Capitolo 34

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Con uno stupore -ad essere sinceri- non poco nutrito, Dianna era rimasta sconcertata quando, dopo essere stata costretta a raccontare tutta , e davvero tutta, la verità ad Elena -dalla sua fuga dal regno di Poseidone al suo rapporto con Tristan, dalla guerra contro i Titani alla venuta di Eryx e Ippotoo- Elena si era limitata a sbarrare gli occhi, a schiudere le labbra sbalordita e a commentare con un semplice "sarebbe interessante scrivere un libro su una simile vicenda", venendo meno a qualunque richiesta di spiegazione o a qualsiasi urlo terrorizzato che avrebbe potuto destare l'udito sensibile di Mandy.
Inizialmente, Dianna non sapeva se quello di Elena era un sincero interesse o un pretesto per nascondere la convinzione che Dianna fosse solamente un'insulsa bugiarda sempre pronta a prendersi beffa degli altri. E la sirena non reputava neppure possibile- o razionale- che un essere umano potesse considerare veritiero il suo racconto, perché, semplicemente, se fosse stata in Elena, sarebbe fuggita via, forse sconvolta, forse offesa o forse spaventata.
Ma Elena non aveva impersonato nessuna di queste descrizioni.
Dianna aveva visto i suoi occhi selvaggina brillare, i suoi setosi ricci sembrare annodarsi per trattenere una parvenza di contegno che, se esploso, l'avrebbe fatta urlare di gioia senza alcuna forma di dubbio. Poi l'aveva vista tentare di parlare in risposta, ma aveva notato anche come le parole sembravano morirle in gola. Dopodiché, Dianna l'aveva osservata prendere un sospiro e sorridere appagata, come se la sua storia le elettrizzasse l'anima e le facesse sperare che era presente un mondo molto più affascinante di quello che era visibile.
Quando la sirena, confusamente perplessa e dubbiosa, le aveva chiesto il motivo di tanta allegria e per quale ragione non si era mostrata neppure un po' terrorizzata -o quantomeno sorpresa- alle sue parole, Elena aveva risposto quanto segue: "Non ho paura. Perché dovrei averne? In fin... dei conti, io vedo... cose che non esistono. Avresti più diritto tu ad essere... terrorizzata, ecco."
A quel punto, Dianna aveva sorriso e aveva conservato una liberazione nell'animo per tutti i quindici minuti che ne seguirono -arco di tempo in cui si era sfilata la veste da camera e si era infilata l'uniforme scolastica, avvolgendo la cravatta rossa attorno al collo con dita improvvisamente agili, perché quel tremore convulso che le attanagliava gli arti ogni qualvolta aveva paura, ora si era improvvisamente dissolto.
E, in quel momento, Dianna fu certa di non essere più sola ad affrontare il suo destino, bonario o avverso che fosse.
Aveva appena percorso l'ennesimo cunicolo del Massbury Institute, quando, entrata nell'aula di letteratura -un'umile stanza con quattro pareti forate in più punti, residui antichi di quadri romantici una volta appesi- notò Tristan appoggiato contro un paio di banchi accatastati in un angolo lontano, le braccia e le gambe conserte, e che osservava Dianna entrare con uno sguardo che rasentava l'intimidazione, ma che la sirena convertì saggiamente in paura.
Tritone stese un braccio e indicò uno dei banchi contro cui era poggiato, oramai certo che Dianna non sarebbe venuta meno al suo ordine.
"Credo di averti già dato il buongiorno." Dianna lasciò cadere la bandoliera ai piedi del banco con un sospiro frustrato.
Tristan sciolse l'intreccio delle braccia al petto e si voltò ad esaminarla. "In realtà no. Ma apprezzo il pensiero." E sfoderò un sorriso pragmatico, mentre addentava il labbro inferiore e inclinava il capo per ammirare con più enfasi la capigliatura quasi scomposta di Dianna. "I tuoi capelli sembrano più rossi, oggi."
Dianna ignorò il tacito complimento e guardò oltre le spalle del giovane. "E tu sembri più preoccupato."
Tritone seguì il suo sguardo e, quando si voltò, la sua mascella si tese con un'immediata ferocia, mentre i suoi occhi accoltellavano con una crudele immaginazione le figure di Eryx e Ippotoo, stranamente impegnati in un'animata, cordiale e amichevole conversazione con Fanny Bolton. Poi si voltò nuovamente verso Dianna e, dopo che i suoi occhi ebbero corso ancora una volta verso le figure dei due nemici, egli parlò. "Sì, li ho notati. Infatti stavo proprio per dirti quanto quest'aula mi sembra avvolta da un fetore pestilenziale."
"Pensiero crudele."
"Pensiero oggettivo."
Quando il professore irruppe in aula camminando e sfogliando nello stesso tempo un manuale su Samuel Richardson, Dianna si sedette, seguita da Tristan e da tutti i presenti.
Un silenzio quasi tombale calò sui loro capi, ma, per la prima volta, Dianna, sulla cui figura erano puntati gli sguardi minacciosi, tetri, freddi, cupi e maligni di Eryx e Ippotoo, si sentì in dovere di condividere le proprie sensazioni con Tristan al suo fianco. Dunque, approfittando dello sfogo di raucedine di uno studente -che riempì la stanza di uno sporco e prolungato tossire bronchitico- e della presenza di Elena seduta al banco dinanzi che non avrebbe rappresentato alcun ostacolo qualora avesse udito le sue parole -dato che, oramai, era alla luce di ogni dettaglio- Dianna si sporse verso Tritone e gli sussurrò all'orecchio: "È dal momento esatto in cui sono entrata che mi guardano. Ho paura, Tristan."
Quest'ultimo voltò lo sguardo cielo e soppesò per un istante le pieghe intimorite che si aggrottarono sul volto della sirena, che era ineluttabilmente troppo vicino al suo per non tentarlo; poi, dopo essersi assicurato che nessuno lo intravedesse, prese la sua mano e la strinse.
Dianna pensò le sue dita fossero calde e che lei avesse improvvisamente freddo.
Tristan mormorò tra i suoi capelli: "Il fatto che io ti abbia allarmata non voleva essere funzionale ad indurti al timore, ma solamente a farti conoscente dei pericoli di cui il nostro mondo può essere costituito. Non devi aver paura. Ti ho già detto che sei al sicuro." Sospirò, poi aggiunse e puntualizzò: "Ti ho già detto che ci sono io."
Dopo essere oramai consapevole di aver prestato così poca considerazione alla lezione di letteratura -che era già da tempo iniziata- e deducendo dunque che ogni tentativo di rivolgervi ora l'attenzione non sarebbe stato fruttuoso in alcun modo, Dianna lasciò scorrere lo sguardo sul viso di Tristan, e le sue ciglia sembrarono tremare quando, alzando lo sguardo sul suo, chiese: "Perché lo fai, Tristan? Perché vuoi proteggermi?"
Dianna non era sazia di risposte, perché quelle che aveva ricevuto non l'avevano pienamente soddisfatta e, poiché era convinta che queste non rappresentassero neppure la completa sincerità, si sentiva in diritto e in dovere di chiedere.
Ma Tristan non rispose.
Nel silenzio che seguì quel troppo nutrito scambio di parole tra lei e il ragazzo, Dianna si guardò attorno, notando un quasi claustrofobico tacere ingombrante nell'aula. Forse nessuno studente era particolarmente interessato alla lezione di letteratura, o forse le parole ferme, robotizzate e cantilenanti del professore non riuscivano a trapanare quello scudo ghiacciato che incombeva su quelle menti giovani ma statiche e amorfe, o, forse, l'unica eccezione si presentava in Tristan, tanto concentrato e sciolto nelle parole di Samuel Johnson da diminuire persino la frequenza con cui lanciava delle occhiate a Dianna.
In effetti era eccessivamente immerso in quelle parole: le sue palpebre si socchiusero sopra gli occhi infreddoliti.
Poi si spalancarono.
Dopodiché si richiusero.
Il suo sguardo conversava molto più di miriadi di parole.
A Dianna parve che il suono melodioso di quella poesia, oltre a ubriacargli l'animo, gli raddolcisse gli occhi. Per la prima volta, lesse nelle sue iridi le sfumature più calde dell'amore.
Dianna sorrise, promettendosi che, un giorno, avrebbe trovato qualcosa di così speciale da essere venerato con lo stesso sguardo.
Poi drizzò il busto, serrò le labbra -come se avesse timore che queste potessero essere una scappatoia per i pensieri, e rivolse l'attenzione su qualsiasi dettaglio dell'aula, seppur esiguo, che avesse la facoltà di non portarle alla mente Tritone.
E il silenzio tornò ad avvilupparsi attorno a lei e a vorticare come una nube intimidatoria nella stanza.
Dianna si ritrovò quasi persa nell'agio, perché dal primo giorno in cui aveva varcato la soglia del Massbury Institute, aveva maturato l'abitudine di ascoltare -e sopportare- la frenetica eloquenza di Jana che pulsava alle sue orecchie ad ogni ora di lezione.
Tale ricordo rese la ragione di tanto inusuale silenzio comprensibile: Jana non c'era.
Dianna la cercò con lo sguardo: non era seduta a nessun banco, né vicino a Byron -miracolo che l'avrebbe resa talmente estasiata che neppure un eufemismo avrebbe potuto descrivere il suo stato d'animo- né vicino ad Elena, che sedeva solitaria al banco dinanzi a Dianna. Pertanto quest'ultima aprì il suo blocco d'appunti, vi strappò un foglio, sfilò una penna dalle mani di Tristan e, invece di notare lo sguardo interrogativo di questi, si preoccupò di scrivere sul piccolo pezzo di carta: "Jana dov'è?"
Dopodiché piegò il foglietto tra le dita, alzò lo sguardo per assicurarsi che il professore fosse momentaneamente immerso nel suo sproloquio da non badare alla sequenza dei suoi gesti sospettosi, e si sporse in avanti, tamburellando sulla schiena di Elena.
Questa si voltò con cautela e, prima di prendere il biglietto con uno scatto da ghepardo che fece quasi trasalire Dianna, s'accertò di risultare inosservata. La sirena aspettò con impazienza e, d'un tratto, e senza alcuna ragione che potesse giustificare il suo stato d'animo agitato, si ritrovò far duellare i pollici con frenesia, ignorando inconsapevolmente lo sguardo di Tristan ora più accusatorio che perplesso e dubbioso.
Quando Elena allungò il braccio dietro di sé e posò il biglietto sul banco di Dianna, la sirena vi lesse solo la risposta: "Jana è alla piana del fuoco. Ieri sera, mentre tornavamo dall'ufficio del preside, ha visto Byron baciare Ashley davanti alla sua camera. Ed ora è distrutta."
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So che questo capitolo è un po' -ma non troppo-più corto dei precedenti, ma è di passaggio. Altrimenti come avrei fatto a finire con la classica suspance bastarda?! Dato che questo è un po' più corto, il prossimo capitolo potrei pubblicarlo prima... vedrò.
Povera Jana...!
Nel capitolo 35 quest'ultima terrà un lungo monologo, il quale, forse, aprirà un po' gli occhi alla nostra Dianna sui suoi sentimenti... perché è ora che si sbrighi!
Ora non insultate Byron, vi prego, c'è una risposta a tutto ahahahah, io adoro quel ragazzo, è il mio preferito! Chiaramente dopo Tristan e.e
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