Quella domenica mattina piovette. Il cielo pianse lacrime burrascose e, ora, Dianna osservò, agli albori del pomeriggio, le lacune di fanghiglia molleggianti sul cortile spoglio del Massbury Institute.
I ricordi la stornavano da ogni tentativo di impiegare proficuamente il suo tempo libero. Dianna rimembrava infatti il fuoco acceso del corpo di Tristan, che ardeva con lo stesso impeto dei dardi di Apollo sulla sua pelle. Non riusciva, neppure con la volontà più ferrea, a dimenticare il formicolio che era corso sulle sue gambe al suo tocco.
La sera precedente, quando Dianna era stretta nella gabbia di Tritone, tra le sue braccia possenti e il suo petto dorato, il cuore della sirena palpitava delirante. Dianna era certa che Tristan avrebbe fatto del suo corpo il proprio campo di battaglia, era certa di dover sfilare gli artigli per lottare e difendere la propria virtù. Ma Tritone, dopo il suo sproloquio, aveva taciuto. Non un solo suono era uscito dalle sue labbra. Si era limitato a fissare Dianna e a saltare con lo sguardo dagli occhi blu oceano alle labbra rosa pesca, senza proferire parola. Dopodiché, le aveva preso la mano, l'aveva aiutata ad alzarsi dal letto e, con il capo chino e gli occhi cupi che celavano però qualche istinto profondo e represso, le aveva fatto strada verso la porta e l'aveva congedata. Dianna era rimasta sorpresa: come aveva potuto il figlio tanto vendicativo e autorevole di un dio lasciar fallire l'opportunità di ghermire e punire la propria preda? Dunque, inizialmente, Dianna aveva mosso passi veloci verso la porta e, una volta inoltratasi nel corridoio, aveva iniziato a correre a perdifiato lanciando occhiate fugaci alle sue spalle, nel timore che le parole di Tristan fossero una trappola per rapirla nuovamente. Ma nessuno la seguiva. E non aveva più sentito quella calda voce d'ambrosia risuonarle nelle orecchie.
Neppure ora riusciva a sentirla o a ricordarla. Per quanto si sforzasse di rimembrare quella maledetta voce, per qualche strana ragione essa sembrava dissolta in qualche meandro lontano dei propri ricordi.
Dianna ricordò solamente le parole di Tristan.
"Non c'è un modo per frenare la tua rabbia? C'è qualcosa che possa placare la tua vendetta?"
"Sì, c'è."
"E che cos'è?"
"Un sentimento che io non ho mai provato."
A quale sentimento si riferiva? Tristan era davvero capace di provare sentimenti differenti dal semplice e futile odio? Dianna scosse il capo: no, non ne era capace.
Tristan era davvero in grado di provare sensazioni? Dianna non poteva saperlo, ma rimase ferma sull'idea che egli era perfettamente abile nel provocarle. Infatti, riusciva a scatenare in lei brividi gelidi, fuochi ardenti, timori, paure e insicurezze.
Nella sua autorevolezza, Tritone le faceva vorticare la testa, l'abbandonava al sottile confine tra realtà ed illusione.
Ed ora Dianna annuì al tacito pensiero e alla tacita convinzione che avrebbe dovuto superare ogni insidia da sola.
La mente della sirena tornò nella stanza del dormitorio, spinta nuovamente verso il flusso della realtà.
Jana sdraiava sul letto malconcio, le lenzuola accartocciate e increspate tra le caviglie e una penna dal tappo triturato stretta nel pugno della mano; portò un foglio sgualcito sopra il viso e l'inchiostro iniziò a correre sulla carta, mentre le sue labbra si toccavano velocemente in un cinguettare rauco.
Dianna vedeva in Jana una roccia mai frantumata, una forza femminile senza eguali.
La compagna scostò lo sguardo dal foglio e osservò la sirena. I suoi occhi si fecero perplessi. "Che c'è? Sto scrivendo una canzone. Rock, ovviamente. Mi sto lasciando trascinare dall'istinto. Sembra davvero forte questo flusso ininterrotto di pensieri. Mi sento così... " Poi si alzò velocemente dal letto e balzò in piedi, portando il bacino in avanti, fiera, "ispirata!" E posò il foglio scribacchiato sul letto.
In un gesto fulmineo, Elena -seduta alla sua scrivania con le dita impegnare a suonare ritmicamente la sua macchina da scrivere- si alzò e raggiunse il letto. Fece per prendere con curiosità il foglio di Jana, ma questa glielo strappò di mano con occhio truce.
"Che credi di fare? Io non posso leggere quello che scrivi tu, ma sono tenuta a mostrarti ciò che compongo io?" La voce di Jana non era mai stata così rimproverevole e i suoi occhi argento rispecchiarono spiragli di fuoco. "Stai al tuo posto, Page. Sei silenziosa quanto ficcanaso."
Elena incassò la testa fra le spalle e alzò lo sguardo selvaggina con un risentimento intinto negli occhi, mascherato però con un'usuale rassegnazione.
Jana, invece, prese a camminare nella camera con aria sofferente, allacciando le mani dietro al collo ed espirando rumorosamente. "Domani è Natale. Le lezioni sono sospese. Dobbiamo assolutamente complottare qualche espediente per trascorrere questa domenica senza girarci i pollici..." E i suoi occhi si fermarono a fissare il soffitto crepato, in riflessione.
Dianna rimase ad osservare la compagna finché non la vide sbarrare lo sguardo e sorridere euforica. Jana balzò repentinamente e lasciò schioccare le dita. "Ci sono! Stasera ci divertiremo! Sì, sì, sì!" La sua voce impennò di un'ottava e il tono si fece stridulo, mentre i palmi delle sue mani sbattevano in un evidente sfoggio di esaltazione. "Potrò cantare e suonare il mio nuovo pezzo davanti a Byron! Insomma... lui è un chitarrista e... e ha sempre detto che apprezza la mia indole rock... quindi... quindi sì, assolutamente!" E, in uno scatto deciso, il suo mento si alzò all'aria. Dopodiché, posò le mani sui fianchi.
Dianna sventagliò velocemente le ciglia e seguì con lo sguardo i movimenti convulsi di Jana che, se tracciati, avrebbero sicuramente creato un intreccio ammassato di linee sconnesse. "Che cosa vuoi dire?"
"Che cosa voglio dire?! Stasera si fa festa, novella!" spiegò, la voce stridula di chi non comprendeva come il significato proprie parole non fosse colto al volo. "Poco fuori il Massbury Institute, ai confini della contea di Mathews, c'è un locale, il Dance Dark. Lo hanno chiamato così perché dentro... normalmente... insomma, si balla. Al buio. E spesso non sai neppure tu con chi stai ballando. Questo perché tutti i tentativi del proprietario di appendere al soffitto una palla stroboscopica sono stati vani. Quindi c'è solamente una lampada rinsecchita all'ingresso che illumina davvero blandamente." Jana annuì fissando il vuoto, come se figurasse nella mente l'immagine del locale. Poi si ridestò. "Insomma, ti giuro, è uno spasso!" Dopodiché, strisciò a grandi passi balzellanti verso la porta e si riversò nel corridoio. La sua voce, che divenne ben presto un'eco lontana e un sibilo che languiva, disse: "Vado a dare la notizia a Byron!"
Dianna si voltò fulminea, gli occhi che riferivano un'improvvisa deduzione lampante: se ci fosse stato Byron, se ci fosse stato Kristiàn, senza alcuna ombra di dubbio -eccetto qualche pietà accorsa dall'Olimpo in suo favore- ci sarebbe stato anche Tritone.
La sirena evitò di pensare a quale umiliazione pubblica Tristan avesse tramato per lei, e si limitò ad alzare i grandi occhi blu verso la figura di Elena, stoicamente impassibile allo scrittoio.
Dianna le si avvicinò, le stette alle spalle e tentò di scrutare furtivamente qualche parola impressa e ancora fresca di inchiostro sulla macchina da scrivere, ma Elena strappò istintivamente il foglio, il petto che sobbalzava. Poi, guardò la sirena.
Dianna iniziò: "Credi che Jana si offenderà se le dicessi che ho intenzione di mancare alla... festa?"
Elena non parlò, ma il suo capo riccioluto si piegò più volte in un cenno d'assenso.
-------------------
"Come mi sta?" Jana allacciò le dita sulla gonna fluente del suo vestito e roteò su se stessa.
Dianna sfoderò un cipiglio sorpreso. "Ti si... addice molto." Poi constatò: "È... nero."
"Mi sembra ovvio. È il mio colore. Mi piace chiamarlo l'inchiostro del mio cuore. Inoltre, ho scelto un vestito lungo perché... insomma, non ho... " Jana iniziò ad intrecciare confusamente le dita, afferrando la pelle fragile attorno alle proprie unghie e lacerandola con una viva tensione crescente. "Insomma, io non ho fatto la depilazione e... e non vorrei che Byron per sbaglio -insomma, per sbaglio, non fatevi idee strane- mi vedesse pari all'homo ergaster."
Dianna deglutì e soppesò per un istante la questione. Colpì gli zigomi un paio di volte con le lunghe ciglia, e poi proruppe con un'ingenuità quasi infantile. "Depilazione? È un farmaco?"
Le sue parole intervenirono con tanta risolutezza che Jana spostò l'intera attenzione sulla sirena ed esonerò la pelle delle sue dita dalla triste sorte. "Io sono -e dico sul serio- davvero molto felice che tu non sappia che cos'è la depilazione: è un aspetto positivo che lascia intendere che probabilmente non hai patito grandi dolori fisici. Sono persino contenta che tu non ne abbia bisogno... O forse sei una scimmia sotto mentite spoglie?" I dubbi s'aggrapparono come arpie sulle spalle di Jana, che si piegò fulminea verso le gambe di Dianna e sollevò audacemente il tessuto della sua veste. "No, non sei una scimmia. Buon per te. Segno che la razza umana sta progredendo verso uno sviluppo decisamente più raffinato."
Dianna rassettò la veste sulle sue gambe con un sottile bagliore imporporato sulle guance, che andava colorandole la pelle e delineando le curve morbide dei suoi zigomi. Il suo sguardo era tuttavia vitreo, e saltava ansioso da Jana ad Elena, da Elena a Jana.
D'un tratto, un vestito le planò sul viso. "Tieni. Infilati quello. È uno dei vestiti più femminili che ho e che non ho mai indossato. Mia nonna me l'aveva cucito quando avevo tredici anni, ma l'ho sempre reputato troppo infantile... troppo colorato... adatto probabilmente alle bambolette pupazzette sopra le bomboniere dei matrimoni." Jana increspò le labbra, la voce quasi professionale. "E tu mi sembri proprio una bamboletta pupazzetta. Quindi credo ti calzi a pennello. E non rifiutare l'offerta: non ho la generosità facile, quindi taci e apprezza questo mio sforzo."
Dianna lasciò languire le parole veloci della compagna, che si susseguivano meccaniche come l'impasto di un vecchio locomotore, un ritmo già conosciuto e ronzante nelle orecchie. Quindi smise di ascoltarla e considerò l'abito che reggeva tra le mani. Jana aveva ragione: forse era troppo variopinto, troppo ridicolo per addirsi ad una festa serale nel pieno di un inverno che gelava i prati.
Forse era un abito troppo corto, che il suo pudore rifiutava con disdegno.
Forse la fibbia della cintura nera che si modellava attorno alla vita brillava troppo.
Forse le pallide e rosate fantasie floreali sullo sfondo verde cinabro richiamavano troppo l'immagine di un'estate tarda a giungere.
E, forse, lo scollo sottile sul petto non copriva abbastanza la bianca pelle e le curve dei seni come Dianna avrebbe voluto.
Ma decidere di non indossarlo e di non partecipare quindi alla festa, avrebbe significato per Dianna trascorrere l'ennesima serata in solitudine nel Massbury Insitute, in una camera vuota che spingeva i suoi pensieri al farneticare. Dunque si spogliò della sua veste e sistemò l'abito di Jana alla bell'e meglio sui fianchi.
Jana prese a camminare in circolo attorno al corpo della sirena, squadrandola con occhio critico. "Avevo promesso a me stessa di non offendermi, qualora avessi notato che l'abito ti è largo. Ma in questo momento mi sento davvero mortificata: ho appena dedotto che la misura dei miei fianchi è pari alla circonferenza di una balena. Io..." Sospirò con un arrochito lamento e si tastò, "sono davvero così enorme?"
"No, non lo sei." Dianna scosse il capo.
Jana sembrò ignorarla e rivolse lo sguardo all'altro vertice della stanza. "Page, credi che io sia grassa?"
Ma Elena era, ancora una volta, fuori dal mondo. I suoi occhi correvano veloci sulle pagine di un libro consunto e colorato di una secca lordura ocra appollaiato sulle sue ginocchia. Quando allungava curiosamente il collo e stringeva in una stretta fessura gli occhi selvaggina dietro gli specchi degli occhiali, i riccioli bruni sfioravano delicatamente le pagine e un sibilo lieve si levava dalle sue labbra.
Jana batté impazientemente il piede sulle assi del pavimento. "Page..."
Elena si destò bruscamente e prese a osservare con sguardo agitato la stanza, cercando la fonte della voce che la richiamava. Poi focalizzò la figura di Jana e annuì consenziente, richiuse il libro attorno al proprio indice e lo posò sullo scrittoio, vicino alla sua macchina da scrivere, con una tenue delicatezza che lasciava intendere quel romanzo le fosse caro come un gioiello tanto prezioso quanto fragile.
Dianna osservò Elena: vestiva semplicemente, senza ornamenti leziosi o fronzoli che non si addicevano alla sua modestia. Indossava invece una larga e morbida camicia in lino bianco che ricadeva sulle cuciture di un paio di jeans scoloriti -Dianna aveva aggiunto quella nuova parola al suo vocabolario- che si allacciavano prepotenti sull'addome, per poi ampliarsi sulle caviglie. Tra le mani reggeva invece una piccola bandoliera grigia dalle cerniere incastrate, che stringeva però con possessività e gelosia.
Dianna si chiese cosa mai vi fosse all'interno.
Jana roteò lo sguardo e strisciò i piedi verso la porta. "Ora usciamo, prima che Mandy attacchi gli allarmi. Siamo già in ritardo. E non indossate giacche, cappotti o vari, perché per vestire con eleganza bisogna resistere al freddo." E aprì la porta, catapultandosi con sguardo circospetto nei corridoi.
Dianna fece per seguirla, ma il suo cuore prese un balzo quando una mano si posò sulla sua spalla: Elena la osservava con ammirazione, facendo scorrere lo sguardo sulle pieghe del suo vestito floreale.
Poi parlò: "Sei davvero molto bella... Sono certa che qualcuno si innamorerà di te, stasera..."
Dianna rabbrividì. La sua voce camminava monotona, come un dolce mugolio, un sibilo sordo.
La sirena si era sempre chiesta a quale suono somigliasse la voce di Elena.
Ma la sua sorpresa non derivava da quella voce.
Ma dalle parole.
******************
Finalmente Elena parla! Non dice molto, ma è già qualcosa. Parlerà tantissimo nel prossimo capitolo, che vi avvertò sara lunghissimo (oltre 4000 parole, circa il doppio di questo).
Come sarà la serata al Dance Dark? Ci sarà Tritone? Sì, no, forse...
Passate dalla pagina Facebook dedicata a questa storia "Alexandra-writes on Wattpad" e votate e commentate in tante!
Grazie mille a tutte per il sostegno!
STAI LEGGENDO
L'inevitabile attrazione
FantasyUna tremenda battaglia infuria nelle profondità del mare, dove le acque giacciono meditabonde. Dianna Cox, giovane sirena dalla bellezza fiammante, è costretta a rifugiarsi in un istituto della Virginia, quando Poseidone dichiara guerra alle vecchie...