FEEL GOOD #4

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FREDDIE LOMAX P.O.V.

«Cosa c'è di buono nell'emotività, Lomax?»

Minimal Jack fissa il panorama fuori dalla finestra dell'ufficio. Io rimango seduto, in silenzio. La sua è una domanda retorica, lo so bene. Ho già visto momenti come questo. Nei film, nelle serie tv, nei libri, nei fumetti, nei videogiochi. È il momento della "grande rivelazione" quando il cattivo pensa di aver vinto e costringe l'eroe ad ascoltare il suo punto di vista, perché ha fatto ciò che ha fatto. È il momento della superbia che precede la caduta, perché il cattivo nel suo monologo rileva un dettaglio importante che l'eroe userà per sconfiggerlo. Di solito è così che funziona, ma purtroppo non sono io l'eroe di questa storia. Non lo sono mai stato, e Minimal Jack lo sa bene.

«Sia chiaro,» riprende quasi subito: «io non sto parlando delle emozioni in quanto tali. Nella complessità della "macchina uomo" anche queste hanno valore. Amicizia, lealtà, passione, amore. Perfino l'odio può essere una risorsa preziosa per il progresso. Il problema è che le emozioni sono indisciplinate, senza freni. Si intromettono nei processi logici e impediscono all'umanità di fare la scelta giusta. Perché la scelta giusta segue il cervello, non il cuore. Il cervello è un corso d'acqua che scorre placido dall'inizio alla fine. Il cuore è un fiume che straripa e distrugge tutto.»

Si gira verso di me. «Una volta hai scritto un racconto su un uomo che perde il figlio in un incidente, investito da un pirata della strada.» Era chiaro che sapesse anche quello. «Ora, Lomax, immagina insieme a me che quell'uomo fosse un medico nel pieno di una promettente ricerca al fine di trovare una cura per il cancro o un'altra terribile malattia.» Il suo tono è simile a quello di un presentatore, o di un relatore durante un congresso. Sta cercando di convertirmi? «Immagina che quell'uomo fosse vicino, e dico veramente vicino, alla scoperta di una cura. Come potrà più concentrarsi sul suo lavoro, ora che il dolore si è impossessato di lui? Impossibile. Cosa ne sarà della sua ricerca, che avrebbe salvato milioni di vite? Tutto svanito. Il dolore lo ha reso cieco. Ha distrutto milioni di vite. L'emozione ha fatto di nuovo il suo danno.»

«Non puoi fermare il dolore, Jack!» non riesco più a stare zitto. Quello che dice è assurdo, e anche lui se ne rende conto: «e chi vuole fermarlo? Te lo ripeto: io non sono contro le emozioni, sono contro gli eccessi. Quell'uomo ha diritto di stare male per suo figlio, ha diritto di vivere il suo lutto. Ma se quel dolore potesse essere domato? Se ci fosse un modo per ridurre il tempo e le energie da dedicare alle emozioni per tornare il prima possibile a essere produttivi? Sarebbe una vittoria per tutta l'umanità. Forse la più grande in assoluto. È stato lo scopo della mia ricerca fin dal mio apprendistato con Brian Denver. Inventare una tecnologia che mettesse le emozioni in letargo.»

«Per trasformarci in delle specie di robot?» gli dico, mentre mi torna in mente la faccia impassibile di Lester di fronte alla scritta TRANSCHIFO sul suo armadietto. Non era arrabbiato o ferito. Non provava nulla perché un'applicazione sul cellulare gli aveva ordinato di fregarsene.

«Lomax,» si rivolge a me con disappunto come fosse un professore che sorprende un alunno distratto durante la lezione: «l'uomo ha sempre obbedito a un potere più grande di lui. L'uomo è alla ricerca di qualcosa a cui sottomettersi. Qualcosa che duri in eterno, che non possa essere distrutto o rimpiazzato. Ecco perché monarchie e religioni non hanno mai funzionato del tutto. Poi, è arrivato questo.» estrae dalla tasca il suo cellulare, me lo mostra come una prova della sua tesi: «un dio che si può tenere in tasca e che di sicuro non morirà mai. Gli affidiamo già la nostra routine e i nostri ritmi. Perché allora non sottometterci completamente a esso? Fargli decidere al posto nostro? Farlo dialogare con la nostra mente e spingerci nella giusta direzione, riducendo così gli sbagli e il potere distruttivo delle scelte prese in base alle emozioni?»

Ripone il cellulare in tasca e torna a fissare il panorama fuori dalla finestra: «ho creato WIZ a questo scopo, ma non sapevo come mostrarlo al mondo. L'essere umano è poco incline al cambiamento, soprattutto a quelli per migliorare la sua vita. Ho capito che non mi avrebbero ascoltato, quindi non dovevo essere io a mostrare la via. Doveva essere qualcun altro. Qualcuno con una certa influenza sugli altri. Un idolo della folla. Un eroe acclamato, in cima alla catena alimentare. Era solo un'ipotesi all'inizio. Quindi doveva essere testata.» Interrompe il suo monologo, osserva il panorama e poi, sorridendo, conclude: «quale posto migliore di una scuola per il mio esperimento?»

WIZ GIRL (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora