Capitolo 46

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La voce di Dianna tuonò sicura.
Prima che la sirena potesse venire a capo di ciò a cui aveva dato inizio con quelle parole, Tristan aveva già lasciato cadere sulla breccia le buste che reggeva tra le mani e la sacca che pendeva dalla sua spalla. Ora camminava senza freni inibitori verso di lei, e Dianna -ad ogni suo passo che si avvicinava- vedeva la sua sagoma plasmarsi dinanzi ai suoi occhi e risplendere di una luce dorata anche in quel grigiore mattutino.
Tristan la spinse contro il parapetto e, prendendola per un fianco, le posò una mano sulla guancia.
Le alzò il mento e i loro occhi si incrociarono.
Dianna vide il suo sguardo ardere.
I capelli di lui le solleticarono la fronte e il calore che il corpo di Tristan sprigionava l'avvolse come un fuoco. La sirena sentì le dita di lui muoversi a sfiorare il suo viso, a delineare i contorni della sua mandibola e a spostare una ciocca che sfuggiva ribelle alla presa della treccia oramai disordinata sotto le folate del vento.
Dianna lo vide chinarsi sul suo volto, velocemente.
Quella maledetta attesa le arse i precordi.
E, ben presto, la bocca di Tristan ruggì sulla sua.
Dolce come una carezza, burrascosa come una tempesta.
Le sue labbra erano calde, bollenti e le ustionarono i sensi.
Dianna intrecciò le dita tra le sue ciocche bionde e attirò il suo volto al proprio, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dal sapore di mare che ora le intaccava la bocca.
Sulle proprie, Dianna riuscì a percepire le morbide curve delle labbra di Tristan che la assalirono dolcemente, lente, calde, esperte, bruciandole il respiro.
Tristan addentò il labbro inferiore di Dianna e lo tirò leggermente, per poi schiuderle la bocca e iniziare ad amarla: le loro lingue si assaggiarono; entrambi degustarono il sapore dell'altro. Poi le loro labbra si mossero duellanti, in sfida per il predominio, fino a che entrambi non avvertirono un forte pizzicore bollente graffiare le loro bocche.
Il respiro di Dianna si mescolò a quello di Tristan e quello di Tristan si mescolò a quello di Dianna.
La sirena prese il volto di lui tra le mani e percepì sotto le dita la sottile peluria delle sue basette, la linea regolare della sua mandibola e il fuoco delle sue guance calde.
Dopodiché, le dita della sirena tornarono tra i suoi capelli, nello stesso istante in cui la sua mente si domandava quale sovrano di perfezione avesse disegnato le ondulate forme delle sue sciocche. Dianna scarruffò i suoi capelli e fece scendere una mano sul suo collo, conficcandovi le unghie tanto energicamente da sentire Tritone gemere sulla sua bocca.
Durante il loro sfogo di passione -improvviso, ardente e inaspettato- qualche automobile occasionale solcava la strada alle loro spalle, ma i due giovani erano troppo incatenati a ciò che ora li legava per badare alla vita che scorreva tutt'intorno.
La mano di Tristan salì verso i capelli di Dianna, ghermendoli con una così vivida bramosia che la presa della treccia cedette e le ciocche fuoco della sirena caddero sinuose sulle sue spalle.
La ragazza si abbandonò al suo tocco, che trasudava protezione e virilità.
Le loro labbra rallentarono la corsa ed entrambi si affannarono a recuperare il respiro.
Le mani di Dianna, ora, si posarono sul petto di Tristan, avvertendo la consistenza solida e robusta dei muscoli del suo addome e la fortezza del suo torace olimpionico.
Dopodiché, le loro labbra si staccarono e le loro fronti si congiunsero, mentre i loro respiri cercavano con frenesia di attenuarsi, di calmarsi, come un corridore spossato al termine di una maratona.
E poi aprirono gli occhi.
Ghiaccio su blu, ancora una volta.
Le loro ciglia si accarezzarono.
Si guardarono e ognuno lesse nelle iridi dell'altro la muta soddisfazione di aver finalmente sfamato quel desiderio logorante che da tempo ribolliva inconscio nelle loro vene.
Dianna avvertiva sulla pelle il soffio pungente e agitato del respiro di Tristan e percepiva, sulle labbra -come un marchio a fuoco- il sapore di mare della sua bocca. Questo pensiero la indusse a chinare leggermente il capo, le guance che avvampavano di una timidezza così delicata che Tristan sorrise, scostando qualche capello fiamma che s'incollava alle sue guance.
Dianna, per la prima -vera- volta, sentì il battito del suo cuore, come se questo avesse iniziato a combattere dentro il suo petto solamente in quell'istante: avvertì quel tramestio veloce così potentemente che i suoni si sfumarono alle sue orecchie, come imprigionati sotto una grande cupola in vetro.
Dunque la sirena percepì la propria voce soffocata, quando levò debolmente il capo verso Tristan e, ad un soffio dalle sue labbra, bisbigliò ansimante: "Non mi lasciare. Ti prego."
"Mai," rispose lui.
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Sotto i piedi di Dianna, la sabbia era un tappeto ghiacciato.
Talvolta, quei granuli bianchi -spinti dal vento- si incollavano alle sue gambe, per poi sciare verso il mare, anch'esso risvegliato dal torpore della notte.
Ora, infatti, le onde si agitavano convulsamente, annaspando a riva come fiere disperate che pregano il cielo per un ultimo respiro.
Quel mare, quel lembo di oceano, appariva solamente come una distesa verdognola.
Dianna, che reggeva nella mano destra i suoi stivali e che di tanto in tanto portava la sinistra al viso per sistemare dietro le orecchie alcune ciocche di capelli che sventagliavano al vento, si fermò a qualche passo da Tristan per esaminare ciò che, dinanzi ai suoi occhi, si stendeva come un quadro di cui però la sirena non sentiva di far parte.
Osservò con sussiego e distacco la curva che il mare aveva scalfito sulla riva, ricoperta da qualche legno scarnito e da decine di residui di alghe che screziavano il pallore della sabbia con sfumature color verde muschio. Dopodiché, il suo sguardo si levò al cielo, che ora sembrava aprirsi e squarciarsi per lasciar trapelare le prime luci rosate dell'alba, ma che all'orizzonte si venava di un grigio inconsistente che non aveva confini e che si miscelava dunque alla linea lontana del mare, creando un'unica poltiglia cenere.
Una figura irruppe nel suo campo visivo e Dianna notò Tristan farsi strada verso il mare, con un'andatura sicura e dirigente. Le braccia possenti sembravano danzare sui fianchi ad ogni suo passo.
La sirena lo vide arrivare a riva, intingere i piedi nell'acqua e muovere il capo a destra e a sinistra, investigando con attenzione e perizia, per poi voltarsi e camminare nuovamente verso di lei.
Dianna -che ora lo osservava per la prima volta dopo l'episodio del bacio, dato che aveva preferito non rivolgergli alcuna occhiata, poiché altrimenti egli avrebbe letto nei suoi occhi una profonda eccitazione- lo guardò con occhio interrogativo.
Tristan alzò lo sguardo su di lei e, dopo che i suoi occhi si furono posati sulle labbra di Dianna -nascondendo un vivo ricordo, disse: "C'è l'alta marea. Non possiamo muoverci. Dobbiamo aspettare domani o, se il vento continuerà a spirare da Occidente, la situazione potrebbe prolungarsi per qualche giorno. Inoltre, con i subbugli che imperversano sotto i mari della Grecia, è meglio per noi attendere circostanze più favorevoli. Non possiamo permetterci passi falsi." E camminò verso un'impervia spelonca incavata dentro un promontorio roccioso, ai piedi del quale lanciò la sacca e le borse che reggeva in mano.
Dianna lo seguì e lo osservò accosciarsi, trafficando in direzione dei sacchetti, mentre il vento s'insinuava feroce tra i suoi capelli, dardi dorati dalla pericolosa bellezza.
"Al discount ho comprato qualcosa da mangiare. Nulla di mediterraneo, gli Stati Uniti non sanno neppure cosa significhi." Tristan estrasse da una busta un paio di barattoli rossi. "È cibo confezionato. Non è una prelibatezza, ma in bontà supera di gran lunga i piatti scialbi del Massbury Institute." E si fermò per un istante, fissando il vuoto. Dopodiché alzò lo sguardo verso Dianna, ansioso. "Hai fame?"
La sirena scosse la testa.
"Hai freddo?" Tristan si alzò e mosse passi veloci verso Dianna, giungendole dinanzi e fissandola con quei profondi occhi ghiacciati che, però, sembravano trasmettere un caldo infernale.
Dianna riportò alla mente le immagini di pochi minuti prima e ricordò la piacevole sensazione delle labbra di Tristan sulle sue, il calore del suo corpo, la protezione della sua stretta, e le sue guance avvamparono.
Levò lo sguardo sui suoi occhi e annuì flebilmente. "Sì. Un po'."
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Sul fare della sera, quando il grigiore del giorno fu sostituito da un intenso color indaco -il quale aveva ricoperto le ultime sfumature del tramonto- Tristan accese un piccolo falò con qualche pezzo di legna vecchia trovato abbandonato ai piedi del promontorio. Quella luce, seppur debole, bastò a rischiarare l'interno della piccola tenda da campeggio, e le faville del fuoco irretirono lo sguardo di Dianna sui loro bagliori.
Da parecchi minuti, oramai, la sirena sostava dinanzi al falò, le gambe piegate sotto le cosce, le braccia sulle ginocchia, la schiena ricurva e le dita che di tanto in tanto si allungavano temerarie verso le fiamme.
Dianna guardò quei bagliori rossi stendere un alone rovente attorno alle proprie mani, come un guanto infuocato.
Tristan sedeva al capo opposto, e dietro le vampate i contorni del suo volto apparivano distorti, annebbiati, come se stessero per sciogliersi.
Ma lo sguardo agghiacciato era ancora fermo con sicurezza su Dianna.
Il silenzio era rotto di tanto in tanto dal rumoreggiare del fuoco, le cui fiamme si levavano verso l'alto come bolle ardenti, per poi scoppiare.
Ma l'urlo del silenzio spaventava Dianna, che, facendo leva sulle gambe, si alzò in piedi e, dopo aver afferrato e avvolto sulle spalle la coperta in pelliccia scura che Tristan aveva comprato, uscì dalla tenda.
Il vento ululava truculento e graffiava poderoso le onde del mare, come vendicandosi di una vecchia sfida ancestrale lasciata senza un vincitore.
In cielo, le nuvole si rincorrevano, annullando la loro ombra con una scia biancastra e sparendo come spettri lampanti.
Il mare gorgogliava.
La sua ira sembrava essersi placata, ma c'era qualcosa di segreto ed enigmatico nel suo respiro di sale.
Pareva complottare.
Dianna mosse qualche passo verso la riva, mentre la gonna del suo vestito sferzava i suoi polpacci e i capelli s'agitavano nel vento come serpenti.
La sabbia le si incollava al talloni nudi e talvolta Dianna balzava con un moto improvviso quando i frammenti di qualche guscio di conchiglia scheggiata le ferivano la pelle.
Quando giunse a riva, seguita dal cammino della prima falce lunare nel cielo, intinse tentennante i piedi nell'acqua e, quando le onde si ritrassero, un velo di schiuma bianca le incoronò le caviglie. Dopodiché, Dianna alzò lo sguardo e osservò con malinconia la distesa dell'oceano dinanzi a sé: era una tavola profonda, una barriera invalicabile, uno scudo invincibile.
Eppure sembrava non trasmettere nulla. Pareva vuoto, informe.
La sirena si sedette sulla sabbia e stese le gambe verso l'acqua, reggendosi con le braccia e gettando il capo all'indietro: ora, una ad una, come un arcobaleno di lucciole, le stelle illuminarono il suo viso, le ciglia scure, lunghe e folte, le labbra rigate dal gelo e le guance paonazze.
Al sussurro del mare si unì, alle sue spalle, un lieve scalpiccio.
Dianna riconobbe quei passi e aprì gli occhi, drizzando il busto e voltando leggermente il capo. Sebbene qualche ciocca indomita dei suoi capelli si riversasse dinanzi al suo sguardo, la sirena distinse nitidamente la figura di Tristan sedersi al suo fianco.
Con sé, egli portava un vento di profumo fresco.
Dianna sospirò e guardò le gambe erculee di lui allinearsi accanto alle proprie e, assalita da un'improvvisa vergogna, le ritirò, portando le ginocchia al petto. Poi disse: "Cosa accadrà quando torneremo negli abissi?"
Tristan rimase in silenzio per un attimo e si finse concentrato verso un pugno di granuli di sabbia che aveva raccolto nel palmo della mano. Dopodiché, portò quest'ultima dinanzi al volto, spalancò le dita e osservò la sabbia scivolare lenta sulle sue gambe o volare via con il vento. Per un istante, Dianna pensò egli fosse incerto su quali parole usare o su quale verità rivelarle. Ma poi esordì così: "Non lo so. Non esistono risposte semplici per problemi complessi. Dovrò valutare la situazione, venire a conoscenza di cosa ne è stato dell'esercito degli abissi durante la mia assenza. Se la compattezza degli schieramenti è degenerata, dovrò cogliere i punti deboli dei guerrieri e farne punti di forza. Dovrò riconciliarmi con mio padre, assorbire e replicare ai suoi rimbrotti; dovrò incontrare mia madre, placare la sua apprensione nei miei confronti e darle dimostrazione di come il mio desiderio di conoscere il mondo non si è mai conciliato con la paziente disciplina che ha sempre cercato di propormi."
Dianna provò a figurare nella propria mente l'immagine della donna che lo aveva partorito: pensò avesse gli stessi capelli del figlio. Biondi, lucenti, dorati. E pensò avesse i suoi stessi occhi: imperlati di un ghiaccio ardente.
La sirena prese tra le mani una manciata di sabbia inumidita dalla spuma del mare. "E quando finirà?"
"Che cosa?"
"La guerra." Quella parola risuonava minacciosa alle orecchie di Dianna.
Tristan soffocò una risata amara. "Oh, la guerra! Chi può dirlo? Ancora non è neppure iniziata."
"E come agirai?" La sirena si voltò a guardarlo: sul volto, un'espressione preoccupata, materna, di un'amante i cui sentimenti erano sotto tortura.
Tritone abbozzò un sorriso sulle labbra calde, portò un braccio sul ginocchio e guardò con sguardo superno il mare, quello stesso mare che aveva in pugno. "Come ho sempre fatto. Tornerò quello di un tempo. O meglio, mi mostrerò tale. Perché, nel profondo, io non sono mai cambiato. Sono sempre lo stesso: la guerra scorre ancora nelle mie vene. Vi è solo una piccola differenza."
Dianna increspò la fronte. "Quale?"
"Ho trovato ciò che mi spinge a lottare," disse Tristan. "Sai, i vecchi saggi dicevano che un uomo si mostra tanto potente sul campo di battaglia quanto è potente il sentimento che lo spinge a combattere." Tristan si voltò verso Dianna, allungò delicatamente una mano verso le sue labbra e le carezzò con il pollice. "E a questo punto, allora, credo che vinceremo questa battaglia," annuì. "Sì, vinceremo questa guerra."
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È ARRIVATO IL BACIO, YEEEEEEEEE! *fuochi d'artificio, unicorni danzanti nella nebbia* Come vi è sembrato? Vi è piaciuto? E avete apprezzato la sicurezza di Dianna?
Come avete letto, i due piccioncini ora ritorneranno in Grecia, e nel prossimo capitolo la storia cambierà completamente. O meglio, lo scenario non sarà più il Massbury Institute -se non per qualche paragrafo riservato agli altri 4 "pazzi" che sono ancora in Virginia- ma il mondo ellenico, che, come ripeto, spero di descrivere completamente. Non frequento un liceo classico, quindi spesso devo informarmi su Internet per ulteriori dettagli, ma vi prometto che mi impegnerò come meglio posso.
Appariranno nuovi personaggi... legati al passato di Tristan! *io so che ora state pensando a qualche donzella, ma non vi dico se sarà così o no, muahahah*
Per anticipi e spoiler visitate la pagina Facebook dedicata alla storia: "Alexandra-writes on Wattpad".
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e cosa credete accadrà.
Votate e commentate, è sempre un piacere leggere i vostri pareri.
Grazie mille!
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(Pubblicità a "The whispers of trees - I sussurri degli alberi" di Danielinamarotta e a "Villains" di ProjectG).

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