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𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚
|Dylan's point of view|
Imprecai mentre controllavo se avessi nella tasca dei pantaloni altre monete da inserire nella macchinetta.
Oh, giusto. Come dimenticare che ero senza portafogli?
Sbuffai a tornai a "casa".
Mi attendeva Jason, mio fratello, che giocava beato con delle macchinine.
«Dylan, prepara la cartella. Domani sarà il tuo primo giorno alla Colton» annunciò l'uomo mentre stava compilando un plico di fogli sul tavolo.
«No» sputai acido e a lui bastò dire una sola parola per farmi ricomporre.
«Scarlett» pronunciò e mettendo il muso salii le scale diretto verso la mia camera.
Non cenai quel giorno, ma mi aggirai di soppiatto in salotto in attesa di trovare delle monetine da inserire nel telefono pubblico.
Ne trovai una montagna nello zainetto di Jason, così li presi tutti e me li misi in tasca.
Camminai per le strade deserte della città fino ad arrivare ad un altro telefono, un po' più lontano e isolato.
Inserii una moneta e composi il numero di Scarlett.
Suonò solo una volta prima che lei rispose. Facendo i calcoli, il fuso orario doveva essere al massimo di un paio d'ore.
«Dylan» mi chiamò senza che io dissi nulla per farmi riconoscere.
«Ciao Scarlett, mi manchi» sussurrai e sentii che lei fece un rumore controverso, era triste.
«Ho trovato un po' di monete. Domani mi vogliono mandare già a scuola» spiegai e lei fece un sospiro.
La conoscevo abbastanza da capire che voleva prendere a pugni i nostri genitori.
«Tranquilla, Scarlett» cercai di rassicurarla, sentivo un vuoto nel petto nel pensare che lei potesse soffrire per me.
«Vaffanculo. Vaffanculo a tutti, al mondo, a sto cazzo. Non è giusto. Arrivano i due decelerati e ti portano via da me? E da tua madre?» domandó alzando di poco il tono.
«Coralee piange da due ore, siamo in lutto» sbuffò esagerando.
