Capitolo 33

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Nonostante l'estenuante risoluzione con la quale Dianna aveva affermato di preferire dormire rincantucciata in un angolo impolverato e buio piuttosto che tra le braccia di Tritone, alla fine lo sguardo magnetico di questi l'aveva soggiogata, e la costrizione l'aveva portata alla rassegnazione: si era sdraiata sul lenzuolo e si era avvolta nella coperta, sistemando la testa sul torace imperiale di Tristan e posando la mano sul suo addome, perché altrimenti avrebbe dormito tutta la notte scomodamente, rischiando la tragica conclusione di svegliarsi il mattino seguente con gli arti completamente assenti nelle loro funzioni.
Ma il pensiero con il quale aveva -seppur sia sbagliato usare un simile termine- accolto la proposta del dio non fu lo stesso di quanto si era rintanata tra le sue braccia: Dianna aveva trovato qualcosa di protettivo in quell'abbraccio.
Lui le aveva posato una mano sulla schiena e l'aveva spinta contro di sé, lasciando che le sue dita carezzassero il sottile tessuto della vestaglia della sirena, un umile lembo di stoffa che separava il suo tocco maschile da una pelle che sembrava attrarre in trappola ogni uomo dotato di spinti desideri.
E poi non aveva fatto più nulla, se non lasciare che Dianna si sistemasse sul suo petto.
Dianna, ignara se fosse l'imbarazzo o l'acerrimo senso di sconfitta a tirarle un brutto tiro, aveva serrato le labbra e aveva mosso la testa rossa sul torace del giovane, cercando di trovare una posizione confortevole; quando l'aveva trovata, le sue orecchie intercettarono il pomposo battere del cuore di Tristan, tantoché -per un breve momento- Dianna aveva pensato che quell'organo potesse lacerare quel petto virile, ghermirla e rapirla, portandola con sé nella sede oscura e pragmatica dei sentimenti di Tritone, sempre e comunque ipotizzando egli fosse capace di provarli.
Poco dopo, Dianna aveva provato a chiudere gli occhi per evitare di captare il leggero posarsi di un paio di labbra -che avevano certamente un possessore conosciuto- sui suoi capelli, seguito da una mano che iniziò ad avvolgere alcune sue ciocche tra le dita, stenderle e annusarle.
Ma la ragazza era rimasta immobile perché, benché le costasse fatica dedurre che quel tocco avrebbe certamente portato ad altri tocchi più intimi, non poteva negarne la piacevole sensazione.
Per un istante pensò persino che avrebbe potuto abbandonarsi a quelle braccia.
Dopodiché, la sirena aveva posato la mano sul suo addome, rischiando di slacciare i bottoni della sua camicia con le dita frenetiche, che aveva quindi poi raggomitolato nel palmo della mano per non dare lui modo di pensare fosse interessata a denudarlo, sebbene Dianna sapesse che questa sarebbe stata un'offerta a cui Tristan non si sarebbe certamente tirato indietro.
E la sua mano era stata investita da un calore tirannico: sembrava che quel petto... che quell'intero corpo sprigionasse bagliori invisibili e infuocati.
Dianna non credeva la pelle di Tristan fosse così calda.
Così, dopo un lasso di tempo non definito, Dianna si era addormentata nella protezione di quel corpo bollente.
E dunque, ora, al suo risveglio, avvenuto in contemporanea con un'alba cadaverica, Dianna non seppe se Tristan avesse dormito o se avesse trascorso una notte insonne, perché quando alzò timidamente lo sguardo e la sua guancia strisciò sul suo petto per guardarlo, gli occhi ghiaccio erano già aperti e la stavano fissando. Ma le labbra di Tritone erano ferme, fino a quando non si schiusero, non per augurare un buongiorno -cosa che, tuttavia, aveva fatto con un sorriso quasi dolce- ma per chiedere: "Hai freddo?"
Dianna fu travolta dall'impulso di mostrargli il sudore che stava colando dalla sua fronte, tanto la sua pelle erculea l'aveva fatta avvampare durante la notte, ma rimase in silenzio e scosse il capo.
Poi Dianna si mise a sedere e il solo riacquistare forma -bene o male- eretta le provocò un'acuta frastornazione e un momentaneo giramento di testa.
Quando la vide portare una mano alla tempia per massaggiarla, Tristan sfoggiò uno sguardo apprensivo e, alzandosi in piedi e recuperando la cravatta di rigore che aveva lanciato la sera prima sul pavimento, le disse, la voce un po' rauca: "Stai bene?"
"Sì, sto bene."
"Dal tuo colorito non si direbbe."
Anche Dianna si tirò su in piedi, senza notare la mano stesa di Tristan in suo aiuto, e lo guardò. "Sto bene, davvero. È che sei... un po' caldo..."
Tristan sogghignò, alzò il mento e avvolse con fare esperto la cravatta attorno al suo collo. "Lo so, me l'hanno sempre detto in molte."
"Sai essere disgustoso..." Dianna finse ribrezzo.
Il sorriso di Tritone s'addolcì. "Dovrai farci l'abitudine."
"Quanto ancora dovrà andare avanti tutto ciò? Dormire in vecchie celle rinsecchite, al buio, con una..." Dianna provò a trovare un termine adatto, "insulsa coperta di lana... fuggire da chi vuole uccidermi... nascondermi, poi scappare... dal mondo, dai Titani, da Eryx e Ippotoo... o forse da te."
Tristan sembrò sorpreso e i suoi occhi ghiaccio sembrarono ingrandirsi. "Non devi scappare da me."
La sirena chinò il capo e osservò i propri piedi che descrissero disegni immaginari sul lastricato lercio, e pensò che sarebbe stato meglio per lei se avesse taciuto, perché ora si ritrovò senza una risposta. Quindi tornò alla domanda iniziale: "Quanto durerà tutto questo?"
Tristan si chinò, raccolse il lenzuolo e la coperta e buttò sulla spalla la propria giacca dell'uniforme che si era sfilato. Poi si rialzò: "Non lo so. In ogni caso, la prudenza non è mai troppa."
"Questa filosofia è molto interessante, soprattutto per chi, in passato, si è ritenuto il genio del pericolo. Ciò significa che anche uomini psicologicamente irreparabili possono essere riportati sulla retta via."
Tritone rise. "Hai ragione: la mia filosofia sostiene che la vita è stata plasmata per essere vissuta con l'ebbrezza del rischio, ma se la situazione riguarda te intendo fare un'eccezione."
L'entrata gagliarda in scena di Dianna finì ben presto quando si ritrovò a non sapere cosa rispondere a quelle parole, che, probabilmente, neppure necessitavano di una risposta ma solo di uno sguardo colmo di gratitudine.
In fin dei conti, Tristan era un dio, un soldato, un avventuriero, -e anche un sadico-, un generale, un giovane indecifrabile, spesso anche volubile, iroso, rissoso, tempestoso, burrascoso, e tanti altri simili attributi. Ma Dianna non poté negare che egli fosse anche, in quel momento, l'unica sua àncora di salvezza. La stava proteggendo, e chi avrebbe potuto dire che, per farlo, non era lui ad esporsi al rischio?
Percependo la tensione intessuta dal prolungato silenzio della sirena, Tritone fornì altre spiegazioni a sostegno della propria tesi. La sua voce possente riecheggiò nella cella: "Eryx e Ippotoo hanno lo sguardo mirato su di te. Un passo falso e sarai sotto le loro grinfie, imprigionata per essere sfruttata come una semplice pedina di guerra -o forse direttamente annientata- per poi essere lanciata e lasciata disgustosamente sprofondare nell'oltretomba."
"E non era ciò che avevi anche tu intenzione di fare? O meglio, che hai ancora intenzione di fare? Hai forse paura che qualcuno possa toglierti il primato di sfruttatore?" Dianna sospirò e lo guardò, frantumando quel velo di ironia che aveva macchiato le sue precedenti parole. "Anche tu vuoi solamente usufruirmi per la guerra, Tristan. Anche tu, una volta terminati gli scontri, mi lascerai cadere nell'Ade, oppure non mi degnerai neppure di una degna sepoltura, cosicché io sarò per cento anni costretta a vagare nella selva degli insepolti senza mai accedere all'oltretomba. Anche tu, come tuo padre ha fatto con mia madre, mi scaraventerai via una volta che tutto questo sarà concluso, perché -come lei- ho una dignità e non mi donerò mai a te senza sentimenti."
"Non farò nulla di tutto questo." Tristan si avvicinò, i passi veloci, gli occhi ora coperti da qualche ciocca dorata sbarazzina. Era così vicino che Dianna fu investita dal suo respiro fatato. Le posò una mano sulla guancia e indirizzò il suo volto verso il proprio. "Te lo giuro. Ma ora devi seguire le mie istruzioni. È una circostanza della massima serietà: devi ascoltare quanto ti dirò."
"Parla, dunque."
Tristan assorbì un conciso respiro e spostò la sua mano su una ciocca dei capelli fiammanti della sirena. "Ti sarò sempre accanto, oggi, domani e nei giorni a seguire. Non distoglierò mai gli occhi da te. Ma stai lontana da Eryx e Ippotoo, non attirare la loro attenzione più di quanto tu non abbia già fatto. Non provocarli. Mantieni un profilo basso. E se dovessi mai percepire qualcosa... qualcosa di misterioso nell'aria, un pericolo imminente, una semplice minaccia da parte di quei bastardi, basta un semplice sguardo che rivolgerai nella mia direzione e ti giuro sul mio nome che farò del Massbury Insitute un campo di battaglia."
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L'eco furibonda e nitida delle parole di Tristan ronzava senza freni nelle orecchie di Dianna, quando ella percorse il corridoio del Massbury -fasciato da un drappo della luce cerea mattutina- scortata, come le apparve ora ovvio, da Tristan.
Quando lei gli aveva chiesto -o meglio- lo aveva implorato di concederle almeno l'onore di fare ritorno nella propria camera per recuperare l'uniforme scolastica e alcuni libri, lui aveva acconsentito, seppur con un sospiro, ma nella condizione che, per le notti a seguire, Dianna avrebbe dovuto preparare una borsa con tutti quei futili -come li aveva definiti- occorrenti femminili.
Dianna era consapevole di essere ancora in vestaglia -quella veste da camera simile ad un fazzoletto fragile e trasparente che avrebbe senza dubbio attirato l'attenzione di Tristan- dunque la sirena si voltò per constatare se egli stesse descrivendo con occhio affamato le curve del suo corpo o meno. Ma quando si voltò per verificarlo, lo trovò camminare con un passo deciso e soldatesco alle sue spalle, la coperta tra le braccia e gli occhi che si muovevano veloci e circospetti, sull'attenti, e che si sbarravano allarmati persino ogni qualvolta nel corridoio irrompevano poveri studenti in preda ai fumi di medicinali scaduti che rendevano la loro camminata ciondolante e claudicante.
Si sarebbe detta una scena quasi comica, se Dianna non fosse stata consapevole che quella prudenza derivava da una minaccia enorme e da una circostanza avversa, e se non fosse stata altrettanto conscia che la paura non riusciva a creare una maschera pagliaccesca sul volto di Tristan, perché lui era sempre e comunque dotato di una bellezza sovrannaturale.
"C'è qualcuno nella tua camera?" Tristan bofonchiò alle sue spalle e le si avvicinò.
Dianna non si voltò: continuò a camminare. "Sì, dovrebbero esserci Jana ed Elena, se non sono state risucchiate dal dirigente per ciò che hanno tentato di fare stanotte."
Tristan grugnì e soffiò. Poi accelerò il passo e le afferrò il braccio, costringendola a voltarsi. La sua presa era ferrea e i suoi occhi cupi. "Non mi interessa cosa hanno fatto stanotte, basta che mi assicuri che raggiungerai l'aula di letteratura o con Jana o con Elena, o con entrambe, soluzione che mi piacerebbe tu adottassi."
Dianna sbarrò lo sguardo: non aveva mai scorto una paura così profonda dipinta negli occhi più trasparenti avesse mai visto. "Sì, ti ho già detto che rispetterò tutti i tuoi ordini, se non ho altra scelta."
Ne seguì un attimo di silenzio, sebbene i loro sguardi non avessero mai smesso di parlare.
Poi la presa attorno al braccio di Dianna si affievolì e Tristan sospirò. "Ti aspetto in aula." E sparì ancheggiando, dopo averla guardata, aver indicato più volte con l'indice e il medio i propri occhi e aver puntato le dita verso Dianna.
La sirena bussò alla porta della propria camera.
Nell'attesa, tamburellò i piedi nudi sul pavimento e si guardò attorno con impazienza, come se, ora, l'assenza di Tristan le avesse trasmesso un terrore quasi infantile. Ma tra poco avrebbe trovato senz'altro Jana all'uscio, intenta probabilmente ad urlarle dove era stata tutta la notte, a rimproverarla di essere sparita senza aver prima ascoltato i nuovi gossip -parola nuova ma appresa da Dianna- su Byron, a rinnovare verbalmente il suo odio nei confronti di Ashley e a elencarle le straordinarie gesta eroiche con cui aveva recuperato la cassetta degli AC/DC nell'ufficio del dirigente.
E l'irrequietudine di Dianna cresceva sempre più: voleva sentire l'energia della voce di Jana.
Perché probabilmente l'avrebbe destata dal suo torpore.
Ma quando passi veloci sopraggiunsero alla porta, Dianna vide Elena comparire sulla soglia, puntarle una lucerna dinanzi al volto e dirle con voce ferma: "Chi siete davvero tu e Tristan?"
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TA TAN! Scommetto che questa non ve l'aspettavate proprio! Ah, Elena, Elena! Li ha scoperti! Che cosa credete racconterà Dianna alla compagna? Le dirà la verità o le mentirà?
In ogni caso, il rapporto tra Dianna e Tristan si sta intensificando. So che molte di voi aspettano con ansia il bacio (anche io non vedo l'ora di scriverlo, eheheh) e vi prometto che arriverà improvvisamente, cogliendovi di sorpresa, però prima devono accadere un paio di cosucce fondamentali. Vi prometto -e spero- di non deludervi.
Nei prossimi capitoli l'attenzione verrà focalizzata su Jana -alla quale accadrà qualcosa- su Tristan ed Eryx, su Tristan e Dianna e su qualcosa che riguarderà tutti i sei amici.
Votate e commentate!
Grazie mille!

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