Tutti fremono e non riesco più a stare calma, sto torturando le mie povere mani in un modo assurdo. Guardo Dom che, a sua volta, sta ancora guardando la busta che gli ho dato come se cercasse di capire di cosa si tratta senza doverla per forza aprire. Ma la curiosità prende il sopravvento e, quando la apre, i suoi occhi parlano per lui. Un sorriso pieno di gioia nasce sul suo volto e sembra quasi che stia tremando. Forse mi sbaglio considerando che i miei occhi sono pieni di lacrime, ma capisco che è emozionato e che anche lui stenta a crederci. Mi avvicino a lui ancora impegnato a fissare le ecografie di suo figlio e lo abbraccio stando dietro di lui sperando che dica qualcosa e che non continui a torturarmi con questo silenzio.
"Parla, di qualcosa." lo sprono, cercando di riportarlo alla realtà. Sembra essere entrato in un mondo tutto suo.
"Tu... quanto... o Dio! È fantastico!" dice balbettando ma girandosi verso di me e abbracciandomi, forse, come non ha mai fatto. Non sono abituata a queste reazioni da parte sua, ma è stupendo vederlo felice. Dopo questa esternazione, tutti vengono a congratularsi con noi felici di sapere che finalmente anche noi avremmo quello che da tanto stavamo aspettando. Si continua a festeggiare fin quando, uno alla volta, non vanno tutti via, lasciandoci finalmente liberi di poter parlare di questa magnifica notizia. Dopo aver accompagnato anche mio cugino alla porta, salgo in camera dove trovo Dom, disteso sul letto, ancora impegnato a guardare suo figlio. Sorridendo come una stupida, vado a sistemarmi prima di poterlo raggiungere. Mentre ritorno verso il letto, si decide finalmente a parlare.
"Da quanto sei incinta?" chiede non staccando gli occhi dalle ecografie. Mi metto accanto a lui incrociando le gambe e portando il suo sguardo nel mio.
"Sei settimane." perdendomi, ogni volta, in quegli occhi color nocciola che adesso brillano più di una cometa sul punto di esplodere. Porta la sua mano sul mio volto per accarezzarmi e, istintivamente, mi ci appoggio per gustarmi a pieno questo gesto pieno d'amore.
"Ero l'unico a non saperlo ancora?" chiede, riportando per un attimo, il suo sguardo su quello che stringe nella mano libera.
"Lo sospettavo da due giorni e solo stamattina ne ho avuto la conferma, poi l'ho detto un po' a tutti. Comunque, si eri l'unico a non saperlo ancora. Anche se fino ad ieri non ero sicura di volertelo dire, dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni." distogliendo per qualche secondo il mio sguardo dal suo. Quando riprendo a guardarlo ha l'espressione leggermente accigliata e so quello che sta pensando in questo momento. Si rilassa subito dopo quando si rende conto che gli sto stringendo la mano, quella che ha lasciato cadere quando ho dato voce ai miei pensieri. In quel momento è stato come se un pezzo del mio cuore si fosse frantumato in una miriade di pezzi. Mi guarda senza dire una parola e so che se lo facesse mi farebbe sentire ancora più male di come mi sono sentita negli ultimi giorni. "Avevo bisogno di capire cosa ne sarebbe stato di noi, prima di iniziare a pensare a quello che ne sarebbe stato di lui." Portandomi la mano sul ventre ad indicare quel puntino che sta crescendo dentro di me. Mi avvicino ancora di più a lui, sperando che dopo questa confessione non mi respinga. Prendo la sua mano è la porto dove prima vi era la mia e gli accarezzo una guancia, per cercare di fargli capire che ormai non deve più preoccuparsi, non andrò da nessuna parte ora che anche lui ne è a conoscenza.
"Non te lo avrei perdonato, lo sai?" chiede. Mi avvicino per lasciargli un bacio sulle labbra e accosto la mia fronte alla sua.
"Lo so, mi dispiace." E, come se ne avesse un bisogno disperato, riduce la distanza tra le nostre labbra cercando, e dandomi, quella sicurezza che, anche se per poco tempo, ha vacillato.
Dopo il chiarimento della notte scorsa, ci siamo addormentati abbracciati come se volesse proteggermi o, addirittura, impedirmi di allontanarmi troppo da lui. Mi sto preparando per raggiungere l'officina e, dopo aver lasciato un bacio sul viso di mio marito ancora tra le braccia di Morfeo, lascio casa più felice di quanto sia mai potuta essere. La giornata passa tranquillamente e non troppo frenetica come se sapesse che, da oggi in poi, dovrò cercare di ridurre al minimo lo stress e le preoccupazioni. Ryan è diventato iperprotettivo e non mi lascia nemmeno raggiungerlo nel suo ufficio per potergli mostrare gli ultimi lavori. All'inizio era carino da parte sua, poi ha cominciato a stancarmi chiedendomi addirittura di trasferirmi nel suo stesso ufficio per evitare di andare e venire troppe volte. Il mio ufficio e il suo sono praticamente uno accanto all'altro, non vedo il motivo della sua richiesta. E poi sono ancora in grado di camminare, santo cielo. Riuscita a farlo ragionare, ritorna a comportarsi come ha sempre fatto, finalmente. Dopo un'intera giornata a subire le sue attenzioni mi sento molto più stanca di quando lavoravo incessantemente due o tre giorni di seguito. A fine giornata, prima di poter lasciare il mio ufficio, Ryan mi comunica di dover raggiungere Porto Rico su richiesta di un cliente un po' troppo esigente.
"Di chi si tratta?" prendendo le miei cose e avvicinandomi a lui.
"Un certo Hortez. Mi ha chiamato dicendomi che non avrebbe fatto toccare la sua auto a nessuno se prima non avesse parlato con te da vicino. Assurdo!"
"Si, Armando. Me ne occupo io non preoccuparti. Quando dovrei partire?" chiedo, immaginando lo sguardo di Hortez quando, recandosi all'officina, vi ha trovato JD e gli altri e non me. Sorrido all'idea.
"Lunedì arriva con il suo nuovo progetto." mimando le ultime parole con delle virgolette.
"Ok, allora parto domenica. Stai tranquillo, ti terrò informato." sorridendo, fantasticando in un possibile incontro tra Ryan e Hortez. Non so chi dei due la spunterebbe. Lascio l'officina diretta prima a casa mia e poi da Mia, dove sono già tutti li. Ceniamo in un'atmosfera fantastica, tra risate e sorrisi felici. Dopo la cena, Roman propone di festeggiare il tutto con una gara, dalla quale vengo esclusa in partenza da Dom.
"Aspetta, stai scherzando spero?" rivolgendogli uno sguardo di fuoco.
"Assolutamente. Se ho detto che non gareggerai tu non lo farai, intesi?" dice troppo serio per i miei gusti. Come cavolo crede di potermi imporre cosa fare o meno? Dio, che rabbia. Entro in casa per poter prendere la giacca e le chiavi della mia auto seguita da Mia che mi prega di ragionare e di non farmi prendere dalla rabbia. Non serve assolutamente a niente perché non accetto ordini da nessuno e questo non cambierà mai.
"L'ultima volta che mi hanno detto cosa sarei stata obbligata a fare, sappiamo tutti cos'è successo." afferrando la mia roba e raggiungendo la mia auto posta in fondo alla fila. Meno male che sono stata l'ultima ad arrivare altrimenti nessuno di loro, su ordine di Dom, mi avrebbe permesso di andare via.
"Sam!" cerca di richiamare la mia attenzione Dom ma evitando anche solo di voltarmi, salgo in macchina e corro via, il più veloce possibile, verso casa. Giro inutilmente per la città forse qualche ora prima di andare effettivamente a casa. Non c'è traccia di lui e non gli è stato possibile rintracciarmi nemmeno al cellulare, spento da quando l'ho lasciato li, sul viale ad urlare il mio nome. Anche se so che è tremendamente tardi, preparo la valigia e, dopo averla caricata in macchina, lascio un biglietto a Dom, su cui scrivo che sto raggiungendo San Juan e che tornerò sabato anche solo per riprendermi le mie cose. Raggiungo l'ufficio per poter prendere il biglietto e i documenti per anticipare il volo a questa notte. Lascio, nella segreteria di Ryan un messaggio dove gli comunico che ho anticipato il volo e che lo avrei chiamato non appena giunta a Porto Rico. La rabbia ha ancora il sopravvento su tutto il mio corpo e senza voltarmi indietro, e dopo aver lasciato la mia auto al parcheggio dell'aeroporto, mi dirigo allo sportello per anticipare il volo che, fortunatamente per me, parte fra quindici minuti. Sono arrivata giusto in tempo per il check in, evitando così di aspettare troppo e dover vedere Dom correre per l'aeroporto nel vano tentativo di persuadermi a non partire. Dopo tutti i controlli raggiungo il gate pronta a salire su quell'aereo che mi permetterà di mettere chilometri di distanza tra me, la California e uno dei suoi abitanti.
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Un amore a 200 all'ora.
FanficNon si vede spesso una ragazza andare in giro con le unghie sporche di grasso motore e chiavi inglesi nelle tasche posteriori degli shorts. Bhe, a casa mia non è una novità, anche se in famiglia, oltre a me, nessuno è interessato alle auto. E puntua...