|1|》Cestini e tradimenti.↻

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❝𝐁𝐄𝐒𝐓 𝐅𝐑𝐈𝐄𝐍𝐃𝐊𝐈𝐒𝐒❞
𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚

❝𝐁𝐄𝐒𝐓 𝐅𝐑𝐈𝐄𝐍𝐃𝐊𝐈𝐒𝐒❞𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚

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↻𝐁𝐫𝐢𝐭𝐧𝐞𝐲 - 𝐂𝐡𝐞𝐥𝐬𝐞𝐚 𝐂𝐨𝐥𝐥𝐢𝐧𝐬

'𝐶𝑎𝑢𝑠𝑒 𝐼 𝑑𝑜𝑛'𝑡 𝑤𝑎𝑛𝑛𝑎 𝑏𝑒
𝒉𝑒𝑟 𝑛𝑜 𝑚𝑜𝑟𝑒.

Le scuole medie sarebbero state un incubo se non avessi incontrato un ragazzino della mia stessa età, bassino, magro, con due occhi dello stesso colore del cielo, una spruzzata di lentiggini sul naso e capelli biondo sporco.

Dylan Bennett.

Definire lui, era come individuare il colore del cielo: facile.

Era la persona più calma e gentile che avessi mai conosciuto. Il classico timidino con del potenziale che sarebbe rimasto nascosto fino alla pubertà.

Quando iniziammo la scuola superiore, misi gli occhi sul quarterback della squadra di football.

Logan Carter, un ragazzo tutto muscoli, alto, dai penetranti occhi marroni e dai capelli castani.

Ancora oggi sono convinta che quel sorriso avrebbe fatto cadere ai suoi piedi chiunque.

Tutto sommato, la mia vita mi piaceva. Non speravo nemmeno di essere notata da Logan, mi bastava avere qualche piccolo ricordo di lui e sbavargli dietro, come faceva metà scuola.

❁ ✾ ❁

Un ricordo mi passó per la mente. Sempre quello, sempre doloroso.

Quel giorno di seconda superiore mi diressi a scuola allegramente, con lo zaino sulle spalle e la testa persa tra le immagini di Logan.

Era in atto una riunione di istituto, un pretesto per saltare lezione.
Entrai in aula magna per prendere posto in ultima fila, le sedute più rinomate della stanza.

Dylan Bennet arrivó con qualche minuto di ritardo come sempre. Potevo giurare di conoscerlo davvero bene fino a quando afferró il microfono e parlò.

«Sono Dylan Bennett, immagino che ben pochi di voi sappiano chi io sia» inizió con un sorriso beffardo stampato sul volto. Aveva ragione, non era popolare.

Io e lui ci limitavano a stare per i fatti nostri.

La sua voce era sempre quella, parecchio puerile per essere in seconda superiore.

«Scarlett Jones non vi dice niente? Ma certo che la conoscete!» continuó con un'espressione che giurai fosse cattiva.

Mi agitai sulla sedia in preda al panico.

«Eccola là» mi indicò con un dito mentre passava il microfono nell'altra mano.

«Sapete, i suoi genitori sono così poveri, che lei è costretta ad avere un lavoro dopo la scuola per mantenerli» si fermó mentre io non volevo crederci. Gli lanciai un'occhiata per chiedergli pietà, che però ignoró.

Sentivo gli occhi puntati su di me e le guance andarmi a fuoco. Il cuore mi prese a battere così forte, ero incredula, sarei stata pronta a negare tutto se qualcuno mi avesse chiesto qualcosa.

«Logan Carter» lo chiamò cercando il suo volto nella folla e quando lo trovò sorrise.

«Lo sapevi che la nostra amica fruga nella spazzatura per trovare qualcosa che appartiene a te?» domandó, facendo girare l'interessato nella mia direzione completamente sconvolto.

Fu la prima volta che Logan Carter mi guardó e se dobbiamo proprio dirla tutta, forse sarebbe stato meglio se mi avesse completamente ignorata.

I miei occhi si scontrarono con i suoi facendomi sussultare, distogliere lo sguardo, prendere la borsa e catapultarmi velocemente fuori dalla stanza.

Corsi così velocemente che sperai nessuno mi avesse vista, si sa che però educazione fisica non è mai stata il mio forte.

Quel giorno ero in lutto. Decisi che da quel momento in poi, Dylan Bennet che consideravo come un fratello, sarebbe morto per me. Morto stecchito.

«Non hai un fratello?»

«no è morto stecchito»

Rimasi seduta fuori fino a quando la campanella non suonò.
Mi alzai di scatto cercando con lo sguardo il viso del traditore.

«Sei un idiota!» strillai correndo verso di lui e spingendolo mentre le mie lacrime contenevano un misto tra rabbia e dolore.

Ancora mi chiedo quel coraggio da dove spuntò. Me ne sarei stata zitta e me ne sarei tornata a casa, dove delle ottime notizie mi attendevano.

«Perché lo hai fatto?! » urlai afferrandolo per la maglietta, pronta a strappargliela di dosso.

Avevo tanta voglia di ferirlo come lui aveva ferito me, ma era impassibile, avevo paura che le parole non lo ferissero e dovevo trovare un altro modo per vendicarmi.

«È la verità e a volte fa male» sussurrò a denti stretti, quasi come se volesse tirarmi un pugno in mezzo alla faccia.

Bene, se non lo avesse fatto lui, lo avrei fatto io.
Caricai un gancio pronta a spaccargli la mascella, ma la mia mano si bloccò nella sua.

Quel contatto, in quel preciso momento, mi faceva ribrezzo. Mi trasmetteva un senso di angoscia molto forte.

«Cazzo, sei così prevedibile. Te l'ho insegnato io, genio» disse con squallore, scuotendo la testa.

Era vero, molte cose me le aveva insegnate lui.

Feci due passi indietro, guardando il volto dei miei compagni che si prendevano gioco di me.

Corsi a casa più velocemente possibile. Non avrei mai più visto Dylan Bennet, poco ma sicuro.

Un dolore indescrivibile aleggiava nel mio cuore e a stento riuscivo a respirare per il nodo inscioglibile alla gola.

Umiliazione, in una sola parola.

Sbattei la porta malandata alla spalle e mi buttai sul divano.

«Scarlett, che succede? Io e tuo padre dobbiamo parlarti» mi informò malinconicamente mia madre sedendosi accanto a me.

«dimmi pure» risposi rabbiosa, nonostante lei non avesse colpe.

«Tuo padre ha trovato un lavoro a Savannah, in Georgia» iniziò facendomi trovare un po'di speranza.

«Ed io ne ho trovato uno a Nashville, in Tennessee. Beh, lo sai che volevamo separarci già da un po'...» si fermò guardando a terra.

«sono ottocento chilometri di distanza. Te lo dico perché la geografia non è mai stata il tuo forte» si soffermò sulla prima frase a lungo.

«Ovviamente ti verrò a trovare spesso, ma è meglio se stai con tuo padre. Io non riuscirei a mantenerti» concluse abbracciandomi e facendomi scoppiare in lacrime, di nuovo.

«ti prego mamma, non mi lasciare» la supplicai stringendola più forte.

Che dite? Secondo voi mi ha ascoltato?

Assolutamente no. Mi ha abbandonato, autodefinita orfana di madre nonostante lei fosse viva.

Non la vidi più. Le mie chiamate suonavano a vuoto e i miei tentativi dopo un po' scemarono.

Non preoccupatevi per lei, ci arriveremo più avanti.

Fu così che mi trasferii a Savannah, il capoluogo della contea di Chatham, una città portuale soggetta ad inondazioni, scappando da tutti i problemi e soprattutto da Forks.

Quattromilanovecentodiciotto chilometri mi separavano dalla persona che più odiavo, erano tanti e allo stesso tempo pochi.

❁𝘽𝙚𝙨𝙩 𝙛𝙧𝙞𝙚𝙣𝙙𝙠𝙞𝙨𝙨❁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora