Capitolo 7

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"Hai dell'anfetamina con te?"
"Cosa?" Dianna sussultò.
Byron, la cui figura composta riluceva dietro il brontolio del focolare, soffocò una risata. Poi tornò a succhiare la sua sigaretta. "Intendo..." Le sue labbra presero a disegnare spirali di fumo nell'aria, "se hai droga con te. Sai, non vorremmo finire nei guai."
"Oh..." Dianna abbassò lo sguardo per un istante. "No, non bevo liquori." Poi, però, chinò il capo mortificata, quando i suoi compagni sfociarono in una risata scrosciante. Poteva avvertire le guance ribollire di vergogna. Quando ebbe l'audacia di sollevare nuovamente lo sguardo, l'unico volto serio che incontrò era quello di Tristan.
Egli, difeso dall'ombra della quercia, sedeva a gambe incrociate su un lembo d'erba bagnato, agganciando i gomiti attorno alle ginocchia, l'espressione stoica che rasentava la rabbia. Ma il suo volto era illuminato dal fulgore affamato delle fiamme, che parevano voler sgusciare impetuose tra l'aurea dorata dei suoi capelli.
Guardandolo, la sirena udiva un indolente pulsare nelle orecchie, quasi fosse imprigionata sotto una campana di vetro dallo stantio asfissiante. Ma, quando Tristan levò lo sguardo, un brivido gelido si rivoltò lungo la sua schiena, e fu obbligata a distogliere l'attenzione.
Dianna pensò di non aver mai visto degli occhi tanto ghiacciati.
Byron riprese fiato e il suo sghignazzare sardonico sembrò placarsi un poco, ma il volto era ancora imporporato dalle risa. Dopodiché protese la mano e mostrò la sigaretta a Dianna. "Prova un tiro."
La sirena non riuscì neppure a scuotere il capo che un movimento repentino la fece sobbalzare: Jana allungò un braccio e strappò la cicca dalle dita di Byron, portandola alle sue labbra. Prese ad inspirare con foga. "Te l'ho detto, Byr, la novella è ingenua, innocua, pura e casta. E credo sarebbe meglio preservarla tale. Non indurla al vizio. Tieni piuttosto lontani i tuoi discorsi da genio del male," concluse, accartocciando la testa della sigaretta tra due ciuffi d'erba.
"Il diavolo mi ha sempre affascinato." Byron intrecciò le braccia al petto, stese le gambe, le accavallò e appoggiò la schiena al tronco della quercia.
Intanto, la luna affievoliva il suo barlume e, ben presto, non rimase altro che un fioco chiarore ombreggiato dal tizzone del firmamento.
Accerchiati attorno al fuoco, i sei ragazzi rimasero in silenzio ad osservarne le faville che piovevano nell'aria come piccoli lampi incadescenti che spegnevano il loro sfavillio una volta addormentati a terra.
"Da dove vieni, Dianna?" Kristiàn si dondolò sulle ginocchia.
La sirena si maledisse segretamente per non aver mai preso in considerazione una valida risposta alla domanda. Sentì il suo cuore perdere un battito. Ricordò le parole di Mandy.
Il tuo volto sembra russo... questi capelli rossi, poi...
Si affrettò a mentire. "Russia."
Vide Tristan alzare un sopracciglio e sbattere lentamente le palpebre sopra gli occhi raggelati.
"Doveva pur esserci una ragione a questa capigliatura fiamma" mormorò Jana. "Probabilmente non saprei dire se ardono più i tuoi capelli o questo falò..." Scrutò la ragazza, sigillando le labbra in un'espressione concentrata.
Byron intervenì. "Da quale città, più precisamente?"
Dianna ebbe voglia di imprecare, ma ingoiò l'amaro che attecchiva alle pareti della sua gola. "Mo... Mosca. Sì, Mosca." Poi il suo sguardo incrociò il volto di Tristan, ancora una volta: ora, serrava la mascella e scuoteva impercettibilmente il capo.
"E..." Kristiàn sorrise timidamente dietro il volto pallido, "come si dice sei bellissima in russo?"
"Oh, Dio, quanto squallore..." Byron grugnì e reclinò il capo all'indietro.
"In realtà ero... davvero molto piccola quando i miei genitori si trasferirono negli Stati Uniti, quindi non... conosco il russo. Non lo... ricordo."
Jana sbarrò lo sguardo. "Nemmeno una parola?"
"Nemmeno una parola."
Tristan si schiarì la gola e biascicò qualcosa tra le labbra, afferrando audacemente un paio di tizzoni ancora ardenti che il fuoco aveva sputato via, rigirandoli abilmente tra le dita, quasi non avvertisse dolore.
Per la seconda volta in quella sera, Dianna si chiese come facesse.
Byron alzò il mento e ammiccò a Tristan. "E tu? Da dove vieni? Sembri abbronzato. New Mexico? Santa Fe?"
"New Orleans," si limitò a rispondere l'altro, senza concedergli neppure l'onore di uno sguardo.
La sua voce suonava profonda come la nota più grave di un violoncello.
"Sai... in realtà credevo fossi spagnolo," Jana assottigliò lo sguardo perla. "Tristan... Tristan... il tuo nome mi ricorda la Catalogna, el brìo español, la tierra de los castillos," pronunciò con un vivo accento cadenzato.
Byron spalancò gli occhi sognanti. "La patria del jazz! Amico, quella sì che è musica! Ho sempre sognato di schitarrare con la mia Gibson a suon di jazz!" Allungò un braccio e portò una mano al petto, iniziando ad agitare le dita, fingendo di suonare. "Suoni la tromba?"
"No." La voce di Tristan era ferma.
"Qualche altro strumento...? Pianoforte, fisarmonica, contrabbasso...?"
"No."
"Neppure il flauto per incantare i serpenti?"
"No."
Byron chiuse gli occhi e sospirò. Ci riprovò. "Canti?"
"No."
"Peccato, mi sarebbe piaciuto formare una band. E' sempre stato il mio sogno. Ma tu e i tuoi no lo avete infranto ancora una volta."
Jana sorrise meditabonda. Tra le sue labbra era espresso un tacito desiderio. "Potrei cantare io..." disse. Dopodiché ammicco ad Elena, che fissava il focolare senza dire una parola. "Elena potrebbe scrivere i testi delle canzoni."
Byron arricciò il naso in un'espressione quasi disgustata. "No, finireste per scrivere di amori finiti, di amori folli, di amori impossibili, di saltellanti adolescenti innamorate bramanti del loro principe azzurro che non sa neppure della loro esistenza. Quindi no, mai affidare compiti così importanti alle donne, se vuoi essere un vero uomo."
Jana sollevò il mento spavalda e mostrò il naso sottile con sicurezza. Poi voltò velocemente il capo, seccata. "Non conosci il valore delle donne ed il loro potere. Spero vivamente qualcuno ti punisca per questo tuo pensiero così maschilista."
Byron le strizzò l'occhio, beffardo. "So come difendermi."
"Dianna potrebbe cantare. Sono sicuro abbia una voce morbida, calda... quasi sensuale. Non è così?"
La sirena si destò e, quando sollevò il viso, i suoi occhi vigili presero ad esaminare i presenti. Non impiegò molto per riconoscere la nota profonda della voce che aveva parlato.
Tristan la stava fissando.
Il suo sguardo, però, non nascondeva semplicemente una fitta e legittima curiosità. In esso era impresso il marchio del convincimento. Mai, in tutti i suoi diciassette anni di vita, Dianna aveva udito un tono di voce che celava una tale sicurezza.
Tristan Waves pareva certo del suo pensiero. Sembrava quasi la conoscesse.
Eppure, la giovane non ebbe il coraggio di ammettere che cantare era realmente la danza del suo cuore, la gioia delle sue giornate, lo sfavillio nel buio durante la tristezza. Le sirene adoravano cantare con le loro voci di velluto. Anche lei.
"No, non credo. Ho poche abilità. E cantare non rientra tra quelle."
"Che peccato..." Tristan parlò di nuovo. Questa volta, però, il tono era superbamente ironico, derisorio.
"Sì, è un vero peccato, perché anche il pastore Grant cerca una buona voce che canti i salmi durante il culto al Signore, in quanto sostiene che gli studenti non vadano più in chiesa, la domenica, perché quando canta lui la croce trema. Forse Cristo si spaventa perché è davvero stonato," bisbigliò distrattamente Kristiàn, mentre era occupato ad afferrare la giacca della sua uniforme lasciata sull'erba per avvolgerla attorno alle spalle.
Byron rise e si alzò con un mugugno. "Avremo modo di consolarlo, domani."
Jana piagnucolò e agitò i piedi, incurvando le sopracciglia sopra gli occhi argento. "Non voglio venire in chiesa, domani. Ogni volta che il pastore Grant apre la Bibbia, inizio a sbadigliare. Inoltre, da quando ha messo la dentiera, i suoi difetti di pronuncia si sono moltiplicati e non riesco a comprendere ciò che dice!"
"Non è necessario lamentarsi. Sai bene che Mandy ti trascinerebbe in chiesa reggendoti per il collo," sussurrò Kristiàn.
"Oh, il diavolo fatto donna che ti esorta a partecipare al culto del Signore. Davvero controverso."
Byron, invece, guardò Dianna e Tristan. "E voi? Venite domani in chiesa?"
La sirena avvertì la consistenza densa del sangue arrestare la corsa nel suo corpo. Non poteva mettere piede in un luogo di culto cristiano. Gli dei si sarebbero adirati, e lei conosceva bene fino a che punto poteva spingersi il loro risentimento. Sarebbe stata ridotta in cenere, una poltiglia di polvere lanciata poi al vento e trasportata tra le viscere del mondo.
Tristan conficcò un bastone nel terreno e alzò gli occhi ghiaccio per parlare. "Non posso venire."
Byron alzò le sopracciglia e sbatté le palpebre in un movimento perplesso. "Sei ortodosso? Musulmano? Agnostico?"
Tristan socchiuse gli occhi. "Non esattamente..."
E, mentre lo disse, guardò Dianna.
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Tristan suppone che Dianna abbia una bella voce e ha dei seri dubbi riguardo la provenienza della ragazza. Chissà perché.
Secondo voi, che cosa accadrà nel capitolo 8, mentre gli altri sono in chiesa?
Spero il capitolo vi sia piaciuto.
Come sempre, vi ricordo di passare dalla pagina Facebook dedicata alla storia "Alexandra-writes on Wattpad".
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