Capitolo 59

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Con una mano, Tristan scostò il drappo della sua tenda da campo -la più illuminata, dalla quale proveniva un soffuso sentore di rose- e vi entrò, conducendovi Dianna.
La sirena si ritrovò avvampante, con le guance che si infuocavano roventi e gli occhi che ruotavano veloci in cerca di un punto d'appoggio; portò le mani sulle braccia, come per riscaldarsi e si chiuse nel suo corpo, quasi nascondendosi. In qualche modo, non riusciva a guardarlo negli occhi. Avrebbe voluto celarsi al suo sguardo che ora correva lungo tutto il suo corpo.
Il silenzio e la calura divennero asfissianti e ben presto anche i suoni del bosco tacquero.
Imperversavano solamente i loro respiri che si cercavano.
Tritone avanzò di un passo, le prese le mani e delicatamente gliele fece scivolare lungo i fianchi, stringendole.
Dianna osservò le loro dita intrecciarsi e pensò ci fosse qualcosa di estremamente intimo in quel contatto, in quel dolce ricercarsi. Forse, anche i loro cuori si stavano intrecciando. Ma non ebbe altro tempo per mantenere il capo chinato: Tristan posò una mano sulla sua guancia, le alzò il viso con vigore e lo indirizzò al proprio, sino a che le loro fronti non si sfiorarono e le loro labbra non avvertirono le une il desiderio delle altre. Dianna sbatté più volte le palpebre, passando in rassegna con lo sguardo prima gli occhi ghiaccio di Tristan dall'impressionante bellezza, guardando come le sue pupille si restringevano e si dilatavano nell'osservarla, per poi correre ad ammirare la linea dei suoi zigomi, della mascella e delle labbra calde e rosse.
Le loro ciglia si sfiorarono e i loro capi si inclinarono leggermente. Talvolta, Tristan lasciava che le sue labbra avanzassero verso quelle della sirena, ma lei arretrava di un poco, in uno stuzzichevole gioco di ricerca. Alla fine, lui posò perentoriamente una mano sulla schiena di lei, spingendola contro il suo petto. L'altra mano, invece, si insinuò tra i suoi capelli fiamma. E sussurrò, con voce soffusa, ad un soffio dalla sua bocca: "Ecco cosa fanno i soldati quando non dormono." E la baciò.
Dianna capì subito che non sarebbe stato un bacio casto ed innocente, né un bacio di saluto o di premura. Era invece un bacio di passione, un bacio rovente, un bacio di fuoco che univa le loro bocche come sigilli indivisibili. Un bacio che lasciava trasparire il desiderio proibito che l'uno provava per l'altro da oramai troppo tempo per essere ancora soppresso.
Inizialmente, la sirena sussultò, forse per la sorpresa, forse per l'intensità di quel contatto a cui non era ancora abituata, forse perché l'energia con cui Tritone si apprestava ad amarla le faceva vorticare i sensi. Ma, ben presto, quando lui le schiuse dolcemente le labbra, con gentilezza ma al contempo con possesso, Dianna rispose al bacio: alzò le mani e le infilò tra i capelli di lui, stringendone le ciocche dorate e accarezzando quelle onde morbide che profumavano di mare. Anche la sua bocca si mosse su quella di Tristan, duellando per il predominio, una gara a chi riusciva ad amare meglio.
Ma la passione infervorava i due corpi in egual misura.
Poco dopo, la tenda si riempì solamente del crepitare flebile delle lucerne sparse tutt'intorno in circolo e del loro convulso ansimare, dei loro respiri concitati e del sottile suono di madreperla delle loro mani che si accarezzavano, che sfioravano l'una i visi dell'altro.
Il bacio si intensificò e la mano che Tristan teneva posata sulla schiena di Dianna salì alle sue scapole, come per stringerla maggiormente a sé, alzandole il peplo turchese e scoprendole le gambe lunghe, bianche e disegnate con la perfezione di Afrodite.
Le mani della sirena, ora, ridiscesero verso il collo di lui, gli imbracciarono la nuca e spinsero ancora il suo viso verso il proprio; dopodiché, esse scivolarono sul suo petto ancora fasciato dalla corazza di lino e le sue dita si strinsero attorno al tessuto, aggrappandovisi disperatamente, in una preghiera silenziosa.
Ora più che mai, sentiva di appartenergli.
Ora più che mai, sentiva che sarebbero stati un solo corpo ed una sola anima.
Ora più che mai, tra quelle braccia, non aveva più paura.
Mentre le loro bocche continuavano a ricercarsi, Tristan avanzò di qualche passo e Dianna fu costretta ad arretrare. Lei staccò momentaneamente le labbra da quelle di lui per voltarsi indietro e per osservare dove stesse posando i piedi nudi e vide Tristan chinarsi di un poco per afferrare le lenzuola e le coperte bianche avvolte attorno alla branda da campo. Le accartocciò tra le mani e le lanciò a terra, spiegandole con l'ausilio dei piedi.
Dopodiché, egli riprese Dianna tra le braccia: sfoggiando un ghigno tra l'amorevole e il malizioso, infilò una gamba tra le sue e la fece incespicare sui propri passi. Di conseguenza, ella cadde inevitabilmente sulle coperte e lui si chinò su di lei.
I cuori di entrambi battevano. Tristan sentiva il corpo di lei scosso da improvvisi spasmi, lo sentiva tremare, ma lottare per adattarsi al suo. Sentiva i sospiri trattenuti nel petto florido di donna e riusciva persino ad avvertire gli impercepibili scatti degli occhi di lei che si muovevano sulla sua figura. E sentiva le parole che la sirena avrebbe voluto pronunciare, se lui non avesse ripreso nuovamente possesso della sua bocca, addentandole il labbro inferiore e intrecciando la lingua alla sua.
Dianna, invece, - i cui capelli si erano sparsi come stecche di un nobile ventaglio sulle coperte- guardava il corpo di Tritone chinarsi sul suo, appoggiando il torace involto di muscoli e di forza sul proprio e sentendo il furore dei loro bacini che si incontravano probabilmente per la prima vera volta. La sirena vide le braccia di lui tendersi e ingabbiarla, notò le sue mani ai lati della sua testa e si sentì quasi soffocare, ma era una sensazione piacevole. Non aveva bisogno di recuperare il respiro. Sarebbe stata disposta anche a farsi asfissiare dal suo corpo.
Sotto la pelle delle braccia di Tristan correvano i bicipiti che, ora tesi e allungati, pulsavano, quasi il sangue sfrecciasse come una freccia unta nel fuoco, invincibile e inarrestabile. Ma Dianna sentiva anche la prepotenza con la quale lui ritornava alle sue labbra e si chiese come riuscisse a domare la sua bocca e a succhiare dal suo corpo tutte le energie. Si sentiva frastornata, agitata, ma, quando le labbra di Tristan si staccavano momentaneamente dalle sue per recuperare il respiro, sentiva già la loro mancanza.
I loro corpi, ancora coperti dalle vesti, si allacciarono e si unirono.
Dopodiché, Tristan posò le mani sulle ginocchia di Dianna e accarezzò la pelle che correva sulle cosce morbide, ma non vagò altrove, perché riusciva a percepire in lei la paura e il timore dell'inaspettato, e se voleva amarla, quella sera, avrebbe insegnato a lei -dopo che a se stesso- la melodia della passione. Le allargò leggermente le gambe e si accovacciò tra esse.
Dianna allacciò i piedi alla sua vita e si sentì inebriata fino nell'anima quando lui tracciò con le labbra una scia di baci sul suo mento, sulla sua mascella, e infine sul suo collo. Lui le baciò la gola, scese alle sue clavicole e poi al torace, e Dianna inarcò la schiena e reclinò il capo per permettere alle labbra di Tristan di incontrare ancora la sua pelle.
Ma lui non continuò. Bensì, afferrò i lembi del peplo della sirena e li sollevò lentamente. Mentre la spogliava, le sue dita sfiorarono i fianchi e le sporgenze delicate delle costole di lei e Dianna rabbrividì.
Dalla testa, le sfilò anche la sottoveste bianca, sino a che i capelli rossi della sirena non rimbalzarono sulla schiena ora nuda, come il resto del suo corpo.
Lei si sentì spoglia, priva di uno scudo, di una corazza. Non aveva neppure abituato se stessa alla propria nudità e sentire i palmi di lui che si stringevano attorno ai suoi fianchi stretti e che accarezzavano le sue gambe la lasciarono senza respiro, con le parole mozzate in gola e il sangue bloccato nelle vene, come paralizzato. Ansimò e boccheggiò alla ricerca dell'aria che non riusciva a trovare.
Avrebbe voluto rispettare, Tristan, il pudore di lei, la sua dolce timidezza, l'impacciata riservatezza, ma ora si sentiva come un leone dalla criniera di fuoco; in lui era nata una nuova energia, una nuova forza, e non poté evitare di ammirare le linee e le curve del corpo nudo di Dianna. Al contempo, si sentiva in colpa perché sapeva che lo sguardo di lei seguiva il suo e sapeva anche che il luccichio nei suoi occhi la lasciava sprofondare nel disagio, ma di tutti i corpi che aveva toccato e ammirato, neppure uno riusciva ad eguagliare lo splendore della pelle di Dianna. Era bianca e lucente, quasi brillava sotto la fiamma della lucerna.
Era ubriaco di lei, lo sentiva. Il modo in cui la stava elogiando con lo sguardo contribuiva a corroderlo dentro, sempre più in profondità. Era certo di non poter resistere ad un tale sfoggio di perfezione: i pensieri si accavallavano e turbinavano nella sua testa.
Quando Tristan riuscì a sollevare lo sguardo sul viso di Dianna, vide le sue morbide guance arrossarsi, notò il porpora imbrattarle gli zigomi e contrastare con il blu oceano dei suoi occhi. E poi ritornò alle sue labbra: le sfiorò appena e mentre lei era pronta a baciarlo nuovamente con la stessa passione che li aveva uniti poco prima, lui disse: "Hai paura?"
"Di cosa?"
"Del modo in cui ti guardo."
Qualcosa balzò nel petto di Dianna. Era certamente nuovo, sconosciuto per lei quello sguardo che correva veloce sulle sue nudità, ma avrebbe giurato che altre dieci, cento, mille volte avrebbe voluto essere guardata allo stesso modo. Quindi mormorò: "No, non ho paura."
Si guardarono per un istante, negli occhi, uno sopra l'altro, con i petti che si sollevavano allo stesso ritmo. Dianna alzò le mani e, come per conoscere e scoprire il corpo di Tritone, gli accarezzò le braccia: salì ai suoi gomiti e poi alle sue spalle. Senza domandare permesso, gli slacciò i cordoni della corazza con dita tremanti e la lanciò a terra. Dopodiché, prese i lembi della sua veste bianca che terminava in una gonnella sulle cosce di uomo e la sollevò. Poco dopo, il petto di Tristan si rivelò bronzeo e nudo agli occhi di lei. Con alcuni ripensamenti, con altrettanti indugi, le dita di lei si avvicinarono al suo torace, poi si allontanarono e alla fine si avvicinarono ancora. Deglutendo, carezzò il suo petto, descrisse con le dita la linea dei suoi capezzoli e con l'indice continuò il percorso sino al suo addome, dove i muscoli si stringevano sotto la forza del respiro possente. Rimase interdetta quando lambì con la mano la sua biancheria, un panno bianco che si stringeva attorno al suo bacino. Dunque alzò lo sguardo sugli occhi di lui e in qualche modo le sembrò che lui le leggesse i pensieri. Ma lo vide annuire, quindi lasciò scivolare la biancheria a terra.
Ora, entrambi erano nudi, abbracciati, vicini.
Le labbra di lui presero ad avvicinarsi lentamente, come pregustando il preludio di una scintilla: quest'ultima si scalda, si accende, brilla, e poi scoppia in faville. Così fu il loro bacio: si scaldò il desiderio, si accesero i loro occhi, brillarono i loro sguardi e, infine, le loro labbra si incontrarono nuovamente, con una passione ancor più feroce.
Prima che Dianna potesse posare le mani sulla sua schiena e graffiarla con le unghie, improvvisamente balzò. Non riuscì dapprima a comprendere cosa stesse accadendo, ma sentì qualcosa dentro di lei, una pienezza sovrastante che, però, le faceva male. Tuttavia, non era un dolore insopportabile, era piuttosto un fastidio che si attenuava, che poi si trasformava in piacere e che poi tornava nuovamente a dolere. Dianna schiuse istintivamente le labbra per urlare, ma Tristan occupò con la propria la sua bocca e la mise a tacere. Le succhiò la voce e poi alzò una mano. Aprì il palmo e posò l'indice sulle labbra tremanti di lei. "Sttt, non urlare. Potrebbero invidiarci," sussurrò Tristan ansimando. "Non tutti hanno questa fortuna, stanotte."
Trascorse qualche momento in cui, nel corpo di Dianna, si alternavano dolore e piacere, piacere e dolore, ma manteneva ugualmente gli occhi chiusi, gustandosi la dolcezza delle mani di Tritone che vagavano tra i suoi capelli e li tiravano con possesso, e delle sue dita che le ghermivano i fianchi.
Ciò che le riscaldò il cuore, però, fu constatare come le labbra di Tristan non si fossero mai staccate dalle sue. Lui ansimava, boccheggiava, talvolta gemeva e deglutiva, tremava persino, sotto le increspature di sforzo sul viso, ma la baciava. I loro respiri erano sempre, eternamente incollati.
Forse era quello il modo migliore per amarsi, pensò Dianna.
E, poco dopo, caddero entrambi sfiniti con quel pensiero: ora più che mai, erano un solo corpo ed una sola anima.
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Quando Dianna si svegliò, avvolta dal torpore, sentì il respiro di Tristan accanto al suo.
Avevano dormito abbracciati, quella notte: lui le aveva cinto le spalle con un braccio e lei aveva posato la testa sul suo petto, le gambe dell'una intrecciate a quelle dell'altro.
Ora, nel torpore e nel silenzio immoto delle luci del primo giorno, Dianna si voltò leggermente per vedere Tristan già sveglio: i suoi occhi sbattevano lentamente, fissando un punto indistinto in lontananza, come se quello sguardo riuscisse a vedere oltre la tenda. Dopodiché, quando notò che la sirena lo stava guardando, i suoi occhi si volsero lentamente verso di lei, sostarono per un istante sulle sue labbra e poi corsero ai suoi occhi.
In qualche modo, a Dianna parve che lui le stesse sorridendo, ma lei non riusciva a focalizzare nessun movimento, lo stava semplicemente guardando perché, per qualche strana ragione, si sentiva piena di lui, ma al contempo voleva quasi prosciugare con lo sguardo la sua bellezza per farla sua.
Inevitabilmente, ora, sentiva di appartenergli. Era come se un pezzo del suo cuore si fosse staccato e inchiodato a quello di lui, e ora entrambi battevano allo stesso ritmo.
Dianna rimase ad osservarlo, una mano sul suo petto e una tra i suoi capelli, non riuscendo a ricordare i dettagli sfocati della notte ma rimembrando perfettamente l'intensità della passione con cui si erano amati.
Tristan la strinse a sé e Dianna avvertì una scossa elettrica bollente pervaderle il corpo.
Entrambi sapevano che avrebbero voluto rimanere lì per sempre.
Ma Tristan si sporse verso Dianna, le sfiorò delicatamente le labbra con le proprie e si alzò volgendole le spalle, nudo, con la schiena scultorea sulla quale erano disegnate le linee marmoree dei suoi muscoli. La curva tra le sue scapole era baciata dal primo sole che filtrava dalla tenda e i suoi capelli ricevevano il saluto di un debole vento.
Dianna si alzò a sedere e coprì le proprie nudità con il lenzuolo: "Che stai facendo?"
"Non ricordi che giorno è oggi?" Tristan si chinò e raccolse la sua biancheria e la veste bianca, infilandola e stringendola ai fianchi di uomo con un nastro dorato.
"No." Dianna balzò in piedi, la voce per la prima volta tonante e sicura. I suoi occhi erano però sfregiati dalla preoccupazione. "Non andare, ti prego." Gli si avvicinò e gli posò una mano sul braccio. "Ti prego."
Mentre si stava allacciando le stringhe della corazza di lino e aggiustando lo stemma al petto, Tritone si volse di scatto e le prese il viso tra le mani. "Dianna, devo farlo."
"Ho paura."
"Di che cosa?" incalzò lui, seppur conoscendo già la risposta.
E la conosceva anche Dianna che si adoperò a guardarlo con occhi velati di lacrime nella speranza di suscitare in lui una sorta di compassione che lo costringesse a rimanere con lei.
Quasi le loro anime si fossero legate, lei non poteva più fare a meno di lui. Ogni sua felicità, ogni sua gioia e soddisfazione erano anche sue.
Ogni suo dolore, ogni sua ferita e lacrima erano anche sue, ora.
"Allora verrò con te." La sirena gli posò le mani sul petto e lo guardò supplichevole. "In fin dei conti, dovrò pur agire. Sei venuto a cercarmi fino in Virginia per prendermi. Ora starò al tuo fianco."
"No." Tristan incurvò le sopracciglia e si staccò dalla sua presa. Finì di allacciare le stringhe del linothorax al petto e raccolse il mantello che avvolse sulle spalle. "Sarai nello squadrone di cavalleria che si nasconderà nel bosco e poi colpirà il lato destro dell'esercito dei Titani. Lì ci sarà Kassandros. Mi fido di lui. Ti proteggerà." E imbracciò l'elmo dorato.
Dianna si sentì quasi morire. Boccheggiò. "No, no. Tristan, no, ti prego, voglio stare al tuo fianco." E fece per prendergli il polso, ma lui, sebbene riluttante, arretrò.
"Non combatterai in prima linea, Dianna. È troppo rischioso. Ho già deciso." Tritone camminò verso la tenda e ne scostò il telo. Uscì all'aria aperta e si notò la gran parte dell'esercito già eccitata ed in fermento, mentre i cavalli sbraitavano poco lontano. Il sole non era ancora completamente sorto sul mare, ma la sua luce brillava nascosta.
La sirena lo seguì con determinazione e allacciò il lenzuolo sopra i propri seni per coprirsi. Stava per raggiungerlo con passo svelto e pregarlo nuovamente, ma egli parlò.
Tritone, di spalle, alzò una mano e si rivolse a qualcuno. "Tenetela ferma."
All'istante, due paia di mani afferrarono le braccia di Dianna e la spinsero indietro. Sebbene tentasse con tutte le sue forze di divincolarsi e sfuggire a quella presa, le sue gambe non erano abbastanza agili per scattare. Avrebbe potuto usare i suoi poteri, ma la sua mente era annebbiata. Si volse per un istante e vide Kassandros che la teneva per il braccio destro e un altro soldato che le stringeva quello sinistro.
L'ipparco le disse, camuffando la voce possente: "Tritone lo fa per proteggerti, Dianna. Ha paura per te. Sa cosa è meglio fare."
Dianna diede uno strattone alla presa, ma non riuscì a sfuggirne. Colta dallo sconforto, dall'amarezza e dalla sconfitta, cadde in ginocchio a terra e scoppiò in un pianto nervoso, chinando il capo al petto.
Una nuova paura era nata in lei: già vedeva, nella sua mente, la prossima alba senza di lui.
Il suo respiro si fece breve, spezzato ed irregolare, mentre il suo cuore sembrava diviso: una metà batteva e l'altra avanzava claudicante, come se stesse per cedere.
Le sue lacrime raggiunsero le sue labbra e la sua bocca stillò lacrime quando, quasi accasciata a terra, urlò improvvisamente balbuziente: "Tristan, non andare! O portami... con te.... ti prego... non... non lasciarmi q-qui." E recuperò con un pesante respiro la voce rotta per poi urlare con più enfasi e disperazione. "Tristan!"
Ma la sua figura era già sparita, come dissoltasi, succhiata dalla brezza del mare.
Estraneo a quello sfogo di amore e dolore, il soldato che la tratteneva per il braccio sinistro alzò lo sguardo perplesso verso Kassandros. "Perché lo chiama Tristan?"
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Oooookay, lascio a voi i commenti ahahahah. La descrizione è abbastanza lunga, ma ho cercato di renderla dolce, non mi piacciono le cose volgari. Ho voluto più incentrarla sui sentimenti, sulle sensazioni di entrambi.
Vi ho sentito più volte nominare il "baby-Tristan" e la cosa mi preoccupa, davvero XD
Comunque, spero vi sia piaciuto il modo in cui l'ho scritto e spero di essere riuscita a trasmettere l'idea di amore che ho io.
Che ne pensate, inoltre, della Dianna improvvisamente legata a lui? In fondo si sono uniti, è come se ora sentisse ogni sua singola preoccupazione. Tristan lo fa solamente per proteggerla... ma bisogna vedere se ci riesce...
Un applauso al soldato che non riesce a capire perché Tristan viene chiamato tale! Ahahahah
Fatemi sapere che ne pensate! Votate e commentate!
Grazie mille a tutti!

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