Capitolo 64 (✔️)

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Sono passati quasi due mesi dalla partenza dei ragazzi, la stessa partenza che non sarebbe dovuta durare più di qualche settimana. Mia e Gisel, sin dall'inizio, hanno dimostrato quanto tranquille fossero per questo loro inaspettato viaggio ed io, invece, sin dall'inizio ho fatto capire quanto mi stesse logorando dentro la sua assenza. È qualcosa di inspiegabilmente brutto tornare a casa dopo un'assurda giornata di lavoro e non trovarlo li, stravaccato sul divano, con una birra tra le mani a guardare la tv pronto per ascoltarmi mentre lancio una assurda lista di insulti a chiunque mi abbia fatto perdere la calma. È ancora più brutto quando, dopo essere stata da Mia, che da due mesi mi costringe a cenare da lei, torno a casa con la consapevolezza che lui non ci sia e che, anche solo riuscire a chiudere occhio, diventa una missione impossibile. Non riesco a dormire più di due ore a notte e ci riesco solo dopo aver svuotato i miei occhi di tutte le lacrime che contengono. La mattina sembro uno zombi al lavoro, non riesco più ad essere concentrata su niente tanto che la realizzazione dei progetti avviene solo se mio cugino è insieme a me. Tutto questo, unito al fatto che, per evitare di stare sola a casa, restavo a lavoro oltre l'orario di chiusura a scervellarmi su qualche altro assurdo lavoro, mi hanno portata ad avere un mancamento meno di due settimane fa. Quella mattina mi ero già alzata sentendomi stranamente male ma avevo dato la colpa allo stress e alle continue lacrime che ogni notte accompagnavano il mio sonno. Ma non ci avevo dato peso più di tanto e, dopo la mia, ormai, solita colazione fatta di tutte le vitamine di questo mondo, avevo raggiunto l'officina anche un po' in ritardo rispetto al solito. Due giorni prima avevo sentito, per l'ultima volta, Dom e la conversazione era stata alquanto fredda, come se sentire la mia voce fosse solamente un obbligo da marito. Forse, anche la mia disperazione ha contribuito a farmi arrivare giusto in tempo in officina per poi perdere i sensi tra le braccia di Ryan che mi aspettava all'ingresso per poter far colazione insieme. Quando ho ripreso conoscenza, eravamo a bordo di un ambulanza diretti al St. Mary Medical Center e mio cugino era al mio fianco stringendomi la mano e accarezzandomi la testa. Avrei voluto piangere durante il viaggio verso l'ospedale perché avrei voluto ci fosse stato qualcun altro al suo posto. Ma devo smetterla di piangermi a dosso perché faccio del male solo al mio bambino, e per capirlo, dovevo fare una piccola gita in ospedale. Mia è corsa non appena Ryan l'ha telefonata e le ha detto cosa fosse successo e, quando è arrivata, sembrava davvero arrabbiata e agitata. Ero stesa sul lettino del pronto soccorso dove aspettavo l'esito delle analisi che non tardarono ad arrivare. Mi comunicarono che avevo avuto un calo della pressione sanguigna e che dovevo assolutamente stare più attenta a quello che mangiavo, o per meglio dire di riprendere a mangiare con costanza. Mentre il medico mi prescriveva integratori di sali minerali per tenere a bada la pressione, Mia e Ryan mi aspettavano in sala d'attesa per potermi riportare a casa. Durante il tragitto di ritorno al mio appartamento, Mia mi comunicò che era stato praticamente impossibile contattare non solo Dom ma tutti i ragazzi non potendo quindi avvisare mio marito del malore avuto. Fu in quel momento che capii per cos'era dovuto lo stato di Mia e per tutto il resto del viaggio, da Long Beach a Marina del Rey, nessuno più proferì parola. Ne seguirono giorni pieni di attenzioni da parte di tutti e soprattutto di mio cugino che, senza nessun ordine, aveva fatto spostare il mio ufficio all'interno della sala progettazioni. Quando, dopo due giorni di riposo imposto, ritornai in officina la mia ira era assolutamente tangibile. Non avevo bisogno di restare praticamente chiusa nel mio ufficio/sala progetti per il resto della mia gravidanza e dovevo assolutamente far ritornare le cose com'erano prima. Ma inutilmente, considerando che fui minacciata di reclusione in casa mia se non avessi accettato la nuova sistemazione. Ho continuato ad aiutare Mia con l'organizzazione del matrimonio aiutandola il più possibile per non pensare a tutto quello che stava succedendo e accorgendomi che non le era andato via quello sguardo di tristezza e risentimento che aveva ormai da quella mattina in ospedale. Il quel momento più che mai, mi era chiaro quanto ce l'avesse con suo fratello per il suo menefreghismo, pur non essendo a conoscenza di ciò che era accaduto. Non so perché, ma continuo a ripetermi che se Dom avesse saputo quanto successo sarebbe ritornato prima ancora che fossi stata dimessa dall'ospedale e non mi sarei mai perdonata il fatto che avesse lasciato i suoi amici li con un lavoro da finire solo perché non riuscivo a superare la nostalgia e la distanza. Ma sono passate tre settimane da quel piccolo incidente e ancora nessuna di noi ha sentito i ragazzi. Stamattina, dopo essere giunta in officina, mio cugino mi ha chiesto se me la sentivo di raggiungere San Juan perché Hortez aveva di nuovo chiesto di me. Appena quella frase ha lasciato la sua bocca, ho immediatamente fatto i salto di gioia e accettato senza esitazione la sua proposta. Sono tornata a casa subito dopo per poter prendere alcune cose per la mia permanenza li per poi raggiungere Mia e avvisarla della mia partenza. Raggiungo l'aeroporto quasi in estasi, consapevole che una volta raggiunta San Juan avrei avuto la possibilità di liberare la mente da tutto. Le dieci ore di volo mi hanno aiutata a staccare un po' la spina e a permettermi di riposare un po', prima di essere avvisata che il mio volo era giunto a destinazione. Prima di salire sull'aereo, ho avvisato Amanda del mio arrivo e appena esco dall'aeroporto prendo un taxi per poter raggiungere la mia migliore amica. Mi ha offerto di restare da lei per tutto il tempo della mia permanenza e, non volendo restare ancora da sola, accetto senza obiettare. Mi sistemo nella camera degli ospiti e mi concedo una doccia rigenerante prima di raggiungere i miei amici in officina. La mia migliore amica decide di accompagnarmi insieme alla piccola Sophia che è diventata una bambina bellissima, anche se con una mamma altrettanto bellissima non poteva non essere così. Durante il viaggio, le racconto di quello che è successo giorni fa e di come mi senta da quando Dom è partito e da quando non lo sento. Ho omesso che continuo a piangere inevitabilmente ogni notte anche solo al pensiero che lui si stia divertendo non pensando a me mentre io non faccio altro che sentirmi uno schifo continuando a pensare a lui. Ed io che pensavo che tutto stesse andando per il meglio fino a due mesi fa. Quando raggiungiamo i ragazzi, sono impegnati in qualche tipo di conversazione tanto da non accorgersi che qualcuno è appena entrato. Quando li avvisiamo della nostra presenza, si precipitano a salutarmi contemplando la mia, ormai, enorme pancia. Un battibecco si accende non appena JD afferma di trovarmi anche fin troppo magra considerando quanto fosse ingrassata Amanda quando era incinta della mia nipotina. Si, perché anche se tra me e loro non c'è alcun tipo di legame consanguineo, considero Amanda come una sorella e JD come un fratello e, inevitabilmente, la piccola Sophia mia nipote. Non ricordo più l'ultima volta che ho riso così a pieni polmoni ma sicuramente, in queste ultime settimane, non l'ho fatto. È una gioia immensa tornare dai miei amici che considero come la mia famiglia, i soli in grado di potermi appoggiare in ogni circostanza, anche se prima bisogna fare urlare uno o due di loro. Come adesso, in effetti. JD ha appena proposto di festeggiare il mio arrivo e quale modo migliore di farlo se non in pista, secondo l'umile punto di vista di Paul. Amanda si è praticamente scagliata contro suo marito per l'assurda idea, portando la loro attenzione sul fatto che io sia incinta e che non devono per niente al mondo parlarne più in mia presenza. Trovo assurdo come possano litigare su qualcosa che riguarda me senza mai chiedere il mio parere, anche se conoscendomi, Amanda sa che non riuscirei a tirarmi indietro quando si tratta di correre. Nonostante non abbia mai rivolto la sua attenzione a me, mi intrometto nel discorso rischiando per poco di non farle avere un infarto.

"Io penso che sia una buona idea, invece." Attirando l'attenzione di tutti su di me che nel frattempo mi sono seduta.

"Non essere assurda, Sam." Sbotta la mia migliore amica. So che vuole solo il mio bene e che io non faccia cazzate, perché questa è una cazzata, soprattutto nel mio stato, ma ne ho bisogno, un assoluto bisogno. Non conosco altri modi per sfogare la rabbia e la frustrazione se non quello di correre e farmi inebriare dall'adrenalina che scorre libera nelle mie vene. Ho provato a fare altro, come ascoltare la musica, prendere a pugni un sacco, per quanto mi sia possibile avendo un ostacolo davanti a me, ma niente è mai riuscito a farmi sentire meglio. So che è tremendamente sbagliato, ma ne ho un estremo bisogno e questa volta si farà come dico io.

"Non lo sono, infatti. Ho bisogno di liberare la mente e non conosco altri modi. Sono due mesi che non guido come sono abituata a fare e sono due mesi che sto accumulando e incanalando rabbia. Non ce la faccio più a piangere e poi ho capito che continua a non servire a niente. Ho bisogno di sentirmi libera durante quei dieci secondi, percorrendo quel quarto di miglio come se non avessi nemmeno l'ombra di un problema." Dico liberando quello che da tempo avrei voluto gridare anche a Ryan e a Mia che si sono occupati di me in modo ossessivo senza permettermi anche solo di sfiorare la carrozzeria della mia Mustang sostituita da un SUV nero che odio con ogni fibra del mio essere. Continuo a guidarlo solo perché è stato Dom a comprarmelo prima di partire per evitare che fossi tentata di liberare la bestia rinchiusa nel motore del mio piccolo gioiellino. Dallo sguardo di Amanda spero di essere riuscita a convincerla e la sua minaccia, "Ti terrò d'occhio e non ti permetterò in nessun modo di salire su una collina", mi fa sorridere e correre ad abbracciarla. "Non ho intenzione di correre fuori strada ma di farlo solo sull'asfalto e ti prometto che non lo farò nemmeno tanto spesso, solo quando mi renderò conto di averne assolutamente bisogno." Spiego.

"Come adesso, ad esempio, no?" chiede retoricamente, permettendomi solo di annuire. Accogliamo il nuovo progetto di Hortez che so per certo ci porterà via un sacco di tempo. Ma io infondo non fado di fretta, non ho intenzione di tornare a casa se non lo farà nemmeno lui. Quindi, fino ad all'ora, io resterò qui. Amanda e Sophia sono ritornate a casa per preparare la cena prima di lasciare la bambina con la tata e unirsi a noi per la gara. Ma quando torno a casa con la mia Impresa, la mia miglior amica perde quel briciolo di calma che le era rimasta. Riesco a calmarla anche con l'aiuto di JD, promettendole, per quello che può servire, di strare tremendamente attenta. Dopo la cena, raggiungiamo il porto, luogo dove si terranno le corse questa sera. Non appena scendo dalla mia auto, un gruppo di persone, in cui intravedo facce note alternate a quelle che non ho mai visto, mi accerchiano gridando a squarciagola "Y 'alrededor de la Señora de la Tierra" . - (E' tornata la Signora della Terra). Incredula, mi guardo introno con un sorriso ebete sul viso cercando di richiamare l'attenzione di JD o di qualcun altro per poter avere spiegazioni. Quando finalmente riesco ad uscire da quella massa agitata di persone, raggiungo i ragazzi, fermi a parlare con Lucas, organizzatore della gara di stasera. Distolgo l'attenzione dei miei amici da Lucas per portarla su di me, indicando la folla ancora scalpitante.

"Che diavolo significa?" perplessa e forse anche un po' confusa.

"Ben tornata Signora della Terra!" sogghigna.

"Vedi che ho sentito ciò che stanno dicendo. Volete spiegarmi?" incrociando le braccia al petto aspettando una qualsiasi parola da parte loro che, sotto i baffi, se la ridono. Mi ricordano della gara di Brasilia e di quale fosse il mio nickname per quella competizione. Ricordo che quella volta lasciai a loro il compito di sceglierne uno e, adesso che mi ci fanno pensare, è quello che qui tutti stanno usando per festeggiare in mio ritorno, che mi ha seguita fino a casa marchiandomi forse a vita. Sconcertata, li obbligo a far smettere quelle persone di agitarsi in questo modo e sperando che questo loro modo di chiamarmi non li stia facendo sperare in una corsa diversa dall'accelerazione che, come mi sono imposta, per il mio bene e quello di mio figlio, non ci sarà fino al giorno in qui non lo avrò più dentro di me. Quindi che smettano di chiamarmi in quel modo perché, di terra, non ne voglio vedere almeno per i prossimi tre mesi.

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