Capitolo 23

8.8K 579 100
                                    

Il loggiato del Massbury Institute non era uno degli esempi di architettura più eccelsi del ventesimo secolo, ma l'alone tetro della notte che lo avvolgeva era un buon riparo dallo sguardo altrui.
Tristan si appoggiò ad un'alta colonna e lasciò scorrere lo sguardo lungo le curve degli archi, delineandone il fantasioso gioco di forme e prospettiva.
"Che diavolo ti è saltato in mente, Tritone?"
Tristan focalizzò l'attenzione su Bentesicima, e il suo sguardo si fece titubante: sembrò soppesare e sospirare con una vena di rassegnazione alle parole della sorella. Poi infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, alzò brevemente il mento al cielo, lo sguardo perso altrove, e lo diresse sulla punta ben lucidata dei suoi anfibi. "Che vuoi dire?"
Bentesicima parve sorpresa. Risucchiò il respiro per un istante, pronta a prendere parola, ma si immobilizzò. Poi, dopo aver aggrottato le sopracciglia perfettamente disegnate per un momento, parlò: "Che cosa voglio dire?!" Iniziò a gesticolare, il tono di voce duro strigliato tra i denti. "Quella sirena! Quella maledettissima Dai...De...Ann..."
"Dianna," la corresse prontamente Tritone.
Bentesicima chiuse gli occhi, visibilmente disturbata dalla correzione di suo fratello, che trovava decisamente inopportuna. "Sì, lei. Nostro padre ti ha ordinato di venirla a riprendere e..."
"Ed è quello che farò!" Tritone alzò la voce.
Bentesicima strinse i denti, racchiuse le lunghe dita affusolate a pugno e contrasse i magri lineamenti del volto in una morsa esasperata. "Ma non in tempi così lunghi! Nostro padre è adirato, davvero adirato, Tritone. Sai bene che non ha pietà, è inflessibile. Esige rispetto e pretende che gli ordini da lui promulgati vengano compiuti, soprattutto se li affida a suo figlio -il suo caro figlio maschio primogenito." Poi si guardò attorno, accertandosi che nessuno stesse ascoltando le sue parole, e la sua voce si ridusse ad un sussurro. "Nostro padre vuole la sirena. Ora. Deve essere addestrata velocemente. La guerra contro i Titani è imminente e tutto l'Olimpo si sta preparando al grande giorno, e l'ausilio di quella dannata sirena è purtroppo indispensabile. E, in parte, dipendono da lei le sorti del mondo." La giovane studiò le impercettibili reazioni del fratello e incrociò le braccia al petto, assumendo un degno atteggiamento composto. "Nostro padre ti ha dato un'ultima chance. Una chance a senso unico. O la riporti immediatamente nel regno dei mari o la riporti immediatamente nel regno dei mari. Scegli tu."
"Dammi un po' di tempo."
Bentesicima urlò. "Un po' di tempo per cosa?" La sua voce proruppe in tutta la sua rabbia. "Che diavolo devi fare? Io... " Portò le mani alla testa, esausta. "Io non riesco proprio a capire. Devi eseguire un ordine, non balzellare nelle tue solite e sciocche avventure. Siamo stanchi delle tue bricconate, fratello. Quella di nostro padre è l'ultima possibilità che ti ha donato affinché tu possa riscattarti e ricostruire la tua reputazione che, penso tu già lo sappia, non è delle più pulite."
Tritone, che ascoltava le parole della sorella alzando di tanto in tanto il sopracciglio e gironzolando altrove con lo sguardo, fu ora costretto a puntare gli occhi sulla sorella. Con un'imminente ira strinse le labbra e alzò l'indice per puntarglielo contro. "Reputazione? Sono responsabile delle mie azioni e chi osa solo profanare il mio nome o prendersi l'ardire di commentare ciò che io scelgo di fare e ciò che io ho voglia di fare, sia ben sicuro, prima, di essere degno di aprire la bocca a mio sfavore. Sono in una netta posizione superiore e sono una divinità. Delle parole dei pezzenti non m'importa." Tritone sfoggiò una sorpresa risata strigliata tra i denti, i lineamenti tesi.
"Dei pezzenti, come li chiami tu, che hanno ben ragione di muovere mal parole contro di te! Il tuo animo non ha pace, Tritone. Devi essere sempre sul filo del rasoio per sentirti vivo. Devi sempre vivere l'adrenalina del pericolo, inciampare sui guai, finire in trappola e lodarti per essere riuscito a scampare alle intemperie da solo. Sei solamente un megalomane che, per quanto si convinca di possedere un nobile animo obbediente, non riesce a sottostare agli ordini di superiori."
"Bentesicima..." Tritone si iniziò a scaldare e il suo respiro si fece più ansioso.
"Credi che nostro padre non ricordi le tue idiozie? Purtroppo, prima che tu partissi, te ne ha citate solamente tre, ma lascia che te ne rammenti qualcuna in più." Bentesicima alzò le dita e fece per contare con espressione beffarda. "Nel 413 avanti Cristo -oh, come odio usare il nome di quell'uomo-, durante la guerra del Peloponneso che metteva in contrapposizione Sparta e Atene, fingendoti un soldato ateniese, hai suggerito allo stratega Nicia di ridurre la flotta a 134 triremi, aggiungendo che avrebbe risparmiato così altre navi per fronteggiare possibili ulteriori attacchi spartani, portando così Atene ad una brutale sconfitta perché volevi che vincesse Sparta."
"Sono sempre stato dalla parte di Sparta, sorella."
"Nel 1686, in Francia, dopo essere stato ospite di un ricevimento, hai sedotto e rapito la figlia del marchese Bouvier perché avevi notato al palazzo di questi quadri ritraenti Ade e meravigliosi dipinti di Atena."
Tristan soffocò un sorriso al ricordo e si mostrò assolutamente fiero del suo passato. "Sai bene che, come nostro padre, non vedo di buon occhio né Ade e né Atena."
"Tritone, il marchese Bouvier era un semplice appassionato d'arte."
La voce di Tritone si fece falsamente ironica, mentre deplorava con occhiate gelide le parole della sorella. "Oh, anche io, ma sono molto più accorto nello scegliere i soggetti dei quadri che intendo commissionare."
Bentesicima chiuse gli occhi. Vedeva nel fratello una roccia indistruttibile, uno scoglio infrantumabile, e notarlo così fermo nelle sue idee e molto più irremovibile rispetto al padre, rendeva tutti i suoi tentativi di mediare i voleri di Poseidone e quelli dell'Olimpo assolutamente vani: inoltre, detestava soccombere.
Le risposte immediate, rapide e decisamente derisorie del fratello scatenavano in lei un circolo bollente di rabbia.
Bentesicima ritentò e, nel sostenere il suo prossimo sermone, si appoggiò ad una colonna. "Non puoi continuare a comportarti così. Il tempo per le tue buffonate è scaduto. Il tempo per le tue sciocche avventure di ragazzo è oramai concluso. È il momento di agire. È il momento di prepararsi, di ghermire la spada, di assumere le proprie responsabilità e di fare del campo di battaglia un mare sanguigno. È il momento di sbaragliare e uccidere i nostri più antichi nemici. Quindi comportati da uomo maturo, porta a termine il dovere che hai accettato di eseguire e prendi quella dannata sgualdrina!"
Tristan alzò immediatamente lo sguardo: non seppe se, dello sproloquio interminabile della sorella, fu il resoconto ben dettagliato delle sue passate avventure barcollanti o se fu l'epiteto affibbiato a Dianna che Bentesicima sputò con odio tra i denti ad infocare i suoi sensi. Ma Tristan alzò l'indice, ora autorevole, dirigente, possente. Il suo sguardo ghiaccio si colorò delle stesse sfumature del cielo che sorvegliava quella serata grigia e cupa e le sue labbra presero a stringersi in una fessura rabbiosa. "Tu, sfrontata." Si fece più vicino a lei, tanto inquietante e vicino che la obbligò ad arretrare. "Come osi rivolgerti a me usando simili parole e cantando a gran voce sgraziata ordini su ordini e vestendo un'autorità che non ti compete? Come osi dire a me, tuo fratello, figlio di Poseidone e conoscitore di guerra e brutalità, cosa è più giusto che io faccia? Quale diritto ti esorta a ripercorrere le mie scelte passate? Quale diritto ti porta a darmi del megalomane, dell'uomo immaturo e dell'idiota avventuriero?" La sua voce era talmente calda, minacciosa ed impressionante nella sua imponenza, che Bentesicima avvampò e si resse segretamente ad uno dei pilastri del loggiato, bofonchiando sillabe sconnesse in risposta, lo sguardo punto.
"Sono tua sorella!"
"E proprio in quanto mia sorella devi portarmi rispetto!" Tritone urlò, ora sganciando immaginarie saette dallo sguardo e travolgendo Bentesicima con la burrasca delle sue parole. Le teneva ancora il dito puntato sotto il mento, le spalle larghe e robuste che incutevano timore. "Smettila di ripetermi di essere mia sorella solamente per conferirti un potere che non ti concerne! Non sei nessuno, Bentesicima. Non sei nessuno per dire a tuo fratello, Tritone, la gemma di potere nel regno dei mari, cosa deve fare. Ho accettato di eseguire l'ordine di nostro padre perché rispecchiava l'idea di avventura che volevo intraprendere, non perché sono succube delle sue decisioni. Non sono sottomesso agli ordini di Poseidone." Ora arretrò di un passo e prese un gran sospiro prima di continuare, squadrandola con rinnovato disprezzo. "Figuriamoci ai tuoi. Sei una donna, una semplice donna che non avrebbe il diritto di parlare ad un uomo, una femmina che non possiede identità, se non legata ad una figura maschile. Ricaccia la lingua tra i denti, stai al tuo posto e bada bene a chi ti rivolgi, prima di parlare a sproposito assumendo una finta espressione di superiorità che non ti si addice, ma che ti rende più sgradevole di quanto tu già non sia." La voce di Tritone riecheggiò per il loggiato del Massubury Institute.
Le parole crudeli del fratello -dettate probabilmente da una rabbia improvvisa che aveva stuzzicato i suoi istinti, dato che Bentesicima non credeva che in Tritone si potesse nascondere un uomo capace di utilizzare un simile linguaggio triviale- la colpirono però nei suoi sensi più vulnerabili. La ragazza alzò lo sguardo acqua e fissò il fratello, i capelli di bronzo che baciavano le sue spalle e un ghigno di sfida scolpito sulle labbra. "Dici che sono una donna cui non spetta alcun diritto, né quello di rivolgere la parola ad un uomo, né quello di influenzare le scelte di questi, ma sei così controverso, Tritone! Anche la cara sirenetta che ti accingi a non rapire è una donna, una donna di bassa estrazione sociale. Eppure... eppure sembri non volerla neppure sfiorare con i tuoi artigli acuminati e riportarla indietro per paura di ferire la sua candida pelle."
Tritone appiattì lo sguardo e, dopo aver chiuso gli occhi nel vano tentativo di recuperare e di mantenere intatta quella poca calma che aveva avuto l'accortezza di custodire, riaprì le persiane dei suoi occhi gelidi. Fissò la sorella per una manciata di istanti e poi, scuotendo il capo -consapevole di non poter oramai frenare i propri impulsi- sferrò un pugno contro una colonna del loggiato e le sue unghie stridettero contro il suo materiale. Respirò a fatica, poi disse con tono rabbioso: "È proprio questo che mi sta uccidendo! È lei! È quella sirena che non mi lascia pace! Ma lei... c'è qualcosa..." La parlata si ridusse ad un sibilo riflessivo. "C'è qualcosa in quella sirena che non mi lascia modo di attaccare come vorrei. C'è qualcosa che mi ha fatto... qualcosa in lei mi sta distruggendo, Bentesicima. Non sono i Titani, non sono le mie passate avventure che mi rendono così lontano dal rispettare i tempi dati da nostro padre. È lei..."
Bentesicima, nella convinzione di aver riacquistato la dignità che le sembrava avesse perduto, intrecciò le braccia al petto ed increspò le labbra. Scrollò le spalle e soppresse un gridolino vittorioso. "Come vedi, qualche volta la tua sorellina inutile ha ragione..."
"È complicato anche per me accettare di non riuscire a far fronte a... a lei... a quello che mi impedisce di fare. Non so cosa mi stia capitando. E se lo sapessi sarei il primo a prendere provvedimenti." Tritone rivolse a Bentesicima un'occhiata strabordante di disprezzo. "Ma dato che io stesso non sono in grado di definire cosa di... tanto... cosa di tanto persuasivo ci sia in quella sirena, non sei certamente tu -sciocca!- a dovermi far luce sulla situazione!" E tornò a puntarle l'indice sotto il mento. "Quindi suggerisci alla tua lingua biforcuta di evitare di presentarmi argomenti che io mi rifiuto di commentare! Diamine..." Sospirò. "Avrei preferito ci fosse Roda qui, al tuo posto. Lei è più saggia, silenziosa, ragionevole ed obiettiva. Sa svolgere dignitosamente il ruolo di una sorella."
Intanto, Bentesicima si era rimpiattata in un angolo, il capo chino e gli occhi strizzati dalla vergogna di aver fallito l'unico tentativo che le si era presentato durante la vita di valorizzare la sua persona. Ad ogni urlo del fratello, stringeva ancora più le palpebre e balzava indietro con un breve scatto terrorizzato, le forze oramai scemate. Le parole le morivano in gola e il gelo si spandeva sulla sua pelle acquea, mentre riconosceva nel fratello una figura ancora più autorevole di suo padre Poseidone.
"Un'altra parola fuori dalle linee, Bentesicima, e ti giuro che non avrò pietà neppure di te, nonostante tu sia mia sorella." Tritone scandì le parole, parlando con voce lenta e calpestando con tono massiccio su ogni sillaba, affinché potesse essere comprensibile. Poi afferrò il polso magro della sorella. "Hai capito?"
Bentesicima balbettò: "S-sì."
"Guardami negli occhi quando lo dici!"
La giovane alzò lo sguardo atterrito e, dopo aver constatato che i lineamenti del fratello erano i più maturi e confacenti al bel viso di un uomo avesse mai notato, annuì flebilmente. "Sì, ho capito, Tritone."
Tristan sembrò ricomporsi. Arretrò di un passo e infilò le mani nelle tasche. Guardò oltre il cortile rinsecchito che si estendeva fuori del loggiato e considerò per un istante l'ipotesi di tornare alla piana del fuoco: detestava essere vittima del continuo cicaleccio acido della sorella. Poi, però, sfilò nuovamente le mani dalle tasche, colto da una morbosa frenesia che gli impediva di trovare la tranquillità. La sua attenzione tornò dunque su Bentesicima: si sporse verso di lei e si appoggiò con un gomito ad una colonna. "E che significa che Dianna dovrà essere addestrata?"
"Credi davvero che l'Olimpo permetterà che ella scenda in campo totalmente inesperta? Certo... non dovrà fare molto, se non cantare, sedurre ed immobilizzare il nemico con il fevior, ma ha bisogno di addestramento."
"Dunque?"
"Dunque nostro padre ha chiamato a corte uno degli strateghi più astuti di tutto il regno, un certo..." Bentesicima sembrò pensierosa. "Non ricordo il suo nome, a dire il vero, ma so che sembra essere molto..."
"Bazzecole."
"Cosa?"
"Non ci sarà nessuno stratega."
"Che vuoi dire?" Bentesicima aggrottò la fronte.
"Me ne occuperò personalmente. Formerò io l'esercito. E per quanto riguarda Dianna..." Il suo sguardo ora si fece sottile, "non riceverà nessun addestramento da quel tizio."
"Perché?" La voce di Bentesicima si fece incalzante.
"Perché lo decido io."
"O perché vuoi occuparti anche della questione sirenetta personalmente?" Bentesicima -probabilmente dimenticatasi degli avvertimenti precedenti del fratello- tornò a sfoderare un cipiglio rivale e a pungere con la sua lingua affilata.
"Forse. In ogni caso non ti riguarda." Tritone ammiccò con un gesto del capo al lungo viale sotto gli archi del loggiato e strinse i pugni. "Ora va' via."
Bentesicima si strinse nelle spalle, incrociò le gambe e finse un'espressione compunta. "Sì... ti lascerò libero in meno di un istante, ma la vera ragione per cui sono venuta è ben differente."
"Spiegati meglio."
"Sono venuta per dirti che nostro padre ha chiesto un colloquio con te. Evidentemente vuole comprendere meglio anche lui cosa ti spinga a ritardare." Arretrò sugli alti tacchi a spillo che, tuttavia, non le permisero di raggiungere lo sguardo del fratello. "Ti avverto che non si prospettano acque calme, quindi prepara un buon alibi che sia differente dal semplice: padre, perdonatemi, ma la freccia di Cupido ha colpito anche me." E, protetta dalla sicurezza che la distanza da Tritone non le avrebbe nuociuto, ora, in alcun modo, Bentesicima voltò le spalle e sparì.
Tristan rimase ad ascoltare l'eco scivoloso della voce della sorella, quella voce che detestava, perché tanto impertinente e tanto in grado di suscitare i dubbi più deliranti. Poi, da solo, nel nero della sera e nella malinconia asfissiante del deserto del Massubury Institute, Tristan sospirò.
Chinò il capo, fissando la sua ombra che, oramai, si conformava perfettamente al buio stirato sul pavimento. Quando alzò lo sguardo, vide solamente un tetro verde spegnersi sui pochi steli d'erba che avevano ancora l'audacia di spuntare nel cortile.
D'improvviso, però, un paio di passi mossi nel loggiato attirarono la sua attenzione.
Si voltò.
Una sagoma slanciata ma indistinta si plasmò nel buio.
Tristan scorse solamente un paio di occhi blu oceano che filtravano persino nella coltre scura.
E poi udì una voce, che, oramai, era indelebile nei suoi ricordi.
"Non credevo di costituire un problema così grande."
E la sagoma gli voltò le spalle.
Quando la luce della luna rischiarò un lembo di oscurità, Tristan riconobbe quei capelli rossi muoversi nel buio.
*******************
Molte di voi, nei commenti al capitolo precedente, avevano indovinato: è Bentesicima, la sorella di Tritone, la ragazza che gli sta parlando.
Perché prometto solennemente che nessun'altra bimbetta si avvicinerà a Tristy! Lui è di Dianna! U.U
Nel capitolo seguente ci sarà un... diciamo... colpo di scena!
Votate e commentate!
Grazie mille a tutti.

L'inevitabile attrazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora