Capitolo 61

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Massbury Institute, Mathews, Virginia.

La porta della camera numero 73 cigolò improvvisamente nel buio frastornante della sera.
Elena scostò la rivista di fumetti dal viso e spalancò gli occhi, all'erta, e i due ciondoli che riposavano sul suo collo tintinnarono tra loro quando, con un veloce balzo, scese dal letto a castello e saltò sul pavimento. Rapidamente, piegò un lembo della pagina e infilò la rivista sotto l'elastico della biancheria. Dopodiché, Elena afferrò la piccola maniglia della lucerna e la stanza venne avvolta da un pallore spettrale.
La porta si aprì con uno scatto violento e la figura di Jana venne illuminata dalla flebile fiamma della lucerna. Era alquanto trasandata: la giacca dell'uniforme era infilata al contrario, con le cuciture in vista, la camicia era leggermente sbottonata a lasciar intravedere il solito reggiseno bianco e la cravatta rossa pendeva pericolosamente verso la tasca dei pantaloni, sino a che scivolò a terra e Jana inciampò sul suo tessuto.
Entrò nella stanza barcollando ed incespicando, stridendo i denti e rasentando il palato con la lingua fino a creare un suono quasi impastato e gelatinoso. Jana sbandò verso sinistra e urtò lo spigolo di un comodino sul quale erano posizionati in un'alta pila i fumetti di Elena, la quale si slanciò fulminea sul comodino prima che le sue letture crollassero a terra.
Jana parlò e la sua voce aveva alti e bassi: "Leggi... i monga?"
Elena venne investita da una folata di alito consunto e dedusse: "Sei ubriaca."
"Cosa? Co-me? Dove sono... ubicata? Qui... vi-vo.. q-qui." Jana rise e si mosse in avanti, ma quando il suo viso incontrò rischiosamente la fiamma della lucerna, arretrò spaventata e, inciampando sui suoi stessi passi, crollò sul pavimento. Si abbandonò ad un sospiro di sollievo che mascherava una smorfia di dolore e aprì braccia e gambe. "Sono una... bellis-sima stella ma-rina e... e posso vola...re." La sua voce si allungò canterina sull'ultima sillaba.
Elena grugnì esasperata e si chinò verso l'amica. L'afferrò per un braccio e provò a sollevarla con un notevole sforzo. "Le s-stelle marine non... volano."
"E inve-ce sì." Jana spalancò gli occhi grigi, profondamente convinta delle sue parole. "Tutto si tras... trasforma."
"Alzati, Jana."
"Byron... dai, non vo-glio i biscotti..." Jana rise sognante e sputò dai denti un insopportabile vento che aveva il sapore del vino. "Anzi, sì! Però..." Provò a fare una pausa ad effetto e le sue palpebre non sbatterono per un lungo minuto, "solo se so-no al ciocco...lato."
"Jana..."
"Fondente!"
Elena lasciò la presa sul braccio di Jana e quest'ultima ricadde sul pavimento come un pupazzo esanime dalle sembianze di un cadavere il cui sangue in corpo era stato prosciugato. Dopodiché si drizzò dolorante alla schiena, si asciugò un paio di gocce di sudore che le brillavano sulla fronte come piccoli cristalli e si chinò nuovamente verso la compagna. Provò a sollevarla di peso posando le mani sotto le sue ascelle, ma le sue braccia erano troppo deboli per alzare un corpo completamente rilasciato che si rifiutava di collaborare. Elena mugolò tra i denti. "Jana... ti pre-go... alzati... non ce la faccio... da sola."
"Byron," Jana urlò quel nome con una voce talmente stridula che Elena balzò trafelata, "non toc-carmi. Dai, mi fai il... sol-letico... devo pre-sercvare la mi...a dignità. Sei davvero... sexy, ma... insomma... la-sciami." Jana deglutì e poi si agitò quasi furibonda, immersa nella propria astratta immaginazione che le distorceva la percezione della realtà. "Ficcati le mani in c..."
"Jana!" Elena gridò, interrompendola nel momento giusto e, con un ultimo sforzo e concentrando tutte le sue attenzioni sulle proprie braccia, riuscì a sollevare l'amica solamente per spingerla sul suo letto. Dopodiché, si piegò sulle ginocchia e respirò ansimando, la forza residua che usciva dalle sue labbra come nuvole di fumo.
Mentre i suoi capelli si muovevano febbrili sotto le spinte del vento che si immetteva nella stanza dalla finestra, Jana fissò il piccolo tettuccio di legno che divideva il suo letto da quello di Elena sopra di sé, scrutandolo con una particolare attenzione, quasi stesse osservando le stelle. Dopodiché, congiunse le mani in grembo come una salma egiziana.
Intanto, Elena, che si augurava di aver ritrovato un po' di pace, sfilò la sua rivista di fumetti dall'elastico della biancheria e si diresse verso la scaletta che conduceva al suo letto, ma Jana la fermò.
"Un dub-bio mi tormenta... Page."
Elena roteò gli occhi al cielo. "Byron non è v-vergine?"
"No... "Jana si schiarì la voce e poi rise isterica. "Lui è To-ro, ma la questio...ne non è que... questa. Il dub-bio che mi affligge è... un altro," concluse la frase con un'enfasi teatrale.
"Quale?"
"Come fan-no gli istrici a fare... sesso?"
Elena aggrottò la fronte, ad un tempo scettica e stupita; allungò un braccio verso il proprio letto, ne afferrò il cuscino e lo lanciò sul viso di Jana. "Sta' zitta e... e dormi. Sei fuori di t-te."
Trascorsero alcuni minuti di silenzio, durante i quali Elena raggiunse il suo letto e Jana non parlò, limitandosi a posizionare un dito dinanzi al suo volto e a fissarlo mentre lo avvicinava alla punta del naso, solamente per sbocciare in una risata quando percepiva i suoi occhi incrociarsi. Ma la quiete non durò molto ed Elena, proprio nell'istante in cui la lancetta della sveglia si era mossa con fatica verso la mezzanotte, fu costretta ad interrompere ancora una volta le sue letture: Jana iniziò ad intonare le note acute di una canzone, scandendo con la lingua sul palato il ritmo e sputando nella stanza una voce stridula e rauca che portò Elena a massaggiarsi vigorosamente le tempie. La melodia sinistra sfoggiata dalla sua voce prese quota e ben presto, seppur con difficoltà, Elena riuscì a distinguere le parole della canzone che Jana pronunciava singhiozzando e scatarrando i residui di birra nella sua gola.
Jana cantava, con le mani ancora congiunte sul petto: "In my life... there's be-en heart... ache and pa-in
I... I don't know if I c-can fa-ce it again."
"Jana, ti p-prego..." mugolò l'altra sbarrandosi gli occhi con le mani in un gesto disperato.
"Can't stop-p now, I've trave-led so faaaar, to chan-ge this lo-nely life..." Jana alternò note atterrate e decolli di voce impressionanti, fino a che non fu costretta a schiarirsi la gola. "Ah, che canzo...ne meravigliosa..." commentò per poi riprendere con voce ancor più possente e insostenibile: "I want to know what love is... I want yo-u to show m-me..."
Elena, che era certa che per mettere a tacere Jana bisognava porle alcune domande che la distraessero dal canto, portò una mano dinanzi alle labbra per un colpo di tosse, poi disse: "Dove l'h-hai sentita?"
Jana, effettivamente, tacque subito declinando la voce in un borbottio indecifrabile. Si alzò dal letto colpendone la testiera di legno con la testa, poi lamentò dolore e, facendo leva su tutte le sue forze, si sollevò di un poco per affacciarsi oltre la piccola scala che conduceva al piano superiore del letto a castello. Dopodiché, con occhi vitrei, arrossati e spalancati, dove le vene guizzavano come pompe sanguigne, guardò Elena e biascicò tra i denti: "La can-tava prima B-Byron. Ha detto che i... i Foreigner han-no fatto davvero un... un bel la-voro con questa canzone. Perché è d'am-ore e... dice che... che quest'uomo praticamen-te ha vissuto una vita da schi...fo... però vuole conoscere l'amo-re," Jana sorrise istintivamente e i suoi lineamenti si tesero dolcemente, gli occhi si socchiusero, ma quando li riaprì tornò a fissare Elena con sguardo vuoto. "E questo qui pen-sa che la sua don-na possa fargli conoscere... la sen-sazione di amare... e... e..." continuò a balbettare come un giradischi che graffia sempre sullo stesso solco per qualche secondo, "ed è bello, no?"
"Molto."
Jana drizzò il collo come se fosse stata offesa. "Tu non mi... mi stai ascoltan-do."
Elena, senza dare nell'occhio, represse la nausea che l'alito di Jana le fece vorticare in corpo e annuì. "No... io ti... ti ascolto."
"Bene." Jana deglutì e allungò una mano per reggersi ad un piolo della piccola scaletta, mentre il suo capo sbucava alle spalle del cuscino di Elena. "Byron stava strim... strimp.... strimpellando questa canzone al-la chi...tarra e ha detto che... che per fare una co-sa veramente figa servi-reb-be la batteria... quindi quando uscirò... da... da questo castello infer-nale... prenderò lezioni di batteria..." E concluse abbassando improvvisamente il capo come colta da un colpo di sonno, ma si drizzò tempestivamente.
"Emozionante."
"Già." Jana sbatté più volte gli occhi, dopodiché sfoggiò un sorriso languido e infantile, addentando il proprio labbro inferiore. "E poi... e poi ha det-to che se faccio la brava mi dedi-ca quella can... canzone."
"Sensazionale." Elena finse di ascoltare le sue parole, ma i suoi occhi -dietro le lenti dei grandi occhiali- correvano bramosi sulle ultime pagine della rivista che leggeva ad alta voce, sulle quali i suoi lunghi capelli ricci riposavano docilmente.
"Sì." E Jana, dopo aver inalato una grande boccata d'aria, si rincantucciò tra le coperte del suo letto, intonando sommessamente le note della stessa canzone.
Era talmente concentrata a scrutare e a divorare con lo sguardo selvaggina le ultime vignette del piccolo fumetto, che Elena non si accorse del tempo che scorreva inesorabilmente: la sveglia sul comodino segnava già la mezzanotte e mezza e il timore che Mandy potesse passare di ronda lungo i corridoi e sentirla la indusse a leggere a bassa voce, facendo solamente incontrare silenziosamente tra loro le grandi labbra rosa, fino a che una fitta lancinante non le trafisse le tempie. Elena, a quel punto, lanciò il piccolo giornale sul letto e portò le mani alla testa, sinceramente dolorante, chinando il capo verso il petto e stringendolo tra le spalle: nella sua mente si affossavano voci, preghiere, grida e strani nitriti. Scosse la grande chioma riccioluta come per scacciare quel vociare assiduo e quella confusione indistinguibile, ma più chiudeva le orecchie con i palmi delle mani, più i frastuoni si facevano intensi. Iniziò a gemere e a mugolare, perché percepiva strane scosse elettriche che correvano lungo la sua spina dorsale e perché i due ciondoli appesi al suo collo sembravano d'un tratto bruciare a contatto con la pelle. Versando una lacrima di dolore e disperazione, Elena scese tremando le piccole scale e attirò l'attenzione di Jana che da tempo era in bilico tra il sonno e la veglia.
L'amica, che ancora vedeva lontano il momento in cui avrebbe smaltito la sbornia, disse: "Che... fai?"
"Stai zitta... stai zitta...!" stridette Elena tra le labbra, mentre le lacrime raggiungevano velocemente la sua bocca. Fece per avvicinarsi alla finestra e reggersi al davanzale, ma crollò sulle ginocchia prima di muovere un paio di passi e gridò qualcosa di impercettibile, come se spronasse quella sorta di demone che la stava logorando ad abbandonare il suo corpo.
Jana osservava stoicamente la scena, la mente confusa: "Ah... ho capi...to. Sei ubriaca anche... tu."
Elena farneticò e allungò un braccio per reggersi allo spigolo del suo scrittoio, sul quale la sua macchina da scrivere barcollò pericolosamente. Si alzò a fatica, ma non riusciva a percepire alcun rumore esterno, neppure il lieve posarsi dei suoi piedi nudi sul pavimento: la sua testa era ricoperta di rumori, clangori e suoni sordi, come avvoltoi che si precipitano sulla salma decaduta di un uomo. Lei sentiva, sempre più potente dentro di sé, oramai, il peso soffocante di quella sensazione. "Sta..." riuscì a dire poi, "sta iniziando."
Jana provò a focalizzare la figura della compagna. "Che cosa?"
"La guerra." Ed Elena si sedette dinanzi alla sua macchina da scrivere. Guardando un punto in lontananza, fissandolo assorta, quasi riuscisse a visionare la scena, le sue dita si mossero sui piccoli tasti consunti e corsero veloci in descrizione. Avrebbe scritto di quel momento memorabile.
Jana, d'altro canto, estranea alla situazione, si lasciò ricadere nuovamente sul cuscino e chiuse gli occhi, brontolando. "Fai una ricerca su... su come si accop-piano gli istrici... dovreb-be esserci qualcosa in bi...biblioteca a riguar-do. E poi... e poi scrivi di loro. Sì," assentì ancora, "dovrebbe-ro essere interessanti... gli istrici."
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Nello stesso momento, ad Alexandroupolis.

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