Ieri sera non ho avuto il coraggio di dire a Dom della chiacchierata con Mia avvenuta pochi giorni fa ma mi rendo conto che più il tempo passa e più sarà complicato spiegargli le mie motivazioni. Spero che non la prenda troppo male ma, davvero, vorrei che nostro figlio si chiami Ray, in onore di suo nonno. Sono sveglia già da un po' nonostante sia sabato e, ne io ne Dom, dobbiamo raggiungere le rispettive officine. Mi perdo a guardarlo dormire disteso sul lato, rivolto verso di me e con un braccio a cingermi i fianchi. Anche durante il sonno sembra volermi proteggere. Ho già preparato, nella mia testa, un discorso per spiegargli tutto ma so già che, quando arriverà il momento di parlare, dimenticherò tutto ed entrerò nel panico. Ultimamente temo di più le sue reazioni, non so perché, ma mi sento come se una qualsiasi mia parola possa distruggere tutto. Non sono mai stata così timorosa, anzi, direi il contrario. Sarà la gravidanza a farmi questo effetto ed a rendermi insicura. Ancora assorta dai miei pensieri, sento la sua presa sui miei fianchi intensificarsi, segno che si è svegliato facendomi sorridere automaticamente.
"Ehi, da quanto sei sveglia?" chiede con voce ancora impastata dal sonno.
"Da un po'." Avvicinandomi per stampargli un bacio sulle labbra. Come se avesse capito che c'è qualcosa che mi turba, mi accarezza il viso con la fronte corrucciata, segno che vuole sapere cosa gli sto nascondendo. Penso sia arrivato il momento di svuotare il sacco. "Devo dirti una cosa." Non appena le parole lasciano la mia bocca, istantaneamente ritrae il braccio ancora fermo sui miei fianchi e si mette seduto poggiandosi alla testiera del letto, aspettando impaziente di sentire cosa ho da dire. Senza spronarmi a continuare, intuisco che abbia già capito di cosa si tratti. "Ho chiesto a Mia dei tuoi genitori."
"Dio, sei così testarda." infastidito, fa per alzarsi dal letto. Lo trattengo per un braccio prima che mi lasci da sola facendomi sentire ancora più dannatamente stupida.
"Aspetta, ti prego. Lasciami finire." Lo imploro. Mi da ascolto restando seduto e dandomi le spalle. "Non ne vuoi mai parlare e la cosa un po' mi ha infastidito perché, tu di me, conosci tutto. Ma il punto non è questo." Faccio una pausa per vedere una sua reazione che, però, non arriva. Continua a restare fermo, nella stessa posizione aspettando di sentirmi finire. "Quando Mia mi ha raccontato del magnifico rapporto che avevi con tuo padre, all'ora ho capito che desideravo, più di qualsiasi altra cosa al mondo, che nostro figlio fosse un maschio per avere la possibilità di potergli dare il nome di suo nonno. Desidero che voi abbiate lo stesso rapporto che condividevi con tuo padre e che io non ho mai avuto con il mio." Mi fermo per riprendere fiato e aspettare di sentirmi dire qualsiasi cosa, ma nulla, il silenzio. Mi pento all'istante di tutto quello che ho fatto e, quasi sull'orlo di un pianto, lo abbraccio di schiena poggiando la mia testa sulla sua spalla. "Dom, perdonami, ti prego. Ho sbagliato, pensavo che ti avrebbe reso felice ma..." non riesco a finire di parlare che le lacrime lasciano i miei occhi impedendomi di continuare. Sto rovinando tutto solo per la mia testardaggine e la mia lingua lunga. Prima che possa scivolare via dal letto per potermi rinchiudere in bagno e continuare ad insultarmi, inaspettatamente, mi stringe in un forte abbraccio facendo si che pianga ancora più forte. Si allontana di poco da me per poter asciugare le lacrime che, copiose, cadono dai miei occhi. Sono troppo emotiva e tutta la colpa è di questi stupidi ormoni. So che non c'è un vero motivo per piangere, ma lo sto facendo è mi sento tremendamente stupida.
"Non sono arrabbiato con te, piccola, ok? Guardami." Punto immediatamente i miei occhi nei suoi sperando che, quello che ha appena detto, sia la verità. Non è teso come solitamente è quando perde la calma e nei suoi occhi leggo lo stupore più che ira. Decisamente non è arrabbiato. Automaticamente, sorrido, leggermente, ancora insicura su ciò che realmente prova. "Nonostante tu non faccia mai quello che di viene detto di fare, pensavi bene. Mi rende assolutamente felice sapere che vuoi che nostro figlio si chiami come mio padre, Sam."
"Dici sul serio?" chiedo stupita. Mi aspettavo solo il peggio da questa conversazione e, invece, mi sbagliavo. Sorride prima di posare di nuovo le sue labbra sulle mie, unendosi in un bacio dolce e premuroso, uno di quelli in grado di farti tremare anche le gambe, oltre che il cuore.
Abbiamo deciso di passare il resto della giornata a casa di Mia, cosa che succede davvero troppo spesso. Mi rendo conto che a casa nostra ci passiamo solamente la notte. L'intera giornata siamo a lavoro e quando torniamo siamo a casa di Mia. Tutti i giorni è così, ma alla fine ci sta anche bene. Quando siamo arrivati, Dom si è fermato a parlare di non so cosa con Brian mentre, io, dopo averlo salutato, ho raggiunto Mia in casa. Siamo in cucina quando ci raggiunge anche Gisel che ci invita a seguirla perché i ragazzi hanno delle novità. Quando raggiungiamo i ragazzi, è appena arrivato anche Roman e, l'unica cosa che riesco a capire, dopo qualche secondo nell'udire i loro discorsi, è che devono andare a Panama. Ma che diavolo? Di cosa stanno parlano? E, soprattutto, perché devono partire? Confusa, guardo Mia avvicinarsi a Brian e chiedergli quanto tempo resteranno via senza però chiedere il motivo di questa improvvisa partenza. Un mese o qualcosa in più è la risposta di Brian e quasi non svengo. Mi giro a cercare Dom e noto che aveva già lo sguardo puntato su di me. Non so che tipo di espressione abbia adesso la mia faccia ma spero solo di non sembrare troppo sconvolta perché, sia Mia che Gisel, sembrano aver preso abbastanza bene la notizia. Ci saranno abituate loro, ma io decisamente no. L'ultima volta che siamo stati troppo tempo lontani, Dom ha quasi rischiato di farsi ammazzare da un trafficante di droga. Scherziamo, vero? Lo vedo avvicinarsi e, adesso gli occhi di tutti, sono puntati su di noi. Prima di sentire la voce di mio marito, sento ancora quella di Brian. È rivolto verso Dom e gli sta dicendo che, in questa occasione, la sua presenza è di fondamentale importanza. Nello stesso instante che quelle parole lasciano la sua bocca, mi cade letteralmente il mondo addosso. Deve partire, è necessaria la sua presenza e io non posso impedirgli, nonostante sia tremendamente egoista in questa fase della mia vita, di seguire i suoi amici. Mi faccio forza per apparire tranquilla e non troppo turbata dall'inaspettata notizia anche se, dallo sguardo di Dom, non sembra funzionare.
"Sam, io..." cerca di dire ma lo interrompo sorridendogli.
"Lo so, non preoccuparti per noi. Staremo bene." Rispondo con convinzione, cercando soprattutto di convincere me stessa. La loro partenza è più imminente del previsto considerando che lasceranno la California stanotte per poter raggiungere un certo Tej, che non conosco, il prima possibile. Questo mi distrugge ancora di più rispetto alla notizia della partenza in se ma devo farmi forza ed evitare che per colpa mia, questo lavoro di cui parlano, vada a monte. Per tutta la sera cerco di non cedere alla tristezza e di sembrare più coraggiosa di quanto realmente sia. Dopo aver promesso di tornare in tempo per il matrimonio e dopo esserci salutati, li vediamo sfrecciare via nell'oscurità di questa notte, che sembra essere giunta troppo in fretta e non volersene andare mai.
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Un amore a 200 all'ora.
FanfictionNon si vede spesso una ragazza andare in giro con le unghie sporche di grasso motore e chiavi inglesi nelle tasche posteriori degli shorts. Bhe, a casa mia non è una novità, anche se in famiglia, oltre a me, nessuno è interessato alle auto. E puntua...