Lo sguardo di Tristan sostò ancora sulla figura di Dianna e la descrisse più accuratamente, il cuore che perdeva un battito ad ogni triste occhiata. Il suo corpo sembrava macilento, atrofizzato di vita: nelle gambe e nelle braccia il sangue pareva non scorrere più e la sua pelle, al chiarore incerto della luna, perse il colorito rosato e si tinse di un cupo grigiastro. La veste da camera era oramai sporca, sudicia, ridotta a brandelli simili a graffi, e aveva tramutato il suo bianco in macchie di fanghiglia miste a polvere; inoltre, non copriva più il suo corpo: era alzata sino alla vita, lasciando scoperti i ricami della biancheria intima e la linea sinuosa delle sue cosce. Sul collo erano impressi segni violacei, forse morsi, forse graffi- Tristan non riuscì a distinguere i dettagli nella penombra e nella rabbia che gli offuscava lo sguardo, ma vide solamente un corpo di sirena che aveva perso il suo brillante splendore, infierito. La bocca di Dianna era tumefatta, quasi annerita, scheggiata: il sangue si era incrostato sul labbro inferiore ed era schizzato poco sotto le narici. I capelli avevano perso la lucentezza, si erano spenti, intrecciati, aggrovigliati in ciocche disordinate, delle quali talune scendevano sulle guance pallide come la cera e come il cielo di gennaio.
Eppure, Tristan, nell'amore che ora appariva così vivido davanti ai suoi occhi, vedeva comunque una giovane bellissima. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia, ma non poteva: non prima di aver manifestato la sua ira in tutta la sua brutalità.
Dunque Tritone levò lo sguardo su Eryx e Ippotoo, uno sguardo talmente velato di una rabbia avvampante, che era impossibile decifrarvi l'avvicendarsi di emozioni.
I due disgraziati lo guardarono timorosi: solamente Eryx non arretrava, probabilmente per fingere compostezza e forza, ma Tristan lesse nei suoi occhi un brivido di terrore. Ippotoo tentò vanamente di afferrare un lembo della maglietta di Eryx per tirarlo a sé e allontanarlo dal corpo di Tristan che si stava avvicinando lento e minaccioso.
Tritone mirò ad Eryx. Posò una mano sul suo petto e lo spinse contro la parete alle sue spalle: la testa del disgraziato colpì il muro con un tonfo simile ad un tuono, e Tristan credette il suo cranio potesse frantumarsi. Eryx trasalì e aprì gli occhi sconcertato, frastornato: le sue iridi girarono a vuoto, poi i suoi occhi si volsero su Tristan, su quel fratello maledetto che aveva tanto invidiato e che, tuttavia, non aveva mai distrutto. Tritone spinse la propria fronte contro quella di Eryx, strinse la mano che teneva posata sul suo petto sino a ghermire la sua pelle in una morsa pungente e tese la mascella. Nei suoi occhi il fuoco avvampò. "Non voglio lasciarmi andare a parole, preferisco agire con i fatti." Tristan afferrò la maglietta di Eryx, lo tirò in avanti facendolo avanzare e mosse il braccio verso il suo viso, in un movimento rapido, facendolo crollare sulla paglia con un pugno sonoro che riecheggiò nel casolare.
Fiotti di sangue scivolarono con immediatezza dal naso di Eryx, scesero sulla sua mandibola e gli macchiarono le labbra, invasandogli la bocca con il loro sapore ferroso, tanto da ridurre il ragazzo a sputare rigagnoli rossi e grumosi.
Tristan avvolse le maniche della camicia sui gomiti, pronto ad attaccare nuovamente, ma Eryx si rialzò -seppur stremato dagli stenti- e raschiando la gola afferrò Tritone per il bavero e lo spinse a terra, per poi salire sul suo corpo e tentare di restituirgli un pugno sulla mandibola. Ma Tristan aveva le braccia forti e robuste, e il desiderio di vendetta altrettanto inflessibile, dunque posò una mano sul suo collo e una sulle sue spalle per mantenerlo a distanza. Dopodiché Tristan affondò le unghie nella sua carne e con una potenza sovraumana lo lanciò contro il muro. L'impatto fece tremare la struttura in una paventosa scossa.
Tritone si rialzò e raggiunse il corpo di Eryx che scivolava contro la parete. Lo prese per il collo e lo costrinse ad alzarsi, osservandolo con occhio arrogante e sprezzante; allungò una mano verso un angolo del casolare e agguantò un vecchio piccone arrugginito dalla lama però ancora tagliente che riposava accanto ad uno scalpello e ad un rastrello rovinato, e lo puntò alla gola di Eryx, obbligandolo ad alzare il mento. Con la punta acuminata gli accarezzò la giugulare, sino a scendere con l'attrezzo lungo il suo sterno e a soddisfare la propria spietatezza ferina quando Eryx deglutì spaventato, rantolando agonia tra i denti. Tristan parlò con voce tonante, ad una spanna dal viso dell'altro: "Sai cosa potrei fare con questo piccone?" Fingendo un tono ironico, soppesò l'attrezzo tra le mani e ne accarezzò la punta. "Potrei scavarti il cervello, le ossa, le membra, la pelle..." Poi aggiunse, gli occhi che brillavano: "gli occhi. Ma preferirei che tu mi vedessi quando ti ucciderò, ho sempre amato scorgere l'agonia e il benvenuto che i bastardi come te danno alla morte quando sanno che il loro ultimo respiro è vicino. Quindi ho deciso che oggi mi limiterò ad arrecarti un leggero dolore... qui." Proferendo quelle parole con una sottile e crudele enfasi, sfiorò il collo di Eryx e poi lo afferrò tra le braccia. Lo fece voltare, in modo che la sua schiena si scontrasse contro il proprio petto e imprigionò le sue braccia in una stretta demoniaca, impedendogli ogni movimento. Nel voltarsi, però, Tristan notò Ippotoo avvicinarsi al corpo di Dianna. I suoi occhi si spalancarono. Allungò un braccio verso di lui e, chinando il capo per assorbire la concentrazione necessaria, decise di usufruire dei poteri congeniti e sovrannaturali che la sua natura di dio gli aveva donato: arcuò le dita -quasi fossero artigli- e socchiuse gli occhi.
Poco dopo Ippotoo si accasciò a terra tremando sotto il peso di potenti scosse elettriche.
L'attenzione di Tristan tornò ad Eryx. Nonostante non potesse osservarlo in volto, gli rivolse un sorriso che tradì un odio rudimentale e recondito, il sorriso di un vincitore che calpesta il perdente. Si chinò sul suo orecchio e la sua voce calda e virile gli fece tremare i precordi. "Ci rivediamo sul campo di battaglia. Rimettiti in forze." E, con un veloce movimento delle mani, gli storse il collo sino a che la sua colonna vertebrale non urlò martoriata.
Ed Eryx crollò sulla paglia, privo di sensi.
Libero momentaneamente dalla collera implacabile che gli affliggeva il corpo e gli faceva sanguinare l'animo come uno scalpello che batte sempre sulla stessa ferita, Tristan si avvicinò a Dianna.
Le si inginocchiò accanto.
Il suo cuore si agitò nel petto.
Allungò una mano e le scostò una ciocca dal viso, lasciando scorrere le dita su una ferita ancora sanguinante, pulsante, rossa, aperta. Dopodiché si osservò i polpastrelli e lesse in quelle gocce di sangue il senso di colpa che, ora, gli bruciava la ragione. Rimase ad osservare quel corpo stracciato per una manciata di istanti -o minuti- come se ci fosse una bellezza nascosta da ammirare in quel grigio torpore.
E una lacrima rigò la sua guancia. Tristan non aveva mai conosciuto il sapore del pianto, non aveva mai assaggiato il suo retrogusto amaro. Quella lacrima era calda, bollente ed era la voce del suo cuore. Non era più insensibile, non davanti a lei, non davanti a Dianna. Ora, i suoi sentimenti esplosero come un turbine rinchiuso in gabbia per troppo tempo.
Con gli occhi ancora appannati -che d'un tratto avvertiva deboli, così come le palpebre che bramavano di serrarsi- sciolse la presa del bavaglio nella bocca della sirena e della fune che le legava le braccia dietro la schiena.
Con orrore, Tristan vide che la la corda aveva scavato profondi segni arrossati attorno ai suoi polsi. Dopodiché, la prese tra le braccia con delicatezza e il suo corpo privo di sensi si adattò dolcemente al suo petto.
Gli sorresse con apprensione la testa e osservò il suo volto cereo augurandosi che gli occhi chiusi non fossero sigillati da un sonno eterno.
Non pesava. Dianna sembrava improvvisamente leggera, tanto le forze le erano state prosciugate, tanto il suo corpo florido ora appariva emaciato, smagrito, privato della sua dignità di donna. Era come una piuma che il vento poteva spazzare via.
Ma lui sarebbe stato il suo scudo. Quando si avvicinò all'uscita del casolare, Tristan volse un'occhiata alle sue spalle: vide Ippotoo accovacciato accanto al corpo tramortito di Eryx.
Tritone lo studiò con sguardo misericordioso e disgustosamente impietosito: "Come una donna che piange il corpo del marito. Ma -stai tranquillo- non è morto, però ti assicuro che un giorno piangerai davvero il suo corpo privo di vita."
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Sulle palpebre di Dianna sembravano gravare macigni. Impiegò un'abbondante manciata di secondi per aprire gli occhi. Il suo sguardo focalizzò a fatica un parabrezza, una strada macchiata dalle ombre della notte e un cruscotto scuro dinanzi a sé. Dedusse di essere seduta sul sedile della Chevy Camaro solamente riconoscendo il rombo del suo motore.
E riconoscendo una guida quasi familiare.
Quando raddrizzò lievemente il capo e volse lo sguardo alla sua sinistra, vide Tristan guidare rabbiosamente: le sue mani si stringevano fervidamente attorno al volante, quasi conficcandovi le unghie; lo sguardo puntava sulla strada senza distrazioni, freddo e guerriero; la mascella si tendeva e i muscoli del collo e delle braccia allungate si rilevavano furiosi. Tuttavia, in quegli occhi apparentemente impassibili e indolenti, sotto un manto scuro come la notte, brillava una tristezza angosciante che confinava con un vivido senso di colpa. Dianna lo comprese dai movimenti rapidi delle palpebre di Tristan, che si chiudevano solo occasionalmente con un lieve tremore, come se dovessero frenare l'avanzata burrascosa delle lacrime. Per la prima volta, Dianna, nella sua mente frastornata e nei dolori del suo corpo martoriato che sembrava urlare sotto le ferite brucianti, tirò un sospiro di sollievo: era accanto a Tristan, era protetta. Non aveva bisogno più di nulla.
La sirena si mosse sul sedile con un flebile mugolio. Tristan volse il capo in un rapido movimento e la spinta del suo piede sull'acceleratore si fece più dolce. Negli occhi del ragazzo avvampò una gioia sottile e quel masso che incombeva sul suo cuore si frantumò. Allungò una mano verso Dianna e le accarezzò una guancia. "Stai bene? Hai freddo?" pronunciò con la voce carica di apprensione. Poi sospirò e sbatté una mano contro il volante, adirato. "È colpa mia. Tutto questo non sarebbe successo se non ti avessi permesso di lasciare la cella. Sono un bastardo che non ha saputo proteggerti."
"Lo stesso bastardo grazie al quale sono ancora viva," rispose Dianna. L'impatto con la propria voce debole la fece trasalire.
Tristan tornò a rivolgerle la sua attenzione e il fuoco che ardeva dentro di lui sembrò placarsi un poco. Dianna sospirò e, con un'improvvisa audacia, mosse il collo dolorante per chinare il capo e osservarsi. La sua veste era irriconoscibile, un cencio logoro e macchiato che inumidiva la pelle con il suo tanfo marcio. Ne sollevò un lembo e osservò con orrore le proprie gambe: tagli -più o meno profondi e scavati nella carne- strisciavano come velenosi serpenti, lasciando sulla pelle i resti di un sangue scuro e raggrumato. Allungò un dito per toccarli, ma ritrasse la mano quando un bruciore insostenibile dilagò nel suo corpo. Toccò un lembo di pelle ancora intatto e vi esercitò una lieve pressione con il dito, ma ciò che percepì fu solo il molle e dolorante pulsare dei muscoli indolenziti. Dopodiché, Dianna alzò una mano e si sfiorò la guancia, avvertendo sotto i polpastrelli i graffi rinsecchiti, le cui incrostazioni si sfaldarono e piovvero come briciole sulla sua vestaglia. Solo a quel punto, la sirena si obbligò a lasciarsi andare contro il sedile. Non ricordava nulla delle traumatizzanti ore precedenti, se non quell'istante in cui aveva perso i sensi e in cui aveva spento ogni dolore corporeo. Vide Tristan che la osservava, alternando lo sguardo dalla strada al suo corpo. "Non mi guardare così. So di essere ridotta come uno straccio inutile, che non pulisce più."
"Ti guardo perché sei comunque bellissima."
Dianna, nelle deboli forze del suo viso, gli rivolse un caldo ma lievemente accennato sorriso di gratitudine, per poi guardare oltre il finestrino.
I contorni del paesaggio sfumavano sotto l'abbaglio della luna e le uniche sagome distinguibili erano quelle degli alberi che, di tanto in tanto, si scorgevano oltre la carreggiata deserta. Dianna si sporse leggermente e notò gli schizzi d'acqua delle pozzanghere calpestate dalle ruote che piovevano altrove, su un asfalto sbriciolato e dissestato. Per il resto, non osò domandarsi dove fossero e dove fossero diretti.
La rassicurazione cui si aggrappava era sapere di essere finalmente al fianco di Tritone.
Trascorse qualche minuto di silenzio, prima che Tristan accostasse sul ciglio di un largo viale. Dianna lo vide sfilare le chiavi della Chevy dal blocchetto d'accensione e si sporse agitata verso di lui, ghermendogli il braccio. "Dove vai? Non mi lasciare, ti prego."
Tritone la guardò e i suoi occhi tradirono per un istante un forte tentennamento. Si slacciò la cintura e posò la mano sulla sua. "Entro in questo discount." Ammiccò oltre le spalle di Dianna. "È l'unico della zona aperto giorno e notte, non ho trovato di meglio."
Dianna aggrottò la fronte insanguinata. "Di..scount?" compitò. Tritone scosse il capo e fece risalire la mano sulla sua guancia. Le scostò una ciocca di capelli che si era incollata alle sue labbra e si chinò. "Devo scendere. Tornerò il prima possibile, non dovrei impiegare molto tempo. Ma tu resta qui, non seguirmi." E, nonostante i lamenti di Dianna che continuava ostinatamente a tirare un lembo della sua camicia, -non senza un grande sforzo mentale a lasciarla lì, sola, dentro l'auto- Tristan scese e la portiera si schiuse con un secco fremito alle sue spalle.
La sirena lo vide saltare con abilità sul marciapiede. Dopodiché, la sua figura robusta sparì dietro una porta girevole.
Dianna rimase ad osservare l'insegna sfrigolante del piccolo negozio e le parve che quella luce le perforasse gli occhi. Sbatté le palpebre più volte, infastidita, e reclinò il capo contro il finestrino. L'abitacolo profumava ancora di Tristan. In qualche modo, quel leggero e piacevole sentore le inebriò lo spirito. A quel pensiero, il suo cuore iniziò a palpitare furibondo, discostandosi dalla debolezza che invece attagliava il suo corpo, e Dianna impiegò tutte le sue forze residue per mettere a tacere quei sussulti.
Poco dopo, Tristan uscì dal negozio con un paio di buste rette nella mano destra e aprì la portiera. Si sedette sul sedile, posò i sacchetti sulle gambe e li aprì. Vi estrasse qualche strana confezione e un flacone di plastica verde che Dianna osservò con diffidenza e distacco.
La sirena scrutò i suoi movimenti con le sopracciglia inarcate. "Che cosa sono?"
"Cerotti e disinfettante."
Ignorando il fatto di non conoscere l'utilizzo di quest'ultimi, Dianna ammiccò ad un altro aggeggio tra le mani di Tristan. "E quello?"
Tritone alzò l'oggetto e lo soppesò per un momento, rigirandolo tra le dita. Poi lo lanciò delicatamente sulle gambe di Dianna. "Quello è un pettine," disse quasi con un sorriso.
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So che molte di voi speravano che Tristan uccidesse Eryx e Ippotoo, ma c'è ancora la guerra contro i Titani da combattere e, dato che Eryx e Ippotoo si sono schierati dalla parte di quest'ultimi, saranno contro Tristan e, chissà, potrebbe uscire fuori il Big Bang ahahahah.
Intanto ha dato loro una bella lezione!
Che ne pensate del combattimento?
Che ne pensate di Tristan che versa una lacrima sul corpo di Dianna e che la prende in braccio?
E i cerotti e il disinfettante al discount ahahahah, #TristanMedicoChirurgo.
Ma, soprattutto, qualcuno ha dato un pettine a Dianna! Finalmente! #Diannapassionepettini
Comunque, pronte per il prossimo capitolo? Sarà eheheheh. Sarà anche più corto rispetto a questo, ma scommetto un braccio che vi piacerà. In caso contrario potrete lanciarmi il Monte Bianco in testa.
Per piccoli spoiler, foto e citazioni, visitate la pagina Facebook dedicata a questa storia: "Alexandra-writes on Wattpad".
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo! Votate e commentate :)
Grazie mille a tutti!
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L'inevitabile attrazione
FantasyUna tremenda battaglia infuria nelle profondità del mare, dove le acque giacciono meditabonde. Dianna Cox, giovane sirena dalla bellezza fiammante, è costretta a rifugiarsi in un istituto della Virginia, quando Poseidone dichiara guerra alle vecchie...