Il ciondolo di Dianna balzava sul suo collo ad ogni respiro ansimante. Alternava lo sguardo da Tristan alla spada che le puntava alla gola, dall'arma a Tristan. Deglutì e fece per muoversi, ma l'istinto la portò a retrocedere facendo leva sulle braccia: le sue mani toccarono il terriccio umido e ancora impregnato di sole e acqua piovana, mentre il suo peplo argentato era oramai imbrattato di erba e foglie marce.
Dinanzi a lei, in piedi, con il nastro dorato che gli fasciava la nuca conferendogli una temibile aria principesca, Tristan sorrideva sardonico e, di tanto in tanto, ruotava la spada tra le dita. Poi inclinò il capo curiosamente e soppesò i movimenti della sirena, senza batter ciglio.
Voleva provare la sua forza.
Dianna arrischiò ad alzarsi e lo fece barcollando pericolosamente: alle sue spalle, il fiumiciattolo sembrava scorrere impetuoso e le rocce tremolanti sotto i suoi piedi avrebbero potuto farle perdere l'equilibrio in poco tempo. Distese le gambe e quasi sentì sotto la sua pelle le ossa delle sue ginocchia rompere i loro legami e crearne di nuovi. Chiuse gli occhi, terrorizzata. Poteva quasi percepire la sensazione di essere spinta nel vuoto, di crollare inerme nell'acqua. Eppure Tristan la osservava con una sorta di fascino, speranza e fiducia. Quando la sirena si rialzò completamente e gettò un'occhiata alla spada puntata alla sua gola, muovendosi delicatamente per non lasciare che quella lama le perforasse la giugulare, Tritone sembrò annuire colpito e consenziente, e abbassò l'arma.
Quando lo fece, Dianna esalò un sospiro di sollievo.
"Regola numero uno: mai cantare vittoria in anticipo."
Udendola, Tristan arretrò di qualche passo e raggiunse la sua cavalcatura poco lontana, attaccata ad un largo tronco attraverso le redini, e infilò una mano nella lunga bisaccia appesa al fianco del cavallo. Vi estrasse un'altra spada e ne considerò l'affilatura. E la lanciò a Dianna.
La sirena l'afferrò con qualche difficoltà e quando tornò con lo sguardo verso Tristan lui era già in posizione: aveva preso a girare in circolo lentamente, muovendo cautamente le gambe sempre verso destra, costringendo anche lei a muoversi e a fuggire alla sua avanzata; posava una mano sul fianco, manteneva il capo chino segnato da una profonda espressione concentrata e il braccio disteso a reggere la spada.
Ancora una volta, Dianna vide nella vicinanza di quella lama un pericolo.
Quella paura la portò a cercare di imitare i movimenti di Tristan, quindi alzò il mento per sfoggiare una parvenza di sicurezza e tentò di distendere il braccio, nonostante le sue dita non si fossero ancora abituate a reggere quella spada, che le gravava sulla mano come un macigno. Inoltre, Dianna, in quel momento, vedeva in Tritone una nuova eleganza, che lei non possedeva.
La sirena azzardò: con la propria spada, iniziò a sfiorare con colpi secchi e leggeri quella di Tristan, quasi volesse conoscere il suono del duello. Ciò che ne uscì, fu un sottile clangore che ammutolì i canti degli usignoli.
Ora, in quel tratto di boscaglia diradata, giaceva un silenzio tombale.
Dianna quasi si spaventò quando Tritone reagì slanciandosi in avanti con due passi veloci, costringendola alla retrocessione, brandendo la sua daga e agitandola al vento, ferendo la limpidezza della prima brezza primaverile.
Incespicando sui propri passi e con il cuore che le torturava la gola con i suoi battiti sempre più irregolari, Dianna mormorò: "Non... non sembri un greco, ora."
Tristan piegò il capo sulla spalla ed esaminò le sue parole, mentre continuava ancora a picchiare la propria spada contro quella della ragazza. "No, hai ragione. Devonshire, 1749. Un buon uomo mi ha insegnato la vera scherma. Eleganza e letalità." Il suo tono di voce s'incrinò. "Ma se vuoi grecizzare la cosa..." Il braccio che teneva posato sul fianco scivolò verso le sue gambe e il duello s'intensifico: le spade presero a toccarsi e a respingersi, a respingersi e a toccarsi, e ben presto l'acuto frastuono che sollevavano combaciò con lo stridore dei loro denti che si serravano per la concentrazione.
Dianna, che sembrava ritrovarsi in quella veloce foga, agitò la spada ed indietreggiò, lasciando che fossero i passi di Tristan a mangiare il terreno nell'avanzata, ma distinguendosi dignitosamente nella difesa.
Con un veloce slancio, Tritone accorciò la distanza tra i loro corpi: ora erano talmente vicini, che se i loro respiri fossero stati capaci di sincronizzarsi, i loro petti si sarebbero incontrati.
Le loro spade, ancora allacciate, si alzarono sopra i loro capi.
Dianna e Tristan posarono entrambe le mani sulle loro else di bronzo, l'uno spingendo contro la daga dell'altro in un gioco di forza e resistenza.
Nel viso della sirena si poteva scorgere un grande impegno -tanto i suoi occhi erano serrati e le sue palpebre increspate a causa dell'immane fatica- mentre in Tristan si notavano solamente i muscoli gonfi e perfettamente ricurvi delle braccia nude, perché il suo viso, invece, non tradiva alcuna emozione: non sembrava sforzarsi.
Quando Dianna alzò lo sguardo provato e vide le lame brillare sotto qualche occasionale spiraglio di luce che bucava la coltre di alberi, vide la spada di Tristan abbassarsi rapidamente e la sua mano scattare in avanti per sottrarle la spada. Ora, che lui impugnava entrambe le else e che lei si ritrovava disarmata, Tritone distese le braccia e lasciò che le due lame lacerassero il peplo di Dianna in tutta la sua lunghezza.
La sirena rimase solamente con la sottoveste bianca, che il timido sole, però, rendeva trasparente sotto i suoi raggi spessi come nastri dorati. Con sospiri imbarazzati e guance paonazze, Dianna si prodigò per coprire le proprie forme visibili con le mani, bofonchiando: "Non guardarmi!"
Tristan stette per un momento in silenzio, assorto, rapito. Eccitato. Il suo sguardo corse lungo il corpo della sirena, quasi a divorarne la sinuosità. "Come potrei non farlo?"
Dianna ripeté, ora con più enfasi e supplica: "Non guardarmi!"
"Impossibile."
"Tristan..."
Tritone allungò il braccio destro e, con un'impressionante abilità, accarezzò con la punta della spada le ciocche intrecciate sulla nuca di Dianna e le sciolse delicatamente dalla loro presa, finché la chioma infuocata non ricadde selvaggia sulle spalle bianche e nude. Si umettò le labbra con la lingua. "Lasciati ammirare." E, con un movimento veloce, accostò entrambe le spade contro i fianchi della sirena e la imprigionò, attirandola a sé, quasi sbattendola contro il proprio petto di uomo e facendole sussultare il cuore contro il suo addome.
Dianna, sebbene non potesse negare e non riconoscere l'emozione avvampante che ora le rivestiva i sensi, provò a divincolarsi dalla stretta scuotendo le braccia, ma più si dimenava ribelle, più quella stretta si restringeva sino ad avvolgerla in un abbraccio senza respiro.
Tristan sorrideva soddisfatto e beffardo, forse perché riusciva a scorgere dietro quel teatrale rifiuto un desiderio dirompente. "Ferma."
Quando i loro visi si ritrovarono estremamente vicini e le loro labbra furono sul punto di sfiorarsi, la sirena sollevò le ciglia come un lungo e folto ventaglio e indirizzò il proprio sguardo su quello di Tritone. Dopodiché socchiuse gli occhi minacciosa e accennò ad un sorriso divertito. "Mossa poco astuta."
Tristan la osservò confuso e perplesso, ma non ebbe neppure il tempo di sfoggiare un'espressione che rappresentasse i suoi interrogativi che un dolore penetrante, acuto ed insostenibile si piantò alle sue tempie. Dapprima non comprese da dove provenisse, perché conservava solamente la certezza che, qualunque cosa fosse, lo avrebbe lentamente ucciso.
Iniziò a respirare trafelato e la sua fronte si schiumò di sudore; le palpebre gli tremavano, gli occhi non riuscivano a fissare alcun'immagine che non apparisse poi sfocata.
Mille lance sembrarono trafiggergli la testa, graffiandogli i pensieri con le loro lame pungenti. Il dolore si dilatò fino a soffocargli l'udito e tutto ciò che riusciva a percepire era solamente l'eco lontana e soffusa del vento che si tramutava in un sibilo sordo simile al sussurro di un serpente.
Tristan cadde in ginocchio mugolando di dolore, portandosi le mani alle tempie, incassando il capo al petto e stringendo i denti dai quali, di tanto in tanto, filtravano respiri agitati. Gli occhi gli si serrarono pietrificati e le ciglia sembrarono incollarsi sotto il marchio di un sigillo di fuoco.
D'improvviso, sopra quel sibilo lontano e confuso, si distinse una voce: una bellissima voce. Pacata e ipnotizzante. Persuasiva.
Quando riuscì ad aprire gli occhi, Tristan scorse Dianna camminare ancheggiante verso la sua figura in ginocchio. E cantava, cantava queste parole:
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L'inevitabile attrazione
FantasyUna tremenda battaglia infuria nelle profondità del mare, dove le acque giacciono meditabonde. Dianna Cox, giovane sirena dalla bellezza fiammante, è costretta a rifugiarsi in un istituto della Virginia, quando Poseidone dichiara guerra alle vecchie...