DO IT BETTER #2

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Quando sedevo insieme alla Cerchia, la signorina Huxley mi stava davvero antipatica. Una vera tragedia, visto che insegnava letteratura. Una delle mie materie preferite. Per intederci: non avevo niente di preciso contro di lei, all'epoca. Erano i suoi modi a infastidirmi. Il suo aspetto da provincialotta. Doveva essere cresciuta in una fattoria, fra mucche e galline. Aveva imparato come si fa il pane in casa e ad aiutare le cavalle a partorire. Poi un giorno si era svegliata, si era guardata intorno e aveva capito di volere qualcosa di più. Salutati nonni, genitori e una nidiata di cugini era salita sul primo autobus per la città e lì aveva preso la laurea. Ma nemmeno quello era sufficiente. Doveva lasciarsi alle spalle la sua vita passata, uccidere la ragazza che ammirava i fili d'erba e si incantava con la rugiada sulle ragnatele. Così ha lavorato sodo per trasformare il suo aspetto, che ricordava troppo Maggie nella seconda stagione di The Walking Dead, in una versione di sé più sofisticata. Nuovi vestiti, nuovo taglio di capelli, nuovo approccio all'insegnamento, quello che coinvolge lo studente invece di vomitargli a pappagallo tutte le nozioni del programma. Era questo che non sopportavo di lei. Aveva impersonato così a lungo quella parte da aver dimenticato la sua vera identità.

Ora invece che sono all'ultimo banco, insieme agli altri reietti, la Huxley mi è molto più simpatica. Mi fa quasi tenerezza. Vedo in lei una donna che si è opposta al destino che sembrava già scritto per lei, che ha lavorato sodo e merita di lasciar andare quella vita priva di sbocchi. Cosa è cambiato, mi chiedo. È bastato cambiare posto per vedere una nuova prospettiva? O forse sono io a essere cambiata, ora che anche io devo portare una maschera? Forse non sono le cose che cambiano, ma gli osservatori.

Il compito della Huxley, poi, si sposa perfettamente con i miei penseri. Ha chiesto di scrivere un piccolo racconto breve, tre pagine al massimo, e leggerlo davanti a tutti. Ha chiesto ai suoi studenti di abbandonare i classici schemi a cui siamo abituati. Cercare nuove prospettive, nuovi punti di vista.

È il turno di Freddie Lomax, oggi. Il mio vicino di banco si alza e si dirige verso la cattedra con dei fogli di carta. Gli altri hanno letto i loro racconti da tablet, cellulari e kindle. Freddie Lomax ha stampato dei veri fogli, in carta e inchiostro. Già solo per questo meriterebbe la sufficienza. Ma la sua storia è anche più interessante. Racconta di un padre che incontra l'assassino del figlio adolescente. L'uomo aveva ucciso il ragazzo perché guidava ubriaco, e per questo era stato condannato a quindici anni di carcere. Dopo otto anni di buona condotta l'uomo esce su cauzione. Trova un lavoro. Affronta il pregiudizio dei colleghi. Si innamora di una donna con cui trova la pace. Poi un giorno vede il padre del ragazzo e tutte le cose belle riuscite a ottenere gli sembrano immeritate. Perde il lavoro e la sua donna. Viene coinvolto in una rissa. Gli è tornata la voglia di bere dopo anni di astinenza. Sta quasi per cedere quando ecco che il padre del ragazzo ritorna e gli dice che lo perdona. Ha scoperto perché l'uomo era ubriaco il giorno dell'incidente. Aveva perso la sua fidanzata, morta di leucemia. Un segreto che l'uomo non aveva detto a nessuno, nemmeno ai suoi avvocati, perché avrebbero potuto usarlo come attenuante e dargli una pena più lieve. I due uomini scoppiano a piangere e dopo si salutano, in pace.

Lomax ha appena finito di leggere. Posa i fogli sulla cattedra consegnandoli a una commossa signorina Huxley. Lomax ha uno sguardo strano, però. Come se aspettasse di essere preso a pugni da un momento all'altro. Passano due secondi di silenzio, forse tre. Poi, arriva.

«Ma che cazzo, Lomax!» La voce di Jimmy spezza la magia che si era venuta a creare. Qualcuno sbuffa, qualcuno ride. La signorina Huxley prova a riprendere il controllo, senza però apparire un insegnante vecchio stile. Rovinerebbe la sua nuova personalità. «Jimmy, se hai qualcosa da dire cerca parole migliori.» E Jimmy non se lo fa ripetere due volte. «Perché non lo ha ucciso? Quello gli ha investito il figlio!»

La signorina Huxley gira la domanda alla classe e in tanti sono d'accordo con Jimmy. Non perché ci abbiano riflettuto. Se uno della Cerchia dice che qualcosa non va, allora qualcosa non va. Non importa cosa sia.

Il dibattito si accende. Non è neanche un dibattito, sono tutti d'accordo con Jimmy. Il racconto di Lomax viene fatto a pezzi. Qualcuno pensa che il sistema carcerario sia stato troppo clemente nei confronti dell'uomo, che per il suo crimine meritava la pena di morte. Qualcuno avrebbe voluto che il padre rapisse e torturasse l'uomo. Qualcuno accusa Lomax di aver copiato, dicono di aver già letto una storia simile e finalmente capiscono come mai si sia presentato con i fogli di carta: per non farsi controllare la cronologia! Mi giro verso Lester. Ha la bocca semiaperta e gli occhi lucidi. Come se comunicassero telepaticamente, Lester sta chiedendo a Lomax di intervenire. L'ultima fila vuol prendere le sue difese. Lomax però gli fa cenno di no con la testa. Come dire "lascia perdere". Lester annuisce, poi si rivolge agli altri dell'ultima fila: che nessuno parli. Non so perché Lomax faccia così, ma io non sono una dell'ultima fila.

«Per me è il finale più giusto.» La mia voce mette a tacere l'intera classe. Sento il cuore di Barbie pulsare di rabbia. Riesco a sentire il suo desiderio di girarsi e fulminarmi con lo sguardo. Ma è solo Jimmy che punta gli occhi nella mia direzione, sorpreso che qualcuno abbia il coraggio di contraddirlo. La signorina Huxley mi chiede di essere più precisa. «Quell'uomo è già stato punito dalla vita più di quanto il carcere poteva fare. La morte sarebbe solo una liberazione, per lui. Anche vivere può essere un castigo, forse il peggiore possibile.» La folla assetata di sangue inizia a riflettere su questa prospettiva, e non trova nuovi argomenti. Jimmy si limita a sbuffare e torna a guardare avanti. Potrebbe finire qui, ma qualcun altro parla. Contro di me, questa volta. Ed è Lomax.

«In parte, è così. Ma questa storia non parla di castigo. Parla di perdono. Di come anche la persona peggiore al mondo ne meriti almeno una briciola. Se il mio racconto non vi è piaciuto mi dispiace, ma questo è ciò in cui credo.» Detto ciò Lomax poggia i fogli sulla cattedra e torna al suo posto. La signorina Huxley prende spunto dalle sue parole elencando alcuni capolavori della letteratura che affrontino il tema del pentimento. Lomax fa un cenno a Lester, come ringraziandolo di essere rimasto zitto. Poi si gira verso di me. È pronto a dirmi qualcosa, ma la signorina Huxley lo interrompe. «Baby Lynn, la prossima settimana toccherà a te leggere qualcosa.» Anche questa volta Jimmy non si lascia sfuggire l'occasione. «Qualcosa adatto ai minori, DeepyBaby!»

L'aula scoppia in una risata rumorosa. Perfino Lester mostra i suoi dentoni per un attimo. L'ho detto, non sono una dell'ultima fila. Non hanno motivo di difendermi o di tenere a me. Lomax però non sorride. Forse non ha capito la battuta. Forse la mia storia gli è stata solo accennata e non conosce i particolari, l'hashtag, il mio soprannome. Matt però conosce tutto, e nemmeno lui ha sorriso.

Le risate vengono sostituite dalla campanella, quella che annuncia la fine delle lezioni. Tutti infilano i libri nei loro zainetti e si preparano a uscire. Alcuni sono già pronti, ma devono attendere che la Cerchia varchi la soglia per prima. Barbie è la prima. Ha i muscoli del collo tesissimi. Vorrebbe girarsi verso di me e guardarmi, ma non lo fa. La segue Mary. Poi Chris, insieme a Chloe. Poi Jimmy. Poi Matt, che è l'unico a lanciarmi uno sguardo. Ora possono uscire tutti gli altri.

Sento che Lomax vorrebbe fermarsi per continuare il discorso ma Lester e gli altri dell'ultima fila lo trascinano via. Ora che possono parlare vogliono fargli tutta una serie di domande sul suo racconto. Io esco per ultima. La signorina Huxley si avvicina. Si dispiace per quella battuta infelice di Jimmy. Cerca di farmi capire che una punizione non porterebbe a niente. Solo il dialogo e il confronto portano risultati.

Finalmente capisco che non sono le cose a cambiare, né gli osservatori. L'ago della bilancia è il punto di osservazione. Da questa distanza riesco a capire quanto la signorina Huxley sia un bluff. Vedo le sue mani da lavoratrice. I capelli con la ricrescita. Posso sentire la puzza di tutto il letame che ha spalato, lei come tutta la sua famiglia. Tengo questa verità per me, la ringrazio delle sue parole ed esco dalla classe. Jimmy non ha idea di avermi fatto il più bel regalo del mondo con quella battuta.

Posso finalmente fare la mia mossa.

WIZ GIRL (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora