Il messaggio che ho inviato a Dom diceva che se voleva, potevamo vederci al vecchio molo per poter parlare e quando lascio l'officina, per raggiungere il punto d'incontro, sono appena passate le sei del pomeriggio. Il cielo è di un rosso intenso, il tramonto è il segno che un'altra giornata sta per finire lasciando, poi, spazio ad un'altra migliore. Non so come, sono riuscita a sedermi sul muretto del molo, evitando di rompermi qualcosa e, malinconica, osservo l'oceano. Questo posto mi ricorda tanto Porto Rico e quelle sere d'estate passate, lì, con Amanda sognando una vita che non fosse la nostra. Lei mi ripeteva sempre che, se solo avessi voluto, sarei potuta andata via da li appena divenuta maggiorenne. Ma il legame forte che mi inchiodava alla mia terra, a lei, ai miei amici ed a mio nonno, avrebbe distrutto il sogno che tanto avevo sperato diventasse realtà. Infondo, però, io quel sogno l'ho realizzato, ma mi ritrovo a pensare a quanto poco sia bastato per trascinarmi via da li. Ho lasciato tutto quello che avevo di più caro solo per seguire l'uomo che amo talmente tanto da essere disposta a continuare a distruggermi per poter stare con lui. Mi mancano tutti quei pomeriggi passati con Amanda, le risate tra una birra ed un'altra con in ragazzi al BlueMoon, i discorsi, anche quelli più strani, fatti con il nonno. Mi manca la mia terra anche se, tornarci sporadicamente, allevia il dolore. Adesso, però, sto per diventare mamma e questo mi lega qui, alla persona che, nonostante tutto, amo più di me stessa, ai nuovi amici e ai nuovi discorsi senza senso, fatti tanto per dire e per sorridere un po'. Questa non è la mia casa, ma con loro, è come se lo fosse. Guardo il mio orologio per poter constatare quanto tempo sono rimasta a contemplare quest'oceano, accorgendomi che sono le sei e trenta e di Dom ancora niente. Forse, stamattina, mi sono giocata l'unica possibilità che avevo, ancora, per poter chiarire. Ero troppo arrabbiata per poter rispondere diversamente da come ho fatto. Sto per cercare di scendere da questo muretto, quando sento il rumore familiare di una Changer. Dopotutto, anche lui vuole rimediare a tutte le nostre cazzate. Come se avesse paura di una mia reazione, si avvicina in un modo tremendamente lento. Un Dom così insicuro non l'ho mai visto, giuro.
"Sei qui da tanto?" chiede, titubante. Penso che abbia ancora paura che possa scappare. Ma anche volendo, non credo di riuscire a scendere da qui sopra. Come diavolo ci sono salita?
"Da un po', ma non è un problema." Con tranquillità.
"Ascolta.." inizia ma lo interrompo, avendo, adesso, intenzione di spiegare le ragioni del mio comportamento.
"No, adesso, ascolta tu, ti prego." Dico, catturando la sua attenzione. "Ho sbagliato, me ne rendo conto. Mi sono comportata da stupida, e non sei l'unico a pensarlo. Ma non sapevo cos'altro fare, niente riusciva a farmi stare meglio. Non è una giustificazione al mio assurdo comportamento ma, ti giuro su quello che vuoi, Dom, che non ho mai messo in pericolo tuo figlio." Di nuovo con le lacrime agli occhi. Si avvicina e mi accarezza una guancia, catturando una lacrima solitaria, caduta dai miei occhi.
"È nostro figlio, Sam. Sono stato uno stronzo a gridarti tutte quelle cose, nessuna parola era la verità. Avrei dovuto fidarmi di te fin dall'inizio. Ma la mia costante paura di perderti, di perdervi, mi ha reso cieco. Voglio che tu sappia che non ho mai, nemmeno pensato, di tradirti. La voglia di tornare da te era assurda, Sam. E quando mi hai urlato che sei stata male, mi sono odiato con ogni fibra del mio essere perché voi due siete più importanti di qualsiasi tipo di affare." Dice, liberando tutte le lacrime che mi costringevo a non far cadere. Come posso solo aver pensato che mi avesse tradito, quando tutto quello che percepisco guardando i suoi occhi è odio per se stesso per avermi lasciata sola nonostante sia stata io a convincerlo ad andare? Sono solo una stupida. Distanti solo qualche centimetro, sobbalzo quando il bambino mi prende sonoramente a calci, invitandomi, forse, a scendere e ad assumere una posizione più adeguata anche a lui.
"Mi aiuteresti a scendere da qui sopra?" chiedo aggrappandomi alle sue braccia. I nostri volti si ritrovano ad essere ancora più vicini di prima e ricordi del nostro primo bacio riaffiorano alla mente. Una scarica di brividi mi attraversa la schiena e la voglia di assaporare quelle labbra, che per due mesi ho solo sognato, è più forte che mai. Ma voglio prendermi la mia rivincita e, farlo morire ancora un po' sembra la scelta ideale. Mi allontano da quelle labbra, riportando anche Dom alla realtà.
"Spiegami, piuttosto, come hai fatto a salire." Chiede sorridendo e mettendomi giù.
"Non lo so, l'ho fatto e basta. Mi ha presa per un pallone, oggi." Riferendomi all'esserino che porto dentro di me. Le mie parole provocano una leggera risata da parte di Dom che mi guarda come se fossi la cosa più bella del mondo. E, sotto il suo sguardo, mi sento tale.
"Devo dire che un po' gli somigli." Prendendomi in giro.
"Vuoi un pungo?" facendolo ridere ancora più sonoramente. Mi accarezza il pancione, come per far capire a suo figlio che lui è li e che non vuole andare da nessun'altra parte, e sta volta, gli credo anche io. Ma voglio torturarlo ancora un po'. Lo so, sono perfida. Per tenere in piedi la mia messa in scena, comincia a camminare verso la mia auto, senza dirgli altro.
"Che fai?" chiede, preoccupato.
"Torno da Ryan." rispondo, trattenendo un sorriso. Spero tanto che ci caschi.
"Cosa? Perché? Voglio che torni a casa con me, Sam!" si, decisamente, ci è cascato. Devo resistere ancora un po'.
"Ti chiedo solo un altro po' di tempo, Dom. Non sono ancora sicura di voler tornare da te." È questa volta, sono sicura, di averlo fatto sprofondare in una voragine. S'irrigidisce, e capisco che il mio piano sta funzionando. Lo terrò sulle spine fino a questa sera. Salgo in macchina per raggiungere Ryan a casa e spero sia felice per me sapendo che, finalmente, ho capito qual è il mio posto.
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Un amore a 200 all'ora.
FanfictionNon si vede spesso una ragazza andare in giro con le unghie sporche di grasso motore e chiavi inglesi nelle tasche posteriori degli shorts. Bhe, a casa mia non è una novità, anche se in famiglia, oltre a me, nessuno è interessato alle auto. E puntua...