scaccia una mosca invisibile e torna a dedicarsi alle sue polizze: «ma no, era per salutarti. Togliti dai piedi!»

***

Uno striscione colorato appeso alla parete invita gli studenti della Harper High School a donare ciò che possono. Mary Goldberg è seduta dietro due banchi presi in prestito da un'aula, in mezzo ad altre due volontarie della Doing Better. Non so chi siano e potrei scoprirlo in meno di due minuti con un rapido giro sui social. Ma non ne vale la pena. Non sono qui per loro.

In fila indiana, una gran folla di studenti partecipa all'invito. Non sanno per cosa stanno donando i loro risparmi o paghette, sanno solo che Mary della Cerchia ha chiesto il loro contributo, e non possono esentarsi. La Cerchia chiede, la Cerchia ottiene. A quelli che donano appena cinque dollari, quasi con imbarazzo, Mary dice di non preoccuparsi. Anche un singolo centesimo può fare la differenza. E così la fila scorre, banconota dopo banconota. Cinque, dieci, venti dollari. Andrà avanti tutta la mattina. Per fare la mia mossa devo aspettare la fine delle lezioni.

La giornata scorre lenta e senza che nessuno mi rivolga la parola, a parte Lomax. Lo ringrazio per il pomeriggio diverso e spensierato, spero che ripeteremo l'uscita. Noto di nuovo l'espressione di sorpresa sul viso di Lomax. Non riesce proprio a credere che io voglia uscire con uno come lui. Che cos'è? Insicurezza? Gli faccio paura? Chissà...

Campanella dell'ultima ora. Aule e corridoi si svuotano. Le volontarie della Doing Better vanno via dalla Harper High School con 835 dollari. Niente male. Mary sale su una scala per staccare lo striscione. È il mio momento. Mi avvicino e chiedo a Mary di scendere – vorrei dire "piedistallo" ma non posso – per ricevere la mia donazione. Mary sa che non dovrebbe parlare con me, ma la Doing Better e la Cerchia sono due mondi separati. Mi spiega con calma che ormai è troppo tardi. La raccolta si è conclusa. Posso partecipare alla prossima, fra qualche mese. «Insisto,» e porgo il mio assegno. Mary guarda la cifra e quasi sviene. Fortuna che non è più sulla scala. Sarebbe scivolata e si sarebbe rotta un braccio o peggio. Fortuna?

Mary mi trascina in bagno. Chiude la porta, controlla che non ci sia nessuno, poi mi sventola l'assegno sotto il naso. «Che scherzo è questo?» Nessuno scherzo, le rispondo. Voglio dare una mano, fare la mia parte. «Ma non lo posso accettare!» insiste Mary, anche se ancora non mi ha ridato l'assegno. Qualcosa vorrà dire. Però non demorde: «non posso accettare tanti soldi, soprattutto da...» e si blocca.

«Da Deepy Baby?», concludo io. Mary rimane in silenzio, ma annuisce con la testa. Me lo aspettavo. «Mary, io e te non ci conosciamo molto bene. Non hai motivo di credermi, lo so. Ma quello che ho vissuto, il video online, l'aggressione, mi hanno aperto gli occhi. Dovremmo essere tutti più gentili, l'uno con l'altro. Questo è il mio modo per iniziare. Facciamo così: prendi i soldi in forma anonima. La donazione di un ex studente, o di un buon samaritano su internet. A me va bene comunque, e lo sapremo solo io e te.»

Mary valuta lo scenario proposto e alla fine acconsente. Donazione anonima. Un segreto, fra me e lei. Mi ringrazia, però deve chiedermi un ultimo favore. Lei adesso uscirà per prima. Io devo aspettare in bagno "il tempo di una canzone". Abbastanza affinché nessuno ci veda uscire insieme e lo riferisca alla Cerchia. Mi chiede di essere comprensiva. Mary esce dal bagno e io infilo le cuffie. It Must Have Been Love mi fa scivolare negli anni '90, anni di caffè nero e sigarette vere. Come quella che qualcuno ha fumato proprio nel bagno accanto.

Ora devo tornare a casa. Devo chiedere a Matt di incontrarci per parlare di quella famosa faccenda e chiarirci una volta per tutte. E devo anche scrivere un racconto per la signorina Huxley.

WIZ GIRL (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora