Erano trascorsi molti giorni e l'atmosfera di speranzosa attesa di dicembre aveva lasciato spazio ad un gennaio stoico e brumoso. In effetti, Dianna non aveva visto altro che sguardi di studenti ipnotizzati rivolti al cielo scuro e annuvolato dell'ultima notte dell'anno, sguardi che poi si erano spenti con una congeniale rassegnazione.
In quei giovani occhi, Dianna aveva letto la ferma convinzione che nulla, in quel nuovo anno, 1992, sarebbe cambiato.
Le situazioni mutavano, si capovolgevano, e lei rimaneva sempre lì, soffocata nel desiderio di tornare a sorridere.
Le precedenti giornate trascorse in libertà dallo studio erano state però impegnate in ore di sonnolenza alternate a ore di riflessione, talvolta cesellate da angoscia e solitudine.
Ma Dianna, nonostante la risoluta incredulità, aveva deciso di conformarsi al pensiero generale: solamente ponendosi con ottimismo si poteva andare incontro ad una nuova vita.
Quindi, sebbene le risultasse difficile, sorrise forzatamente, osservando il passo dondolante del frustato Mr. Warren attraverso l'aula, che quella mattina si presentava come un pover'uomo probabilmente destato bruscamente da un sogno che gli aveva conciliato la notte.
Il professore -l'atteggiamento trasandato e gli occhi stanchi e dubbiosi di chi trascorre le ore della propria esistenza a chiedersi quale sia il suo scopo di vita nel mondo terrestre- si sporse verso la vecchia cattedra e ne prese un fascicolo di dispense, che sbatté con aria frustrata sul palmo della grande mano rugosa. Dopo aver portato il pugno alle labbra sfogandovi tutti gli eccessi di raucedine accumulati nell'inverno, portò un dito alle labbra, lo leccò e lo posò sull'angolo di ogni dispensa, scollando gli eventuali fogli appiccicati e iniziando a distribuire.
Dianna vide gli studenti sfoggiare ribrezzo e prestare attenzione a non posare le dita sullo stesso punto dove le aveva posate il professore, con l'eccesso della teatralità di Jana ,che ritirò le braccia dentro le maniche della giacca e raccolse la dispensa con l'uso del tessuto.
A favor di bene, Mr. Warren non notò la poca considerazione che i suoi studenti avevano della sua igiene, quindi si limitò a sistemare i piccoli occhiali rotondi sul naso e ad appoggiarsi contro la scrivania. Poi si chinò e dalla sua piccola bandoliera scucita estrasse un'agendina che iniziò a sfogliare con grande vigore. "Le dispense... quelle che vi ho distribuito... Prego, signor Polrey, mostri la sua a tutta la classe." E indicò uno studente raggomitolato al primo banco, che alzò con prontezza il braccio e mostrò sventagliando il foglio che reggeva in mano. "Ecco, quel... pezzo di carta contiene l'argomento del vostro prossimo esperimento che dovrete effettuare in laboratorio, ma consultando prima i volumi di chimica nella biblioteca per trarne il procedimento." Poi aspirò rudemente e strofinò il dorso della mano sul naso. "Il lavoro andrà svolto in coppia."
Dianna vide Jana rivolgere uno sguardo da predatore verso Byron, spalancando i grandi occhi perla che però si richiusero a fessura quando Mr. Warren riprese la parola.
"Le coppie le ho stabilite io."
Jana continuò imperterrita a fissare la schiena di Byron seduto dinanzi a lei, come se temesse di vederlo sciogliersi e appiattirsi sul pavimento.
Mr. Warren batté le dita su una pagina della sua agenda ed increspò le labbra prima di iniziare a leggere: "Le coppie sono le seguenti, vi prego di ascoltarmi, non vorrei doverlo ripetere più volte, non ho una voce fresca questa mattina." E tossì. Poi iniziò: "Il signor Polrey con la signorina... -che cosa ho scritto qui...?- Ah, sì, la signorina Rupert. Poi..." Si chinò verso l'agenda e strizzò gli occhi per focalizzare le lettere graffiate sopra il foglio. "La signorina Wiffrey con la signorina Harron. Dopodiché... la signorina Vaclàv..."
Jana allungò il collo, l'eccitazione dell'attesa che traboccava dagli occhi come un ciclone invernale.
"La signorina Vaclàv con la signorina Bolton. Fanny Bolton. Sì, già... sperando che Fanny possa influenzare positivamente Jana ed indurla verso l'amore per lo studio della chimica e..."
"Obiezione!" Jana lasciò calare la mano sul proprio banco e, nell'impatto, le sue unghie laccate sembrarono sfaldarsi in briciole. "La presenza della signorina Bolton contribuirebbe solamente ad incrementare il mio istinto omicida, quindi mi auguro lei, professore, sia così gentile da sciogliere la coppia per evitare terribili sciagure all'interno di questo istituto che non è mai nato particolarmente fortunato e..."
"Signorina Vaclàv, si contenga, per favore!" Mr. Warren lasciò scivolare l'agenda in grembo e borbottò suoni sconnessi, alzando lo sguardo sbalordito.
"Non si preoccupi, Mr. Warren, non ho mai sofferto di incontinenza."
La classe capitombolò in una risata sincronizzata e alcuni studenti allungarono il pollice alzato verso Jana, complimentandosi con lei per la genuina ironia che riusciva a mostrare in un tugurio come il Massbury Institute.Dall'altra parte dell'aula, eternamente inerpicata al primo banco con lo sguardo fisso sulla tavola della lavagna ancora intonsa, Fannie Bolton alzò il mento ed eclissò la propria attenzione dalla situazione, per impedirsi di mostrarsi offesa o risentita.
Mr. Warren sospirò ed impugnò la penna per scrivacciare qualcosa sulla sua agenda. "Ci sarà dunque un cambiamento... dunque, vediamo come si può fare.... "
Jana tornò a sfregiare la schiena di Byron con il suo sguardo adombrato di ingenua speranza.
"Umh... " Mr. Warren riprese. "La signorina Vaclàv in coppia con la signorina Page."
La delusione si scolpì sul volto di Jana, che si affrettò indignata a sfogliare le pagine del suo libro di chimica con così tanta rabbia che queste si strapparono sotto la presa rapace dei suoi artigli. Poi scrollò le spalle, fingendo indifferenza. "Oh, sì, va bene. Va più che bene. Page è silenziosa, e va bene, va bene," incalzò più volte per non dar modo ai presenti di decifrare invece il cammino funereo delle sue speranze oramai decedute.
Da quell'istante in poi, Jana non rivolse più lo sguardo verso Byron.
Mr. Warren espresse il suo pensiero ad alta voce: "Oh, Signore, abbassarsi persino ai capricci di una diciassettenne, oh, Cielo, come sono ridotto! Umh, sì, sì, continuiamo. Emh... il signor Vaclàv in coppia con la signorina... -che cognome strano...- Cox."
Kristiàn allacciò le mani sopra il banco e le strinse con mascherata vittoria, affondando le unghie di una mano sul dorso dell'altra, il cuore che palpitava così in festa che persino il suo respiro si fece tamburellante. Dopodiché sbiancò ed il suo pallore sgocciolò come nebbia schiumosa lungo il suo collo.
Mr. Warren alzò lo sguardo perplesso e sistemò ancora una volta i suoi occhiali sul naso. "Signor Vaclàv, sta bene? Mi sembra un po' pallido..."
"Sto più che bene, professore." Kristiàn annuì con fervore.
Dianna si limitò a sorridere debolmente all'amico e a pregare silenziosamente affinché il lavoro assegnato da Mr. Warren non si rivelasse per Kristiàn un pretesto in cui puntualizzare il suo interesse per Dianna, che avrebbe potuto solamente replicare con un chiaro dissenso.
"Ci sono problemi...? Devo apportare modifiche perché anche voi vi odiate reciprocamente o...?" Mr. Warren soffocò una risata che non ebbe però seguaci.
Kristiàn spalancò gli occhi. "Certo che no! Va più che bene!"
"Ottimo..." Mr. Warren schioccò soddisfatto la lingua sul palato e tornò alla sua agenda. "Daugherty con Yu... Yu... -è un cognome cinese?- Yumaha..." disse poi con poca convinzione.
Uno studente dai chiari lineamenti orientali e dalla pelle olivastra alzò debolmente una mano e prese parola: "No, plofessole."
"Professore," lo corresse il suo compagno di banco.
"Il mio cognome è Yamaha, come la malca dei pianofolti."
"Marca e pianoforti. " Il suo compagno di banco parlò in una risata bastarda. "Professore, credo che per il signor Yamaha sia necessario un corso intensivo di inglese rispetto ad un esperimento di chimica..."
Yamaha sfoderò un'espressione indignatamente offesa e afferrò il braccio del suo compagno per scuoterlo rabbiosamente. "Io so pallale solamente così, va bene?"
"Anche io pallo ogni giorno come so pallale," lo schernì l'altro, concludendo però la frase con un tremolio nella voce che si evolse poi in una risata sguaiata che lo fece quasi scivolare dalla sedia.
Mr. Warren alzò una mano e l'agitò convulsamente, infastidito. "Basta, basta, per l'amor del Cielo! Oh, Dio, continuiamo... Il signor Byron McDonald con... Waves. Tristan... Waves."
Byron sorrise affettatamente e annuì con vivo assenso, osservando Tristan speranzoso, affinché anche lui potesse condividere la sua gioia, ma questi rivolgeva lo sguardo sul proprio banco spoglio, su cui lasciava scorrere le unghie con una particolare collera dipinta nei movimenti.
"Signor Waves, non mi sembra particolarmente soddisfatto..." constatò Mr. Warren, ora curiosamente interessato alle opinioni dei suoi studenti.
Tristan arricciò il naso e serrò la mascella. Dianna lo vide chiaramente reprimere una furia selvaggia e controllare l'impetuosità possente nel tono della voce, prima di parlare. "Va tutto bene, torni pure al suo lavoro," strigliò tra i denti, impossibilitato ad evitare di esprimere quella concisa offesa ai danni del professore.
Byron sembrò corrucciarsi.
Dianna osservò Tristan, tentando di comprendere cosa si celasse dietro all'ira della sua risposta e allo sdegno del suo sguardo. Lo vide spingersi contro lo schienale della sedia incollerito, la tranquillità che non riusciva a scorrere nelle sue vene e l'autocontrollo non più in grado di placare gli istinti bollenti. Poi si passò una mano tra i capelli, sospirò, incrociò le braccia al petto, sospirò un'altra volta e grugnì.
Dianna sbatté ripetutamente le palpebre. Che fosse contrariato e tormentato non era fonte di dubbio, ma le ragioni di quel nervosismo le venivano meno.
Poi, quando Tristan si voltò e lacerò la sirena con lo sguardo impietrito, Dianna trasalì.
La ragazza pensò che probabilmente Tritone era colto da un'irritazione improvvisa che non era legata in alcun modo alla sua presenza, perché subito dopo lasciò ricadere lo sguardo maligno anche su Kristiàn.
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"Io ci avevo sperato, te lo giuro! Ho persino pregato e io non ho mai pregato in vita mia, neppure sotto costrizione, nonostante il parroco della mia vecchia chiesa fosse un uomo buono e comprensivo, ma... ma questo è un altro discorso." Jana lasciò fluire le parole dalle sue labbra senza alcuna inibizione, poi sospirò e si sistemò la sacca dei libri sulla spalla. D'un tratto il suo tono si fece serio. "Io ho sperato davvero di poter essere in coppia con Byron. Page, non offenderti, ma sapete anche voi che la mia lussuria repressa viene destata in sua presenza, suvvia! Ma non si tratta solo di questo, non sono una sciocca insensibile tanto egoista da pensare solamente al raggiungimento dei propri piaceri. Io voglio stargli vicino, dopo quello che... dopo la vicenda con sua madre, insomma. Non lo hai visto oggi?" Jana, percorrendo i corridoi angusti dell'istituto, rivolse una fugace occhiata alle sue spalle per accertarsi che nessuno stesse mostrando curiosità verso le sue parole. "Oggi Byron sorrideva per non piangere. E io lo so. I suoi occhi erano spenti, non erano più sciolti nelle sfumature dello smeraldo più ricercato, no. Erano... erano cupi, velati, non brillavano più della stessa luce. Come un cielo fasciato da greggi di nuvole. Ecco, era così oggi. E voglio essergli vicina perché voglio essere io -io!- la ragione che lo farà ritornare al sorriso."
Sbalordita dall'eccesso di romanticismo della compagna -talmente immersa nel resoconto dettagliato dei suoi pensieri da non accorgersi di essere osservata con occhi tanto colmi di tenerezza quanto piacevolmente stupiti- Elena abbrancò la sua agenda personale, fece scattare il pulsante superiore della penna sul mento ed iniziò a scrivere, e a Dianna non furono necessari troppi minuti per comprendere che stava facendo delle parole di Jana ispirazione per le sue storie.
E, nello stesso istante, Dianna pensò che Elena era una mente particolare, intrecciata, da analizzare: una scrittrice che crea, ma che trae appiglio da ciò che già esiste.
Probabilmente, quello era un mondo isolato che Dianna non sarebbe mai riuscita a comprendere, quindi si limitò ad affermarne l'esistenza e continuò a camminare sostenendo un passo cadenzato e scostando di tanto in tanto i capelli che si infilavano sotto la cinta della bandoliera sulla sua spalla. "Sì, umh, ho visto."
Jana voltò lo sguardo, allacciando le labbra contrariata. "Non mi stai ascoltando."
"Sì, sì... ti sto ascoltando... perché non... perché non dovrei?" replicò la sirena.
"Perché so che sono noiosa quando parlo d'amore!" Jana si parò davanti a Dianna, bloccandole la strada, e agitò le braccia lungo i fianchi, la voce esasperata che tradiva un'angoscia che aveva oramai trasceso i limiti.
"Non sei noiosa quando parli d'amore. È un sentimento che ingrana le marce per una vita vissuta sino all'ultimo respiro," rispose Dianna con un sorriso, ma impallidì l'istante dopo aver pronunciato l'ultima parola, domandandosi cosa l'avesse spinta ad usare simili termini che non s'addicevano ad un'indole tanto razionale e diffidente come la sua.
Lei non credeva nell'amore, non vi aveva mai creduto e non vi avrebbe creduto mai, ne era certa. Quindi considerò le proprie parole come un buon e amichevole incoraggiamento per la sicurezza di Jana che si stava frantumando agonizzante.
Jana inarcò un sopracciglio. "Lo pensi davvero?" suppose. Poi incalzò con un sorriso perfido. "Per aver pronunciato quelle parole devi essere stata sicuramente dettata da un sentimento personale. Quindi suppongo tu sia innamorata -oh, che dolcezza!- Ma dimmi..." Jana le si fece vicina e si sporse verso il suo orecchio, sussurrando: "chi è il fortunato?"
Dianna si scostò. "Nessuno. Non sono innamorata. Non farneticare," bofonchiò poi, costringendosi ad osservare le punte delle proprie scarpe -ancora bagnate dall'ultima pioggia di gennaio- per evitare che l'amica decifrasse l'agitazione sul suo viso con la sua solita spinta d'intuito.
"Insomma, bamboletta, non arrossire, puoi dirmi il nome del tuo amato, non sono certamente l'ultima poco di buono di turno che parte alla ricerca dei giovani amati dalle sue amiche. Su, fammi il suo nome!" premette Jana.
Dianna sospirò. "Jana, per favore, non essere insistente. Non sono innamorata!"
"Credo che a mio fratello farebbe piacere saperlo."
"Che cosa?"
"Sta correndo come una salciccia con il morbo di Parkinson nella tua direzione." Jana lanciò un'occhiata oltre le spalle di Dianna.
La sirena si voltò e vide Kristiàn affannarsi ed incespicare sui propri passi per raggiungerla ansimando e, quando le fu dinanzi, alzò una mano in una richiesta di perdono, si chinò, posò le mani sulle proprie cosce ed iniziò a boccheggiare per riacquistare il respiro, mentre le ciocche platino si spandevano a corolla sulla sua fronte. "Scu...sa....te..."
Jana sospirò teatralmente ed incrociò le braccia al petto. "Io ho sempre detto che devi mangiare più proteine! Altrimenti vedi come ti riduci? Non sei forte, ti faresti spazzare via da una folata di vento!" esclamò. "Già non sei particolarmente bello, con quel sudore sulla fronte poi!"
Kristiàn sfoggiò un sorriso beffardo che lasciò intendere come, di lì a poco, avrebbe risposto con parole che lo avrebbero reso fiero di se stesso per tutta la vita. "Ti sei appena offesa da sola."
"Perché?"
"Siamo gemelli."
Jana arricciò un angolo delle labbra, muta. Poi raccolse un breve respiro per replicare, ma richiuse la bocca prima di poter prendere parola. Dopodiché alzo debolmente un dito, ma nulla di ciò che turbinava nella sua testa s'addiceva in risposta all'affronto del fratello. Quindi tacque, sconfitta.
Kristiàn si ricompose e guardò Dianna. "Io... volevo chiederti se... se possiamo iniziare l'esperimento di chimica questo pomeriggio. Sai, domani avrei da studiare letteratura, per il compito di mercoledì e... e insomma sarebbe comodo lavorare oggi pomeriggio, per evitare che lo studio altrimenti si sovrapponga, sai..."
Dianna mise fine alla confusa eloquenza del ragazzo con un breve cenno d'assenso. "Sì, va bene."
Kristiàn la imitò e agitò la folta fratta di capelli sopra gli occhi e fissò il vuoto. "Ottimo. Se vuoi... sì... se vuoi, una volta terminato il tutto, potrei mostrarti i risultati delle mie ultime osservazioni astronomiche. Giove e Saturno si sono allineati questa notte." Kristiàn sorrise timidamente, infilando le mani nelle tasche, quasi timoroso di rendere Dianna partecipe delle proprie passioni.
"Oh, dev'essere fantastico."
"Lo è." Gli occhi di Kristiàn si accesero. Poi sembrò farfugliare qualcosa sommessamente ed arretrò di un passo, sfoderando un sorriso di gentile congedo. "Allora... ti busserò alla porta intorno alle..." Lanciò un'occhiata al suo orologio da polso. "Alle quattro, va bene? Sì, insomma, dovrebbe andare bene. Quindi..." Abbassò per un istante lo sguardo e poi lo rialzò. "A dopo." E, tentando di girare sui tacchi in un seducente movimento, Kristiàn fu sul punto di barcollare e di scivolare contro la parete. Poco dopo, svoltò in un ramo del corridoio e sparì.
Un forte colpo di tosse che riverberò nella corsia fece sobbalzare Dianna.
La sirena si voltò verso Jana. "Sei stata tu?"
"A fare cosa?"
"Ad aver tossito."
Jana scosse il capo ed Elena, alle sue spalle, la emulò. "Non siamo state noi. Sicura di non avere le allucinazioni?"
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So che vi aspettavate la coppia Tristan-Dianna per il lavoro di chimica, ma vi ho illuso, muahahahah. Tuttavia, Tristy sarà partecipe in un altro modo... vedremo!
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L'inevitabile attrazione
FantasyUna tremenda battaglia infuria nelle profondità del mare, dove le acque giacciono meditabonde. Dianna Cox, giovane sirena dalla bellezza fiammante, è costretta a rifugiarsi in un istituto della Virginia, quando Poseidone dichiara guerra alle vecchie...