POWERBOMB #3

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«Penso ancora che Montero sia la pista giusta,» dico a Lomax mentre parcheggia davanti casa mia. Prima mi lasciava all'inizio della curva e doveva fare un pezzo del tragitto a piedi, per evitare che Mercedes ci vedesse insieme. Ormai però sa tutto, sia che lui e io ci frequentiamo, sia che lui aveva ragione e io avevo davvero tentato il suicidio. Non c'è più bisogno di nascondersi a questo punto: «dobbiamo solo trovare il modo di farci ascoltare. Avvicinarlo dove non possa sbatterci fuori.»

Lomax annuisce, ma in modo rapido e distratto. La sua mente è altrove. Il suo sguardo è rivolto fisso all'ingresso di casa mia. Volto la testa per guardare nella stessa direzione. Non so cosa mi aspetti dietro quella porta, a parte la pretesa di Mercedes che io le restituisca i "suoi" mocassini. Lomax mi chiede se non sia il caso di entrare tutti e due, così da chiarirsi. Gli dico di non preoccuparsi. Lui non ha fatto niente di sbagliato. E poi, sebbene non sia ancora chiaro se Mercedes abbia o no diffuso il mio deepfake certo ha approfittato della situazione per fare carriera. Mi ha usata. Questo momento è riservato solo a me e lei. Saluto Lomax e scendo dall'auto.

Vedo che Mercedes si trova in soggiorno. È lì che la trovo di solito, dopo una dura giornata passata a strigliare assistenti e chiudere accordi flirtando con i clienti. Una leonessa sfinita dalla caccia che si abbandona ai confort della sua tana. Un divano dai cuscini foderati, la piacevole sensazione di sfilare scomode scarpe di marca, il calore di un bicchiere di gin. Ma questa volta mi trovo di fronte un altro tipo di spettacolo. Tanto per cominciare, non è accocolata sul divano. È seduta in bilico, fissando la parete nuda. Ci sono bottiglie di gin sul tavolinetto davanti a lei. Una, ormai vuota, distesa. L'altra piena solo a metà. Ci ha dato dentro di brutto!

«Sono qui!» le dico, con voce brusca. Mercedes si gira a guardarmi. Si alza dal divano e si avvicina, con il bicchiere di gin ancora fra le mani. La leonessa che io conosco ha lasciato il posto a un cucciolo spaventato. Un cucciolo di panda direi, visto il nero sbavato che ha attorno agli occhi in lacrime. Ammetto che a questo non ero preparata. Mercedes non ha pianto nemmeno quando ero in coma. Perché ora è diverso?

«Baby mia, perché non me l'hai detto?» dice lei, con la voce tremante. Ah, vuole giocarsela così? Usare la carta sono una mamma stronza perché nessuna me l'ha mai detto? No, io non ci sto! Le dico chiaro e tondo che risponderò alla sua domanda appena lei avrà risposto alla mia. Perché si è approfittata della mia tragedia? Mercedes annuisce, mette da parte il bicchiere di gin e si schiarisce la voce.

«Non perdo tempo a chiederti scusa, sarebbe fiato sprecato. Quello che ti chiedo è di sforzarti, cercare di capire il mio punto di vista. Tu non sai cosa ho passato, Baby mia. Non sai cosa ho provato quando al telefono la polizia mi ha detto che eri in ospedale. Sono corsa fuori dall'ufficio come una pazza, facendo cadere le pratiche dalla scrivania. I fogli si sono tutti mescolati. Hanno impiegato due giorni a rimetterli in ordine. Credevo mi avrebbero licenziata.»

Vuoi manipolare una manipolatrice, Mercedes? So cosa tenti di fare, pressione sulla mia emotività. Non attacca. Dovrai darmi una spiegazione convincente.

«Mi hanno detto che eri in coma, che dovevo essere pronta al peggio, che forse non ce l'avresti fatta. La prospettiva di perderti, Baby mia, ha svegliato qualcosa in me. Una forza che non pensavo di avere. Sentivo che nessuno era in grado di fermarmi. Sono tornata in ufficio e tutti erano gentili con me, per quello che avevo vissuto. Avrei tagliato la gola a ognuno di loro se questo fosse servito a farti svegliare. Credimi!»

Dovevo quasi morire per svegliarti l'autostima? Così non guadagni punti...

«Quando ormai eri fuori pericolo, ho capito cosa fare. Appena sveglia, avresti trovato una nuova vita ad aspettarti. Una vita più bella. Sono sempre stata affamata di cose belle, tu lo sai. Ma non avevo il coraggio di prendermele. Ho trovato quel coraggio, Baby mia. Ho usato quella tragedia per costruire la vita che entrambe meritavamo. Mi sono detta, perché no? Perché non dovremmo guadagnare qualcosa dopo tanto dolore? Potevo salire in cima, Baby mia. E l'ho fatto, per te e per me.»

Io direi prima per te, Mercedes.

«Poi quel Freddie Lomax mi ha detto che avevi tentato il suicidio. Credi che non lo abbia ascoltato perché rischiavo di perdere una promozione e una macchina di lusso? No, Baby mia! Ti giuro che non è per questo!»

Mi accarezza la guancia. Tipica mossa del manipolatore: quando stai arrivando al punto chiave del discorso aggiungi il contatto fisico per creare intimità. È una mossa ben studiata, perché devo ammette che questa mano e il tono della sua voce stanno suscitando qualcosa in me.

«Non riuscivo a credere che mia figlia provasse un dolore così tremendo da voler buttare la sua vita. Non riuscivo neanche a capire perché quel dolore ci fosse. Dovevi essere arrabbiata, per quello che ti avevano fatto. Furiosa, non depressa. Era l'unico scenario che riuscivo a immaginare. Ti rendi conto di quanto sono stupida, Baby mia?»

Mi abbraccia. Di recente ho parlato del potere degli abbracci. Ora questo potere mi si ritorce contro.

«Dovevo darti il mio amore, non roba firmata. Perdonami, Baby mia.»

Sta piangendo. Mercedes sta piangendo. Si aggrappa a me con la disperazione di un condannato a morte. Aspetta, implorante, un mio gesto. Un cenno che le confermi il mio perdono. La sua salvezza. Passa la mano fra i miei capelli, come faceva quando ero una bambina. Credo che potrei piangere anch'io, da un momento all'altro.

«Ora, Baby mia, non dobbiamo più commettere lo stesso errore.» La sua voce non trema più così tanto: «Non dobbiamo più essere stupide.» Ha smesso di accarezzarmi la testa. «Né io né tu.» Mi stacca dall'abbraccio, con le mani mi stringe le spalle e mi guarda dritto negli occhi. Avverto un senso di pericolo.

«Le cose belle non danno la felicità, Baby mia. E certo non bastano a darti una ragione per vivere. Ma rendono la vita più facile, più piacevole. Ti rendi conto di cosa accadrebbe se dicessimo la verità? Ormai non possono più riprendersi la mia promozione. Ma se qualcuno scoprisse che il tuo era un tentato suicidio e io lo sapevo fin dall'inizio? Nessuno vorrebbe più avere a che fare con una madre del genere. Perderemmo ogni cosa, Baby mia. Ogni cosa. Ma noi non siamo così stupide, vero? Possiamo giostrare la cosa in modo discreto. Andare in terapia, da uno psicologo. Loro sono tenuti alla riservatezza. Non potrebbero mai dire nulla. Faremo tutto il necessario per farti stare bene, solo che lo faremo in privato. In fondo è lo stesso, no? Rispondi, Baby mia. È lo stesso, no?»

Annuisco, in silenzio. Sì, è lo stesso. Sei sempre la stessa, Mercedes. E dire che mi stavi quasi per convincere. Mi stacco da lei e, disgustata, mi chiudo in camera da letto. Inizio a prendere a pugni il cuscino, ma è troppo morbido. Ho bisogno di un muro, anche se mi farò male. Voglio farmi male! Voglio spaccare tutto! Voglio fare una strage! Voglio prendere a pugni qualcuno...

Prendo il cellulare e chiamo Lomax. So come raggiungere Montero.

WIZ GIRL (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora