Cinque giorni. Sono passati cinque giorni da quando la mia vita è stata stravolta. Cinque giorni che Dom è partito e di lui nessuna traccia. Dovrei chiamarlo e capire dove si trovi in questo momento ma non ne ho il coraggio, a causa di tutto quello che gli ho detto prima che partisse. Cinque giorni che passo più tempo possibile con mio figlio e altrettanti giorni che io e Ryan non facciamo altro che discutere. L'officina è diventata un campo di battaglia, non per il lavoro che c'è da svolgere, ma per le urla che provengono dai nostri uffici. Abbiamo idee contrastanti in merito al mio "problema" ma soprattutto sul doverlo dire a mio marito. Non che non voglia curarmi o che non voglia dire a Dom che ho il cancro ma, non avendolo ancora accettato, sto cercando di prendere tempo e di preoccuparmene, magari, una volta finita la Senior Mountain, il che significa lasciar passare ancora un paio di mesi. Ryan continua a ripetermi che non è affatto una buona idea tanto da minacciarmi di dirlo lui stesso a Dom. Questo è quello che succede da giorni, cinque, all'interno dell'azienda e non vedo l'ora di lasciare queste mura e di rintanarmi in camera mia a gustarmi la compagnia di mio figlio. L'agenda, purtroppo, mi ricorda di dover passare in clinica a ritirare i risultati della biopsia, allontanandomi così dall'idea di poter passare una serata tranquilla. Lascio l'ufficio salutando coloro che incontro lungo la strada, sperando di non imbattermi in mio cugino. Io e il mio ometto, raggiungiamo l'auto e, una volta sistematici, raggiungiamo la clinica. Una volta dentro, m'informano che hanno già spedito i risultati all'indirizzo di casa mia e che li avrei sicuramente trovati all'interno della cassetta della posta. Con uno strano presentimento, ritorniamo alla macchina, non prima di ricevere una telefonata da Mia che m'invita a passare un po' di tempo in sua compagnia. Non mi sono comportata molto bene con lei, considerando che è da quando Dom è partito che non ci vediamo ne sentiamo, nonostante tutto ciò che mi sta accadendo. Ma, in fin dei conti, lei non ne sa nulla, quindi glielo devo. Poi, chissà, parlarne con qualcuno che non sia mio cugino potrà farmi solo bene. Deviamo verso Echo Park e, in poco tempo, il viale di casa Toretto\O'Conner entra nel mio campo visivo. Parcheggio dove nelle settimane scorse vi erano almeno quattro auto da corsa, mentre adesso c'è solo il mio tanto odiato SUV nero. Raggiungo la porta con in braccio Ray e, poco dopo, mi ritrovo in cucina con una delle persone più importanti della mia vita. Nonostante tutto, le vorrò sempre bene, alla pari di Amanda. Il suo sorriso mi scalda il cuore e in quello sguardo, rivedo quello di Dom. In questo preciso momento, mi rendo conto che averglielo tenuto nascosto o solo continuare a farlo, non è stata e non è la scelta giusta. Prima ancora che possa farmi delle domande, sono io a vuotare il sacco, solo vorrei che di fronte a me ci fosse l'uomo che amo.
"Ho scoperto di avere il cancro." La sua espressione mi fa realizzare che è la realtà, che sono davvero malata di una delle più brutte malattie del mondo, facendomi salire le lacrime agli occhi per poi lasciarle libere di scivolare sulle mie guancie. In una frazione di secondo mi ritrovo stretta tra le sue braccia mentre mi sussurra di calmarmi e di stare tranquilla. Si allontana di poco per potermi guardare dritta negli occhi e quello che ci legge le fa nascere un cipiglio sulla fronte.
"Dom non lo sa." La sua non è una domanda, è un'affermazione e, il fatto che lo abbia affermato con così tanta sicurezza solo guardandomi, mi fa capire che ormai non ho più barriere a proteggermi da tutto questo. Ho cercato di essere forte, di non lasciarmi buttare giù da questa cosa che mi sta pian paino distruggendo, ma mi sono resa conto di essere stata solo una codarda. Se lo avessi ammesso dall'inizio sarei stretta tra le braccia di Dom e magari avremmo già trovato una soluzione. Distolgo lo sguardo da quello di Mia, nonostante continui a tenere le sue braccia intorno al mio corpo.
"Non ho avuto il coraggio di dirglielo." Ammetto, soprattutto a me stessa, con la voce rotta dalle lacrime. Non mi sta giudicando ma il suo sguardo è d'ammonizione. So di aver sbagliato, come so che forse non è troppo tardi per rimediare.
"Cosa pensi di fare, adesso?" chiede premurosamente.
"Per prima cosa gli dirò tutto non appena ritorna a Los Angeles, per il resto non ne ho idea. Non so nemmeno a che stadio sia e se ci sia qualcosa da fare." Riprendendo a singhiozzare. L'idea che non ci sia più tempo per fare qualcosa è ancora più devastante di non aver detto nulla. Se davvero avessi perso del tempo utile a causa della mia vigliaccheria, avrei perso del tempo prezioso da poter passare con le persone che amo e soprattutto con Ray, e tutto questo mi manda letteralmente in pezzi. Adesso tutto mi è più chiaro e non mi resta altro da fare che aspettare il ritorno di Dom e decidere il da farsi. Saluto e ringrazio Mia prima di tornarmene a casa, costantemente accompagnata da uno strano presentimento. Il viaggio verso casa è accompagnato dal continuo flusso dei miei pensieri che hanno deciso di darmi il tormento proprio in questo momento, considerando la mia confusione e il mio attuale stato psicologico. Ammettere ed accettare di avere un problema e di aver bisogno di aiuto è davvero troppo da dover sopportare in meno di due ore. Cerco di mettere ordine nella mia testa e di iniziare a pensare alle parole giuste da usare per spiegare a Dom tutta la situazione ma non ho abbastanza tempo, visto che la sua auto è ferma nel nostro viale. Presa dal panico e da un'irrefrenabile voglia di rivederlo e di abbracciarlo, ci metto due secondi a slacciare il seggiolino con dentro Ray e raggiungere la porta. Quando la apro, mio marito è di spalle e, nonostante mi abbia sentita rientrare, non si è girato a guardarmi. Come una doccia fredda ripenso alle parole della segretaria alla clinica e tutti i tasselli del puzzle ritornano al loro posto. Lui sa e lo ha scoperto nel modo peggiore. Già con le lacrime agli occhi, adagio Ray nella sua carrozzina, preparandomi definitivamente ad affrontarlo. Non sono pronta, avevo bisogno di altro tempo anche se quello che ho lasciato passare è stato fin troppo.
"Dom..." richiamo la sua attenzione, ma resta immobile, non si muove e questo preannuncia solo il peggio. Ingoio l'amaro e inizio col chiedergli scusa. "Mi dispiace, sul serio. Te lo avrei detto..."
"Davvero? E sentiamo, quando? Quando avrei dovuto organizzare i tuoi funerali?" il suo tono di voce mi fa sobbalzare e irrigidire nello stesso istante, ma le sue parole mi colpiscono dritta al petto, peggio di una pugnalata. Chiudo gli occhi, stingendoli tra di loro, sperando che le lacrime non aumentino, ma invano, visto che a loro si aggiungono anche i singhiozzi.
"Non volevo nascondertelo, te lo giuro." riesco a dire tra le lacrime e mi sento esattamente come se lo avessi tradito.
"Non sarei partito se me lo avessi detto, Sam. Cristo, il cancro!" lanciando i fogli sul bancone della cucina, allontanandosi e raggiungendo la porta finestra. Non riesco a dire nulla, sono solo i singhiozzi a lasciare le mie labbra.
"M-mi dispiace..." portandomi le mani alle labbra in un vano tentativo di zittirmi. Tutto quello che succede dopo, sono solo immagini sfocate ma il calore delle sue braccia riuscirei a riconoscerlo ovunque, anche tra milioni di abbracci. Mi libero di altre lacrime mentre mi culla e mi accarezza la testa. Credo che con tutte le lacrime che oggi ho versato avrei potuto rendere meno arida anche l'Arizona.
"Non avrei dovuto urlarti contro in quel modo, scusami." Accarezzandomi una guancia. Avvicina la sua fronte alla mia prima di riprendere a parlare. "Supereremo anche questa, vedrai. Andrà tutto bene."
"Ho paura." Ennesima ammissione della giornata.
"Lo so, ma ci sono io con te e ti prometto che non ti lascerò perdere questa sfida, piccola. Non sarà di certo questo a portarti via da me, amore mio. Te lo giuro." stingendomi ancora tra le sue braccia lasciandomi ancora cadere in balia delle lacrime.
STAI LEGGENDO
Un amore a 200 all'ora.
FanfictionNon si vede spesso una ragazza andare in giro con le unghie sporche di grasso motore e chiavi inglesi nelle tasche posteriori degli shorts. Bhe, a casa mia non è una novità, anche se in famiglia, oltre a me, nessuno è interessato alle auto. E puntua...